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Di Mahmoud Hakamian

La settimana scorsa, il leader supremo del regime iraniano Alì Khamenei, ha fatto un annuncio scioccante, ma non inaspettato.
In qualità di autorità suprema del regime, ha detto che alle strutture mediche iraniane non sarà permesso importare vaccini contro il coronavirus prodotti negli Stati Uniti o in Gran Bretagna.
L’annuncio ha portato alla cancellazione di un accordo che era già stato stabilito tra la Mezzaluna Rossa Iraniana e i filantropi americani anonimi.
Se Khamenei non avesse interferito, 150.000 dosi del vaccino Pfizer sarebbero probabilmente in viaggio verso l’Iran in questo momento.
Non c’è un piano per compensare questa perdita. Il Ministero della Salute iraniano sostiene di supervisionare lo sviluppo di un’alternativa nazionale, che i farmacisti iraniani hanno definito uno ” scherzo”, soprattutto se confrontato con i vaccini esistenti che hanno un’efficacia superiore al 95%.

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La perdita per la Mezzaluna Rossa minaccia di essere devastante non solo per i 150.000 iraniani che potrebbero aver ricevuto il vaccino, ma anche per gli  innumerevoli altri con i quali questi destinatari sono sicuri di entrare in contatto, mentre la società iraniana lotta per continuare a funzionare normalmente nel bel mezzo della peggiore pandemia del Medio Oriente.
I cittadini comuni non hanno ricevuto alcun sostegno da parte del regime, che si è rifiutato di fare rispettare seriamente le misure di lockdown per un popolo che sta lottando ad oltranza per sbarcare il lunario.
Di conseguenza, gli iraniani non hanno altra scelta se non quella di andare a lavorare o di cercare una nuova attività con la massima cautela possibile.
Ma un comportamento coscienzioso da parte dell’opinione pubblica non è particolarmente efficace quando il regime non è nemmeno trasparente sulla misura in cui l’infezione è penetrata in ogni comunità ed ha colpito ogni fascia demografica. Secondo le statistiche del regime, ci sono più di un milione di casi totali di Covid-19 nel Paese di circa 82 milioni, con più di 56.000 morti finora.
Le cifre reali, però, sono molto più alte in entrambi i casi- circa quattro volte maggiori nel caso dei decessi.
La People’s Mojahedin Organization of Iran (e PMOI/ MEK) ha seguito attentamente l’epidemia da prima che fosse ufficialmente riconosciuta dalle autorità del regime. Secondo quanto riferito dal MEK, il numero dei morti supera i 200.000, a causa della drastica cattiva gestione da parte del regime, della disinformazione dilagante e dei primi sviluppi che sono serviti ad accelerare drammaticamente il ritmo delle infezioni, mentre il governo teneva ancora tutto all’oscuro.
A gennaio e febbraio, le autorità del regime hanno celebrato l’anniversario del regime e poi le loro elezioni parlamentari fittizie, anche se entrambi gli eventi hanno ricevuto un boicottaggio nazionale. Solo due giorni prima di quelle elezioni le autorità avevano annunciato la prima morte di Covid-19 in Iran.
Ma la Resistenza Iraniana ha successivamente scoperto documenti che dimostrano che l’infezione da coronavirus era stata identificata negli ospedali già alla fine di dicembre. Da allora Teheran ha fatto di tutto per nascondere i risultati di questa situazione.
Ma paradossalmente, le autorità hanno anche cercato di sottolineare la gravità dell’epidemia in certi momenti, in particolare nelle discussioni con le potenze occidentali  che potevano essere interessate a contribuire a debellare la pandemia su scala globale.
Il riconoscimento selettivo della crisi è servito come strumento altamente conveniente per i funzionari del regime per chiedere un alleggerimento delle sanzioni, in un momento in cui la loro presa di potere era indebolita dalle sanzioni internazionali.
Così il ministro degli esteri del regime, Javad Zarif, ha insistito sistematicamente sul fatto che Teheran gestisse il coronavirus in modo efficace, ma che il successo a lungo termine nel limitare l’epidemia sarebbe dipeso dal riottenere l’accesso ai mercati esteri che erano stati tagliati fuori dalle sanzioni internazionali.
Si è sempre trattato di un’assurdità, poiché le sanzioni in questione prevedevano esplicite esenzioni per i farmaci.
Il divieto di Khamenei sui vaccini stranieri avrebbe dovuto dimostrare al di là di ogni dubbio che Teheran non è mai stata seria nel voler utilizzare le sanzioni per combattere il coronavirus.
Se la comunità internazionale avesse ceduto ai primi appelli, il regime avrebbe solo dovuto ricevere nuovi infusi di denaro, mentre il popolo iraniano continuava a soffrire molto più duramente di qualsiasi altra popolazione confinante.
Rifiutando il vaccino Pfizer e altre alternative prodotte in occidente, Khamenei ha inviato un chiaro messaggio: il suo regime non vuole effettivamente l’assistenza straniera per gestire la crisi sanitaria.
Per estensione, ha confermato che il regime clericale voleva l’accesso al capitale straniero solo per sostenere il proprio potere ed era fin troppo disposto ad usare la pandemia per ottenerlo.
Naturalmente, il desiderio di denaro non necessariamente smentisce le intenzioni di Teheran per quanto riguarda la gestione dell’epidemia. Tuttavia, se Khamenei o le Guardie rivoluzionarie avessero avuto l’intenzione di utilizzare risorse finanziarie per aiutare il loro popolo, avrebbero già potuto liberare una qualsiasi delle centinaia di miliardi di dollari che controllano personalmente.
Invece, questi sono rimasti inutilizzati o sono stati destinati agli interventi distruttivi del regime nella regione.
I possedimenti di fondazioni religiose e di altre istituzioni statali non sono stati usati per acquistare vaccini stranieri; non sono stati usati per aiutare gli iraniani a sopravvivere durante la loro permanenza in patria e non sono stati indirizzati verso un programma di ricerca e sviluppo nazionale di ampio respiro come quello che ha prodotto vaccini multipli ed efficaci in Occidente.
In altre parole, la vera strategia di Teheran è diventata quella dell’immunità di gregge, con l’accettazione di tutte le morti che ne derivano.
Semplicemente il regime intende usare le vittime di massa del Covid-19 per sedare la società che non si piega ai suoi dettami. Dare al regime denaro o accesso ai mercati esteri non cambierà la situazione in Iran, al contrario, solo la continua applicazione di una seria pressione sulle autorità del regime le costringerà a intraprendere azioni che possano realmente aiutare la gente.
Accettare i vaccini stranieri è certamente una di queste azioni, ma sulla scia dell’annuncio di Khamenei, i rappresentanti della comunità internazionale dovrebbero essere presenti alla distribuzione di quei vaccini per assicurarsi che le autorità non li vendano o li gettino via per permettere che l’epidemia peggiori e porre , così, le basi per emettere nuove richieste e permessi internazionali.

Chiunque abbia sostenuto tale permissivismo nelle settimane precedenti dovrebbe chiedersi che ne sarebbe stato dei vaccini o del denaro per i vaccini, se fossero stati donati prima che Khamenei chiarisse la sua posizione? Aiutare il popolo iraniano è nobile e vitale, ma se viene canalizzato attraverso entità affiliate al regime clericale, è uno spreco di risorse e di buona volontà.

Consiglio Nazionale della Resistenza Iraniana

@HakamianMahmoud

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