“Il potere è ancora maschile, fin quando le donne saranno gregarie di capi corrente e non si decideranno ad essere in prima fila, ad essere loro a rivendicare e a chiedere la leadership, non si supereranno questi problemi, perché purtroppo il potere ha le sue regole”. Così l’altra sera in Tv, Rosy Bindi intervistata da Gramellini.
Ma se il potere è precluso alle donne, giacché è in mano agli uomini e questi non vogliono condividerlo con loro, come fanno le donne a rivendicare posti di potere? Si troveranno sempre in condizioni di svantaggio. Le “quote rose”, però, che sono un rimedio a questo squilibrio, sono guardate male da molte donne.
Una signora sul blog de L’espresso, curato da Stefania Rossini, in un commento scrive: “Le quote rosa… Come le quote degli invalidi civili che un’azienda deve assumere per legge? Ma io mi auguro che le donne si ribellino a questo modo di essere trattate e di non sentire mai più parlare di “quote rosa”.
Sbaglierò, ma il mio punto di vista è del tutto diverso. Incidenti, malattie o altro hanno tolto qualcosa agli invalidi civili. La legge in qualche modo glielo restituisce, mira a compensare lo svantaggio.
Le “quote rosa” restituiscono in qualche modo alle donne ciò che gli uomini hanno loro tolto da secoli. Mirano a compensare lo svantaggio. Le quote rosa rendono giustizia alle donne, e le donne si sentono in imbarazzo. Non è buffo? Non vogliono giustizia. La competizione deve avvenire ad armi pari. Gli uomini nella competizione con le donne sono muniti di guantoni (il potere), la legge obbliga a dare i guantoni anche alle donne. Mi sembra giustissimo.
Si pensi a che cosa avviene nella Chiesa. Il potere è talmente saldo e solo in mano a gli uomini, da rendere impossibile ad una donna di diventare prete, vescovo, papa. Nella Chiesa il potere alle donne è precluso del tutto.
Renato Pierri