Di tutti gli intellettuali di cui oggi si sente particolarmente la mancanza, Elio Vittorini sicuramente è quello che più di altri si era posto il problema di una cultura autenticamente improntata ai valori dell’umanità e della giustizia. Aveva ragione lui: non basta diffondere competenze, informazioni, nozioni perché la società sia più equa, vivibile e solidale; spesso criminali, dittatori feroci, politici arroganti possiedono una qualche forma di istruzione, in alcuni casi è anche elevata. Allora cosa manca? Probabilmente la famiglia giusta e cioè autenticamente educante, a prescindere dal ceto sociale, e l’“esposizione” a principi di carattere umanitario. Forse mancano i diritti umani e per procedere in tale direzione diritti sociali e diritti civili dovrebbero essere finalmente abbinati. È difficile sconfiggere l’egoismo, l’istinto bestiale che induce ad affermare se stessi anche disprezzando il prossimo; ancora più difficile vincere la strisciante tentazione di considerare l’alterità, in quanto a noi estranea, sospetta e da respingere. Proprio per questo in una società come la nostra, per molti aspetti solo superficialmente attenta ai bisogni delle classi marginali, il vero quesito che poi dovrebbe diventare sostanza e cuore pulsante dei nuovi programmi ministeriali è che tipo di cultura proporre ai giovani? Come parlare alle loro coscienze, alla loro immaginazione? In definitiva in che modo insegnare (in + signum = lascio un segno)
“La società non è cultura perché la cultura non è società. E la cultura non è società perché ha in sé l’eterna rinuncia del «dare a Cesare» e perché i suoi princìpi sono soltanto consolatori, perché non sono tempestivamente rinnovatori ed efficacemente attuali, viventi con la società stessa come la società stessa vive. Potremo mai avere una cultura che “‘Sappia proteggere l’uomo dalle sofferenze invece di limitarsi a consolarlo? Una cultura che le impedisca, che le scongiuri, che aiuti a eliminare lo sfruttamento e la schiavitù, e a vincere il bisogno, questa è la cultura in cui occorre che si trasformi tutta la vecchia cultura.” (E. Vittorini, Il Politecnico n. 1, 29 settembre 1945)
Le parole di Vittorini sono profondamente attuali e ci inducono a riflettere come docenti, come cittadini, come educatori.
IL CNDDU invita i docenti a commemorare la figura di Vittorini anche attraverso la citazione di giovani intellettuali come Patrick Zaki e Giulio Regeni i quali hanno subito orribili soprusi soltanto perché cercavano di mettere la propria cultura al servizio dei deboli, testimoniando e raccontando quanto evidentemente l’establishment non gradiva. Umanità e cultura dovrebbero rendere un concetto molto chiaro: rifiutarsi di considerare normale o accettabile ogni atrocità che non ci riguardi direttamente. Ogni scuola, interpellando i propri studenti, potrebbe dedicare uno spazio virtuale incentrato sui suggerimenti e le proposte utili per realizzare una cultura diversa, innovativa, inclusiva. L’hashtag dell’iniziativa è: #NonBlocchiamoLaCultura
Prof. Romano Pesavento
Presidente CNDDU