“Non è possibile che dall’America vengano in Italia quando alle 22 dobbiamo chiudere come i ristoratori, è una presa per i fondelli. All’interno dei cinema non posso aprire il bar, che è l’incasso che bilancia, mentre quelli fuori dalla sala possono fare asporto: una commedia degli equivoci”. Lo dichiara l’imprenditore Massimo Ferrero in una intervista a Il Tempo che spiega perché le sue 12 sale cinematografiche a Roma resteranno chiuse: “Perché non ci sono i film. Quello che ha vinto l’Oscar l’altra notte fra poco sarà su una piattaforma che guardi da casa e così anche per chi ha vinto il David. Aprire una sala cinematografica non è come montare in bicicletta: ci vogliono almeno 20 giorni, da parte dei distributori, per organizzare nuove uscite e piazzamenti. Riaprire un cinema con le normative e i protocolli anti-Covid che giustamente sono in atto, comporta un sacco di lavori e di spese. Senza dimenticare che il cinema lavorava da sempre a ottobre, novembre, dicembre, a gennaio ed a febbraio. Già in passato si è provocato lanciando novità durante la cosiddetta bella stagione, ma non ha funzionato. Quindi, se io dovessi riaprire, dovrei fare dei lavori, pagare mentre la stagione vera è praticamente terminata”.
E conclude: “In questa situazione credo che l’unica soluzione reale sia il pagamento della cassa integrazione e dei contributi di sostegno per chi fa cultura ma mancano i ristori da gennaio ad aprile. Siamo fermi a dicembre e, per organizzare al meglio anche il rischio perdite, c’è bisogno di un’assegnazione precisa, com’è successo in passato. Siamo fiduciosi che ciò avvenga in tempi brevi”.
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