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Lettera al Governo Draghi. È tempo di creare un Dipartimento per gli Italiani all’estero

Come Associazione Nazionale Italiani nel Mondo ‘ANIM APS’, vi scriviamo per ricordarvi che esiste un’Italia che ha dato lustro e prestigio al paese nel mondo, esistono, infatti, circa 60 milioni di oriundi italiani nel mondo di cui ancora, 5 milioni con passaporto italiano. Agli italiani altrove dobbiamo gratitudine e rispetto, lo devono il Parlamento e il Governo innanzitutto. Lo dobbiamo tutti. Anche noi residenti in Italia, soprattutto in un momento in cui bisogna andare avanti per dare il buon esempio e non affondare. Vediamo da anni cambiare i Governi mentre le nostre vite di Italiani dentro e fuori dell’Italia restano impantanate in leggi poco chiare o insufficienti a prestare la giusta tutela.

Caro Presidente del Consiglio, cari rappresentanti del nuovo Governo, al fine di valutare l’opportunità di dare ai nostri connazionali residenti in ogni angolo del mondo la giusta collocazione e il giusto riconoscimento che essi meritano riproponiamo un progetto che avevamo ufficializzato come Associazione Nazionale nel Mondo nella primavera del 2019, attraverso i media. Sono passati parecchi mesi da allora, e il nostro progetto, pur non essendo stato mai preso in esame per la discussione in Aula, resta valido. Oggi più che per il passato.

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Il nostro progetto è di ampio respiro ed evidenzia quattro enunciati sostanziali, concreti e irrinunciabili:

1-valorizzazione dell’informazione on line socio/politica diretta ai Connazionali all’estero.

2-rapporto vincolante con gli Organismi Ufficiali dello Stato Italiano.

3-migliore tutela e assistenza fiscale per i redditi maturati in Patria.

4-sostegno economico/sociale per i Connazionali che rientrano, definitivamente, in Patria ossia consentire una corsia preferenziale per il lavoro.

Il tutto inserito in un nuovo Dipartimento per gli Italiani all’Estero (DIE) operativo presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri.Il nostro progetto, però, non è stato mai esaminato. Sul programma è calata una sorta d’oblio del quale non siamo riusciti a comprendere le ragioni.

Ebbene noi vorremmo evidenziare il disinteresse delle forze politiche, nella generalità, nei confronti dei Connazionali stabilmente fuori della Penisola. Perché i conti non tornano. A dispetto di tante promesse, il loro “peso” elettorale conta poco. Tuttavia, gli italiani nel mondo, con diritto di voto, sono oltre cinque milioni. Una “forza” politica che, se fosse meno dispersa, potrebbe influire tangibilmente sulla governabilità d’Italia. Con una seria modifica della legge elettorale, chi vive oltre confine potrebbe essere votante autonomo dai partiti nazionali. Nonostante qualche presa di posizione, con la quale sono state condivise alcune nostre tesi, non c’è stata conseguenza concreta.

Insomma, da noi manca una normativa politica che armonizzi con i requisiti degli italiani oltre confine; con un meccanismo che evidenzi le stesse opportunità degli italiani residenti nello Stivale. Invece, piaccia o no, esiste tuttora un confine, magari meno netto che per il passato, che rileva un “distinguo” tra chi vive all’estero e chi è nel Bel Paese.

Presa in esame la nostra attuale situazione politica, gli italiani nel mondo potrebbero rappresentare un arricchimento a vantaggio della democrazia nazionale. Se sono, come sembra, le istituzioni a funzionare a scartamento ridotto, si provveda. Noi abbiamo proposto un Dipartimento per gli Italiani all’Estero (DIE). Il problema non è più quello di inserire l’Emigrato nel tessuto socio/politico del Paese nel quale vive ma, semmai, estendere questo tessuto in Patria.

Anche se la nostra Emigrazione ha cambiato volto, resta ancora con specifici problemi che nessuno ha provato, in concreto, a risolvere; neppure i Parlamentari eletti nella Circoscrizione Estero. Con questa premessa, giacché con la confusione dei ruoli non ci si può confrontare, riformuliamo una proposta potenzialmente valida per tutti.

Torniamo a prospettare l’istituzione del DIE (Dipartimento per gli Italiani all’Estero) al servizio di chi, cittadino italiano, vive e lavora lontano dalla Penisola. La struttura che ravvisiamo dovrebbe avere una sua posizione organizzata e originale. Una sorta di struttura attivata da referenti alla Presidenza del Consiglio dei Ministri. La nostra deduzione, che non è nuova, tiene anche conto di specifici aspetti logistici e della gestione di una simile struttura.

Con un impegno economico contenuto, si potrebbe così tracciare la fisionomia del DIE. La succitata struttura dovrebbe assicurare il coordinamento, vincolante, dei problemi di pertinenza degli italiani d’oltre frontiera presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri. Se così fosse, la posizione socio/ politica degli italiani d’oltre confine potrebbe essere meno atipica in una Penisola, dove la mancanza di un’abile rappresentatività della nostra Comunità nel mondo se non è il “male” maggiore è, certamente, la parte non più condivisibile di una disorganizzazione che dura da troppo tempo e si chiama “indifferenza”.

