Il Coordinamento Nazionale dei Docenti della Disciplina dei Diritti Umani in occasione della Giornata Mondiale delle donne e delle ragazze nella scienza, che si celebra l’11 febbraio, intende ricordare l’importante ruolo femminile in ambito scientifico e tecnico, perché venga largamente riconosciuto e ancor più rafforzato.
La giornata è stata proclamata dalle Nazioni Unite e patrocinata dall’Unesco nel 2015 con il preciso obiettivo di garantire alle donne pari opportunità nella carriera scientifica.
Negli ultimi anni, infatti, sono stati fatti grandi sforzi a livello globale per coinvolgere le donne nella scienza, ma nonostante ciò ancora permangono pregiudizi e stereotipi di genere che continuano a tenere le donne lontane dal mondo scientifico.
Malgrado i grandi progressi fatti dalle donne esistono ancora notevoli disparità nel mondo del lavoro, della politica e della ricerca.
L’emarginazione delle donne in tutti i campi della conoscenza, ma soprattutto in quello scientifico e tecnologico affonda le radici nel passato, poi è proseguita fino quasi ai giorni nostri.
La storia delle donne nella cultura e nella vita civile è stata una storia di emarginazione fino alla fine dell’Ottocento e in gran parte ancora fino alla metà del Novecento.
Per secoli alle donne fu negato l’accesso all’istruzione. E anche quando si iniziò ad aprire uno spiraglio di luce per la loro formazione culturale si scelse di prediligere sempre le materie letterarie e linguistiche all’educazione scientifica.
E così, le naturali inclinazioni femminili quasi sempre si dovevano piegare al pregiudizio maschile secondo il quale la donna è più adatta alle materie umanistiche.
Eppure le donne hanno contribuito in maniera significativa allo sviluppo scientifico fin dall’antichità. Gli storici interessati alla relazione tra genere e scienza sono riusciti a mettere in luce gli sforzi compiuti dalle donne per raggiungere conquiste scientifiche e per affrontare e superare tutti gli ostacoli che impedivano la loro affermazione in tale campo.
La storia antica offre grandi esempi di donne che hanno lasciato un segno indelebile nel campo della medicina. Traguardi eccezionali, in tal senso, sono stati registrati in diverse culle della civiltà.
La più antica scienziata conosciuta nella storia della scienza risale all’età dell’Antico Egitto.
Nella Scuola di Crotone, invece, fondata da Pitagora nel 530 c.C , si distinse Timica di Sparta, filosofa presocratica che rientra nel nutrito gruppo delle 17 pitagoriche più famose della storia.
Per quanto concerne la matematica e la filosofia insieme, è doveroso citare la pagana Ipazia, la quale subì il linciaggio da parte di fanatici cristiani forse perché la sua naturale e straordinaria inclinazione per la scienza e tanta genialità matematica in una donna potevano sembrare indice di empietà.
Solo molti secoli dopo, però, si giunse alla piena accettazione di una donna in ambito ufficiale e accademico. Tra il ‘700 e l’ ‘800 grandi matematiche e fisiche iniziarono a riempire le aule universitarie di tutta l’Europa. Il Nostro Paese in questo periodo iniziò ad accogliere con maggiore benevolenza i geni scientifici femminili e manifestò un forte spirito liberale, e una buona attitudine, verso l’educazione delle donne in campo medico. Laura Bassi, nel 1732, fu la prima scienziata italiana a guadagnarsi una posizione di rilievo all’università di Bologna.
Nonostante la storia ci offra esempi straordinari di grandi donne-coraggio che osarono sfidare il sesso forte per affermare il loro talento in campo matematico, medico e scientifico, è innegabile che correva più veloce l’altro sapere, quello più incisivo dell’uomo che spesso spingeva il sapere femminile a muoversi entro la sfera della clandestinità o ad accontentarsi di far parte di società erudite che rappresentavano nicchie culturali circoscritte e controllabilissime.
Se mai ci fosse sfuggito, siamo nel XXI secolo ora.
Nel secolo della Globalizzazione e dell’innovazione le donne dovrebbero poter godere di tutti i diritti conquistati in tanti secoli di storia. E le società dovrebbero essere capaci di valorizzare l’ingegno femminile del campo tecnico-scientifico per permettere alle donne di ottenere il posto che a loro giustamente compete.
In realtà, non sempre e non dappertutto si rende giustizia alle donne nella scienza. Questa mancanza già grave di per sé, priva inoltre la società di un indispensabile contributo all’innovazione socio-economica.
Il CNDDU ritiene fondamentale la valorizzazione delle donne in tutti i campi dell’attività umana. Nello specifico, ritiene indispensabile fornire alle nuove generazioni femminili dei nuovi modelli di riferimento. Modelli che possano offrire stimoli autentici e spunti diversi e che provengano dall’ambito tecnico-scientifico.
Per raggiungere tale obiettivo è certamente opportuno combattere in modo efficace il divario di genere nella scienza, il quale continua a rimanere un problema culturale, ben radicato anche nelle società avanzate.
Non è più il tempo di stereotipi, linguaggio, proverbi e luoghi comuni sessisti.
Non è più il tempo della maledizione biblica più perniciosa, utilizzata dai misogini di tutto il mondo e di tutti i tempi come arma ideologica contro la donna, secondo la quale la trilogia dolori, gravidanze e parti identificava l’essere femminile.
È il tempo di affermare che la Scienza è Donna!
E anche se nell’immaginario collettivo lo scienziato è uomo e le materie scientifiche mascoline, nella realtà le donne hanno sempre dimostrato di possedere le stesse identiche abilità degli uomini, perché il talento, la passione e la creatività richieste dalla scienza appartengono alle donne quanto agli uomini.
Tuteliamo, quindi, il vasto panorama di scienza al femminile!
E ricordiamo ai nostri studenti e soprattutto alle nostre studentesse, attraverso i grandi esempi a livello mondiale della storia di ieri e di oggi, che Chi dice Donna, dice Scienza!
L’hashtag per la giornata celebrativa è: #LASCIENZAE’DONNA.
Prof.ssa Rosa Manco
CNDDU