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Con l’aiuto di un paio di divertenti vignette dell’ottimo Alfredo Balasco, dopo aver posto il problema replicando all’esposizione delle linee programmatiche del Ministero della cultura svolta da Franceschini lo scorso 17 marzo alla Camera, ho deplorato pubblicamente l’intenzione di privare il Museo Nazionale di Napoli, per diversi mesi, di due opere identitarie e quindi (per logica e per legge) inamovibili quali il Mosaico di Alessandro e la Tazza Farnese per esporle l’uno a Tokio e a San Pietroburgo, l’altra solo all’Ermitage. Intenzione che non è frutto di mie illazioni o di pettegolezzi sfuggiti a qualche servitore infedele ma è espressa, nero su bianco, a pagina 73 del Piano Strategico del MANN per il 2020-2023, reperibile in rete da chiunque desideri sincerarsene (www.museoarcheologiconapoli.it/wp-content/uploads/2020/10/PIANO-STRATegico-2020-2023.pdf ). Respingo quindi l’insinuazione di un attacco personale nei confronti di Paolo Giulierini, che non conosco, così come di un attacco politico: nessuno, credo, potrà ragionevolmente supporre che il suddetto direttore sia un credibile bersaglio del Gruppo Misto, in cui al momento mi trovo. Contesto, invece, da membro della Commissione “Cultura” di questo Paese, la ‘facilità’ con cui, aperta la strada alla disapplicazione delle norme vigenti mediante operazioni come il prestito al Louvre, nel 2019, dell’Uomo vitruviano di Leonardo, neppure giustificato da una effettiva reciprocità – avete mai visto il Louvre rinunciare anche per un solo giorno alla Gioconda, ad esempio, per compensare la nostra generosità? –, e poi con il trasferimento a Roma del ritratto di Leone X di Raffaello nel 2020, per citare solo i più eclatanti, il prestito internazionale, magari preceduto da un restauro-marchetta, è ormai considerato di prassi e non necessita neppure di legarsi ad un evento straordinario di rilevanza internazionale. La disapplicazione delle norme in materia di tutela dei beni culturali è il vulnus da cui discendono progetti illegittimi e autolesionisti come quelli messi in cantiere dal MANN: qui non si tratta neppure più di travalicare il concetto di valorizzazione ma di puntare scientemente all’autodistruzione. Ricordo che il patrimonio culturale pubblico è dello Stato, cioè del popolo italiano, non del Ministero della cultura e delle sue diramazioni territoriali (quale che sia il loro grado di autonomia rispetto alla ‘casa madre’), che l’hanno semplicemente in affidamento per fare gli interessi dei cittadini italiani e dell’umanità stessa, non per farne strumento di celebrazione del Ministro di turno.

Margherita Corrado (Senato Gruppo Misto – Commissione Cultura)

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