EQUIPE CON NEUROSPISCHIATRA, LOGOPEDISTA, OSTEOPATA E PEDIATRA
Quattordici asili nido, per un totale di oltre 300 bambini. Questa la platea che sarà interessata dal progetto di screening per l’individuazione precoce dei disturbi del neurosviluppo 0-3 anni in partenza sul territorio romano, col successivo obiettivo di estendersi su tutto il territorio nazionale. Un progetto presentato questa mattina dal presidente della Società italiana di pediatria (Sip), Alberto Villani, durante il suo intervento alla terza lezione del corso di formazione gratuito promosso dalla Sip e realizzato in collaborazione con l’Istituto di Ortofonologia (IdO), la Fondazione MITE, il Sindacato italiano specialisti pediatri (Sispe) e la Società italiana di neonatologia Lazio(Sin), che al momento ha raggiunto 2.000 pediatri iscritti e che nelle prime due lezioni ha già totalizzato più di 4.000 visualizzazioni.
Il progetto negli asili nido “darà la possibilità di valutare i bambini per cercare di intercettare quelle che possono essere situazioni estremamente precoci- ha spiegato Villani- e laddove queste situazioni verranno identificate i pediatri potranno indirizzare bambini e famiglie all’Istituto di Ortofonologia che in forma gratuita potrà procedere con eventuali valutazioni”. Un’attenzione che riguarderà “non solo i disagi neurocomportamentali- ha precisato il presidente Sip- ma anche i bambini che vivono situazioni di disagio economico e sociale. Per loro- ha detto Villani- ci sarà la massima attenzione e, come pediatri, cercheremo di impegnarci al massimo”.
Lo screening nei nidi “rientra in un più ampio progetto di attenzione ai primissimi anni dello sviluppo- ha spiegato Elena Vanadia, neuropsichiatra infantile dell’IdO- al fine di individuare vulnerabilità dello sviluppo e, nel caso in cui ci fossero indicatori di patologia, disturbi e disordini del neurosviluppo, per aiutare gli educatori e i genitori a sostenere nel migliore dei modi i bambini”.
L’osservazione all’interno delle strutture sarà svolta da un’equipe multidisciplinare composta da neuropsichiatra infantile, logopedista e osteopata in condivisione col pediatra del nido o con un pediatra della Sip. “Osservare i bambini nel loro spazio naturale consente non solo di osservare lo sviluppo psicomotorio e lo sviluppo del linguaggio che sta emergendo- ha sottolineato Vanadia- ma anche la modalità dei bambini di comportarsi, ad esempio nel momento del pasto, il loro temperamento, l’interazione con i coetanei, con gli educatori che conoscono e, da parte degli educatori, l’interazione con noi estranei che essendo competenti nella materia cercheremo di stimolarli o osservarli- con attenzione anche- alle dinamiche che ci vengono segnalate”.
Villani ha poi precisato che l’obiettivo del progetto, così come del corso di formazione, è quello “di metterci nelle condizioni di poter identificare quanto più precocemente possibile i problemi ma nel contempo di essere in grado, con l’aiuto di specialisti, di fare la giusta cernita tra ciò che richiede un interessamento di alta competenza e specificità, rispetto a quello che può essere gestito da un pediatra o che può essere affidato a uno psicologo che ha invece necessità neuropsichiatriche. Una finalità importantissima- ha ribadito il presidente Sip- perché, altrimenti, procedere a macchia d’olio vuol dire fare una serie di diagnosi che non trovano risposte, creando un problema invece di cercare di risolverlo”.
Da qui l’importanza di guardare con attenzione alla fascia d’età 0-3 anni e, in particolare, ai neonati “per non focalizzare l’attenzione solamente sul bambino che ha chiaramente dei problemi e che paradossalmente nella sua sfortunata condizione in ogni caso riceverà attenzione- ha sottolineato ancora Villani- ma saper identificare tutta quella fascia di popolazione neonatale che invece merita attenzione e non sempre gli si riesce a dare nella maniera dovuta”.
Un punto messo in evidenza anche da Andrea Dotta, presidente della Società italiana di neonatologia Lazio, che rafforzando il messaggio della prevenzione lanciato da Villani, ha puntato su due obiettivi: “Da un lato l’importanza della precocità della diagnosi, per intercettare i rischi, le eventuali differenze o i disturbi del neurosviluppo; dall’altro il prestare attenzione alla carenza di accessi alle strutture sanitarie”. Un problema che si è acuito in “pandemia- ha puntualizzato il neonatologo- ma in generale le strutture sanitarie sono necessariamente dedicate alle situazioni più a rischio. Abbiamo parlato del neonato pretermine, del neonato cardiopatico, del neonato con asfissia grave, però vi è tutta una fascia di neonati ‘late preterm’ (prematurità non grave)- ha ricordato il presidente Sin Lazio- che non causa necessariamente delle problematiche nelle prime settimane di vita, ma presenta la necessità di un follow up non sempre facile organizzare”.
Dotta non dimentica poi i “bambini che hanno una ritardata crescita intrauterina, detti SGA (Small for Gestational Age), che in ogni caso rappresentano una categoria a rischio, ma se nati al termine o vicino al termine è difficile che le strutture ospedaliere riescano ad accogliere il loro follow up”. Da qui parte il concetto di rete: “Deve essere fatta dalle strutture ospedaliere, dai colleghi del territorio e da quelle strutture/ambulatori che possono garantire un approccio standardizzato e qualificato, perché hanno il pregio di poter garantire interazione e follow up adeguati a una categoria di bambini che numericamente non è indifferente”, ha concluso.