L’art. 10-bis del Decreto Ristori prevede che le indennità e i contributi di qualsiasi natura erogati a fronte dell’emergenza epidemiologica da Covid-19, non concorrono alla formazione del reddito imponibile in quanto hanno carattere assistenziale e non costituiscono importi sostitutivi del reddito. Per tale motivo dovrebbero essere esclusi anche dalla verifica del superamento del limite di reddito che consente di considerare fiscalmente a carico i familiari.
L’art. 12 del DPR 917/86, assegna specifiche detrazioni di imposta ai contribuenti con familiari che abbiano i seguenti requisiti per essere considerati fiscalmente a carico:
– familiari che nell’anno hanno conseguito un reddito complessivo, al lordo degli oneri deducibili, uguale o inferiore ad euro 2.840,51 (limite mai modificato da 35 anni!);
– figli di età non superiore a 24 anni che nell’anno hanno conseguito un reddito complessivo, al lordo degli oneri deducibili, uguale o inferiore ad euro 4.000. Questa nuova fattispecie è stata introdotta dalla Legge di Bilancio 2018 (L. 205/2017).
Nelle istruzioni ministeriali per la predisposizione delle dichiarazioni dei redditi è specificato che nel calcolo del limite di reddito di 2.840,51 euro (o 4.000 euro) che il familiare deve possedere per essere considerato fiscalmente a carico, devono essere computati i seguenti importi, che non sono inclusi nel reddito complessivo:
– il reddito dei fabbricati assoggettato alla cedolare secca sulle locazioni;
– il reddito d’impresa o di lavoro autonomo assoggettato ad imposta sostitutiva in applicazione del regime fiscale di vantaggio per l’imprenditoria giovanile e lavoratori in mobilità;
– il reddito d’impresa o di lavoro autonomo assoggettato ad imposta sostitutiva in applicazione del regime forfetario per gli esercenti attività d’impresa, arti o professioni.
Nelle vigenti disposizioni legislative non si rileva alcuna indicazione in merito al rapporto fra limite di reddito e indennità da Covid-19.
Il summenzionato art. 10-bis, comma 1, del D.L. n. 137/2020 – rubricato “Detassazione di contributi, di indennità e di ogni altra misura a favore di imprese e lavoratori autonomi, relativi all’emergenza COVID-19” – chiarisce lodevolmente che i contributi e le indennità di qualsiasi natura, erogati in via eccezionale a seguito dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, diversi da quelli esistenti prima della medesima emergenza, da chiunque erogati e indipendentemente dalle modalità di fruizione e contabilizzazione, spettanti “ai soggetti esercenti impresa, arte o professione, nonché ai lavoratori autonomi”, non concorrono alla formazione del reddito imponibile ai fini delle imposte sui redditi. L’articolo non va oltre.
Tuttavia, se l’art. 10-bis del D.L. Ristori non considera i contributi e le indennità di qualsiasi natura percepiti a causa dell’emergenza Covid, come redditi imponibili, sarebbe una logica conseguenza annoverarli tra i redditi esenti e, in quanto tali, esclusi dalla formazione del reddito complessivo e dalla quantificazione della soglia di 2.840,51 euro (o 4.000 euro).
Quanto sopra trova un valido riscontro nella risposta dell’Agenzia delle Entrate all’interpello n. 46 del 19.01.2021. Dice infatti l’Agenzia, riferendosi all’art. 10-bis, che “con tale disposizione, pertanto, il legislatore ha voluto riconoscere a tutti i contributi erogati per l’emergenza epidemiologica Covid-19, il regime esentativo previsto espressamente per talune tipologie di aiuti economici (di cui all’articolo 27 del decreto “Cura Italia” e all’articolo 25 decreto legge 19 maggio 2020, n. 34 (cd. decreto Rilancio)”.
Un chiarimento è di fondamentale importanza poiché, con l’approssimarsi del periodo dichiarativo relativo all’anno 2020, i contribuenti devono conoscere con certezza il corretto comportamento da tenere e cioè se le indennità e i contributi ricevuti dai propri familiari per l’emergenza epidemiologica Covid-19, debbano essere inclusi o meno negli importi stabiliti dall’art. 12 del TUIR.
E’ opportuna una risposta ufficiale.
Livorno, 01.03.2021
FONDAZIONE COMMERCIALISTITALIANI
Marco Gelli
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