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I cinque giorni di intenso dibattito al Senato americano sul secondo processo di impeachment a Trump sono stati un film che ha tenuto incollati al televisore decine di milioni di americani, affascinati dal ritmo con il quale i cosiddetti manager della Camera hanno cadenzato i loro interventi di accusa all’ex presidente americano.

L’imbarazzo nelle fila repubblicane è andato crescendo sostenuto anche dalla improntitudine del collegio di difesa trampista costituito da super avvocati con super parcella ma la cui performance a difesa degli interessi del proprio rappresentato è stata giudicata insufficiente.

Oltretutto espressa in una modalità aggressiva da tribunale di terzo livello certamente non consona all’atmosfera del massimo corpo istituzionale americano. Tanto da essere più volte stigmatizzata dal presidente di turno della seduta.

Forti del nostro collaudato cinismo sperimentato in età giovanile anche nell’agone politico, non ci meravigliamo dei politici sia pure navigati che si caratterizzano con salti carpiati doppi.

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Eppure dobbiamo dire al nostro caro lettore e alla nostra cara lettrice che siamo rimasti stupefatti per l’intervento conclusivo di Mitch McConnell, il potente capo dei senatori repubblicani.

Suggeriamo di seguirlo aprendo il video postato qui sotto.

Ma per quelli che hanno poco tempo da dedicare alle vicende americane, sarà meglio specificare che il suddetto potente politico repubblicano (da decenni alla ribalta del Senato), ha congegnato il proprio intervento con una serie di accuse al suo ex presidente Donald Trump che confermavano e in alcuni casi amplificavano quelle svolte dai democratici durante i loro multiformi interventi.

Al punto che, ascoltando questo anziano personaggio, sorgeva spontanea la domanda: “Ma dove vuole arrivare? Sulla base di quanto detto finora sicuramente rassegnerà le dimissioni dall’incarico…”

Ed invece Mitch McConnell dopo avere sottolineato con vigore la completa responsabilità pratica e morale del suo ex presidente nella organizzazione, incitamento, sostegno delle migliaia di terroristi domestici che il 6 gennaio hanno “conquistato” con la violenza e spargimento di sangue il Campidoglio (inseguendo addirittura il vicepresidente repubblicano Mike Pense e la speaker della camera Pelosi per ucciderli) si è rifugiato in corner.

Trincerandosi dietro una interpretazione letterale del secondo articolo della Costituzione ha concluso il suo intervento giustificando il proprio voto e quello di altri 43 senatori repubblicani di assoluzione dell’eccentrico ex presidente.

Siamo convinti che tornato a casa il presidente dei senatori repubblicani avrà in qualche modo dovuto chiarire il proprio atteggiamento alla moglie, ex ministro dei trasporti, che nelle ultime settimane della presidenza Trump aveva trovato il coraggio di presentare le prove dimissioni da un governo ormai allo sbando.

Il singolare discorso di questo importante personaggio repubblicano si è concluso poi sostenendo che a fronte della impossibilità del Senato di condannare Donald Trump perché i 57 ‘si’ non erano sufficienti per raggiungere i tre quarti dell’intero Senato, comunque il sistema giudiziario ordinario lo avrebbe potuto mettere sotto accusa come un normale cittadino.

E automaticamente ci è venuto in mente quel Ponzio Pilato, prefetto della provincia romana della Giudea che nel Vangelo di Matteo quando, si trova di fronte al dramma di Gesù, se ne lava le mani davanti alla folla dicendo: “Non sono responsabile di questo sangue; vedetevela voi!”.

Ecco: non è stato un bel vedere la chiusura di una pagina che definire storica è il minimo che si possa fare, considerando che il 6 gennaio 2021 gli Stati Uniti d’America hanno corso il pericolo di un colpo di stato organizzato e incitato dal proprio presidente.

Ma l’assoluzione sancita dal Senato non mette al riparo la democrazia americana da un ulteriore tentativo di stravolgimento violento per trasformarla in una autocrazia con un uomo solo al comando e al di sopra della legge.

Donald ci sta gia’ lavorando, grazie a Mitch McConnell e agli altri 42 colleghi repubblicani.

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