Milano. «Più passano gli anni e più tendo a disfarmi delle cose inutili, anche quando non lo sembrano».
Lo ha ammesso Fabio Concato a proposito del nuovo album “Musico ambulante”, disponibile su doppio cd mentre il doppio vinile è in uscita la prossima settimana e sugli stores digitali da marzo: contiene 22 brani immancabili dell’artista e l’inedita “L’umarell”.
Dell’album fanno parte alcuni grandi successi di Concato, da “Domenica bestiale” a “Rosalina”, da “Fiore di maggio” a “Sexy tango”, da “E ti ricordo ancora” a “Guido piano”.
«È stato doloroso fare delle rinunce: quante canzoni a me care sono rimaste fuori – ha sostenuto – Dovevo stare dentro con i tempi ma mi è parso una cosa bellina metterci dentro alcuni miei brani storici chitarra e voce».
Infatti mancano altri brani che hanno caratterizzato la carriera del cantautore milanese, come “A Dean Martin”, scherzosa presa in giro del cantante americano che si fa apprezzare per la sua vena ironica e originale.
«Sì, è vero, questa è una parte del mio repertorio, con la speranza di completarlo presto – ha confermato – Questi brani li ho cantati io e suonati dal “vecchio” amico Andrea Zuppini alla chitarra; non è nato per essere un disco, tutt’altro: l’ho prodotto per il piacere di avere alcune delle mie canzoni realizzate un po’ come sono nate, con semplicità e con leggerezza».
Concato ha fatto una scelta coraggiosa pubblicando un album in piena pandemia.
«Disco lo è diventato a poi, confortato da giudizi positivi e dalle buone emozioni che ha suscitato in chi lo ha ascoltato – ha confessato – Dunque, perché non condividerlo con un più vasto uditorio? Noialtri musicisti siamo un po’ meno ambulanti, e in questo triste periodo che almeno le nostre musiche continuino a vagabondare nella vita e nelle case della gente: ce n’è un grande bisogno».
L’inedita “L’umarell” chiude il primo cd.
«Tempo fa un mio amico mi ha regalato la statuina di un “umarell”: la tengo nel mio studio, sul leggio della tastiera e mi osserva quando suono, quando canto – ha osservato – Qualche settimana fa sembrava che volesse chiedermi che cosa stessi facendo per il dramma che stiamo vivendo, in che modo mi stessi adoperando per questa emergenza. Ma cosa dovrei fare in quarantena? Mi sono chiesto, guardandolo».
Gli Umarell sono quei signori, spesso pensionati, che, con le mani rigorosamente intrecciate dietro la schiena, amano trascorrere le giornate osservando e controllando gli operai al lavoro nei cantieri in giro per le città, commentando e, talvolta, elargendo consigli non richiesti.
Negli anni gli umarell sono diventati un fenomeno nazionale, fino a raggiungere lo status di “eroi metropolitani”, la figura si è “evoluta” al punto tale da trovare in commercio la sua miniatura da alcuni anni, nella classica postura da osservatore privilegiato. Da lì l’ispirazione per la canzone.
«Ho cercato di dare il mio contributo come autore, senza alcuna retorica, con un pizzico d’ironia e con molto cuore – ha riflettuto – Ho registrato la canzone senza orpelli tecnici, è tutto molto casalingo, l’ho cantata con il telefonino ed è stato un grande piacere condividerla con i miei musicisti, con cui siamo fermi da un po’ per ovvie ragioni».
A Fabio Concato è stato conferito lo scorso dicembre l’Ambrogino d’Oro che con “L’umarell” ha reso benemerenza alla città di Milano duramente colpita dalla pandemia.
Erano anni che Concato non pubblicava un disco.
«È una gioia infinita aver ritrovato la forza di scrivere – ha puntualizzato – In questi anni ho lavorato molto con concerti, fra jazz, sinfonica e big band, ma ho voluto anteporre la mia persona all’essere artista e non ho avuto fretta, perché non sapevo cosa scrivere, non avevo neanche il timore di essere dimenticato: mi sono preso il tempo che mi serviva e in questo mi sento musicalmente anarchico ma ho avuto la voglia di raccontare le cose alla gente, con qualche commozione, con molte urgenze ed emergenze. Sto tutt’ora continuando a scrivere, approfittando di questo momento di creatività».
“Tienimi dentro te” è una delle canzoni del secondo cd.
«È nata in due sole ore – ha ricordato – Ho sempre avuto molta fiducia nelle cose che nascono in fretta, quel desiderio di dare e farmi dare; l’amore per due persone, e più in generale amore universale, è l’unico sistema per venire fuori da questi anni caotici, per capire di più tutto quello che ci accade».
Fabio Concato non ha paura che un album così musicalmente bello possa passare inosservato in un mondo in cui vige il motto ‘usa e getta’.
«Credo che ci sia lo spazio anche per dischi come il mio – ha apostrofato – I giovani non sono poi così refrattari alla buona musica: i valori aggiunti, come le vecchie e la nuova canzone, troveranno uno spazio tutto per loro. Questo lavoro rappresenta per me un punto d’arrivo per poter poi ripartire con nuovi stimoli. Era la gente me lo chiedeva da parecchio tempo ed ho aspettato tanto per fermare un paio d’ore di concerto».
In questo disco si ritrova il Concato più inconsueto, che riesce a coniugare la poesia con il sociale, il cantautore che, raccontando un dettaglio con uno stile molto personale, accende luci su piccole grandi storie quotidiane, come già successe con le bellissime “051/222525” (la canzone contro il maltrattamento sui minori, a favore di “Telefono Azzurro”, ndr) e “Troppo vento”, o apre scenari come in “Canto” e “La nave”, per citarne alcune, che poi si chiuderanno in dissolvenza, come in questo caso.
Franco Gigante