Per questo ancora una volta esponiamo quanto segue.

Per ogni cento italiani che risiedono nel nostro Paese, ce ne sono quasi nove che invece vivono all’estero. Secondo i numeri della Fondazione Migrantes nel suo ultimo rapporto sono infatti poco meno di meno di 5,3 milioni gli iscritti all’Aire (Anagrafe Italiani Residenti all’Estero), che cioè hanno segnalato allo stato di essere emigrati altrove nel mondo. La comunità più ampia, ci dicono le statistiche, è quella che vive oggi in Argentina e include quasi 850mila persone. Seguono due nazioni europee – Germania e Svizzera – con numeri leggermente inferiori, poi ancora una nazione sudamericana come il Brasile e infine la Francia a chiudere le prime cinque destinazioni.

Ma gli italiani nel tempo sono arrivati praticamente in ogni angolo abitato del pianeta. Dai più densamente popolati come alcune metropoli degli Stati Uniti, fino a quello che in effetti è l’insediamento umano più remoto del mondo, l’arcipelago Tristan da Cunha in mezzo all’Oceano Atlantico dove due degli otto cognomi presenti sono di origine genovese, “tramandati da due naufraghi di Camogli, approdati nel 1892”.

La storia di chi ha lasciato il nostro Paese per andare a vivere altrove nel mondo è vecchia almeno quanto l’Italia stessa come nazione, e in effetti proprio a partire dagli anni dell’unità – intorno alla fine del XIX secolo – abbiamo a disposizione qualche numero per farci un’idea di dove sono emigrati i nostri connazionali, quando, e quanto spesso.

A far brevissima una storia lunga e complicata, i principali flussi di italiani verso l’estero ci sono stati intanto fra la fine dell’Ottocento e i primi decenni del Novecento, quando le persone sono emigrate soprattutto verso il resto dell’Europa (Germania, Francia, Svizzera), ma anche Stati Uniti e Sud America. Fra la Grande Guerra, il fascismo, e poi il secondo conflitto mondiale i flussi rallentano, per poi tornare a risalire nel secondo dopoguerra diretti in particolare verso l’Europa. Dagli anni ‘70 in avanti gli italiani che emigrano tornano a diminuire, e soltanto negli più recenti – in seguito alla grande crisi economica del 2008 – molte persone sono tornate a cercare miglior fortuna altrove.

Il risultato è un insieme di comunità spesso molto diverse fra loro, a cominciare da quanto tempo i singoli individui hanno ormai passato all’estero: in Belgio per esempio due su tre di queste persone risultano residenti all’estero da lungo tempo, mentre il Regno Unito ha proprio di recente visto l’afflusso di un gruppo ben più giovane. Mentre sul fronte della Rappresentatività politica della nostra numerosa Comunità all’estero si sono venute a individuare delle contraddizioni, noi abbiamo dato vita all’O.E.I.M. (Osservatorio Emigrazione Italiana nel Mondo)

L’O.E.I.M. intende essere di più e di meglio, intende dare voce a chi non ne ha mai avuta a sufficienza. La nostra Rappresentatività “attiva”, indipendente da ogni legame politico, ci consentirà d’essere un ponte informativo tra chi vive lontano dal Bel Paese e l’Italia

Ma vi è di più!

I fondi, per un totale di 6 milioni di euro che saranno o che sono stati stanziati per gli italiani nel mondo in difficoltà, sono inaccessibili o meglio non è dato sapere come accedervi e a chi sono destinati. Essi rimangono un mistero della Farnesina, nonostante le richieste di trasparenza e chiarezza.

L’on. Fitzgerald Nissoli aveva già presentato nel novembre del 2020 una interrogazione al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, Luigi Di Maio, ma la risposta fu molto vaga e altrettanto molto poco chiara, tipico per chi non vuole farlo sapere o non vuole che possano accedere a questi fondi tutti coloro ne abbiano davvero bisogno, altrimenti non si spiegherebbe la risposta vaga data a Maggio e i 6 mesi intercorsi senza che una risposta sia stata data con chiarezza e trasparenza.

La stessa, senza demordere, ha nuovamente presentato una seconda interrogazione al Ministro Di Maio per conoscere di quale strumento si è avvalsa l’amministrazione degli affari esteri per comunicare adeguatamente a tutti gli italiani in difficoltà, di poter accedere tempestivamente a tali fondi. Il Ministro Luigi di Maio deve riferire queste informazioni e non pensare di poter fare dei fondi pubblici quel che vuole, visto che lo stesso Movimento di cui fa parte si è sempre presentato agli italiani come paladino contro le ingiustizie e i privilegi, a tutt’oggi intento ancora da dimostrare visto il comportamento assunto in questi anni.

Gli italiani all’estero hanno il diritto di poter accedere a questi fondi senza alcuna discriminazione di carattere politico o ideologico. Con l’attuale situazione politica nazionale e la pandemia che incombe, ci attiveremo per sostenere i quattro punti nodali del nostro progetto. I riscontri, questa volta, dovranno esserci. Non possiamo permettere che i nostri connazionali continuino a soffrire di un cattivo funzionamento legislativo chiamato indifferenza.

Dr.Antonio Peragine

Presidente Anim – Associazione Nazionale Italiani nel Mondo

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