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Bologna.  «Per quale motivo oggi una persona dovrebbe andare a comprarsi un disco con quello che costa e con la facilità che uno ha delle concezioni della musica».

Se lo è chiesto Dodi Battaglia in occasione della presentazione del disco di inediti “Inno alla musica” in uscita venerdì 14 maggio nella versione cd contenuta in un cofanetto cartonato insieme a un libro fotografico di 64 pagine con testi e foto, e in versione doppio vinile con cofanetto cartonato, libro fotografico di 32 pagine con testi e foto.

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«È il primo disco solista da quando i Pooh hanno deciso di scendere dal palco, cosa impegnativa e importante che mi ha preso dal profondo – ha fatto notare – Un disco al quale ho lavorato con grande dedizione in cui mi sono occupato di tutte le musiche e di gran parte dei testi».

L’album, contenente 14 brani cantanti e strumentali, che sancisce la nuova direzione artistica intrapresa dal compositore ed interprete; a chiudere il disco c’è anche la sua giovanissima nipote Alexandra Greene.

«Credo sia venuto fuori un album che mi rispecchia molto profondamente perché pieno di un approccio chitarristico e di avere una energia maggiore con approccio molto più vibrante, molto più energico – ha sottolineato – Ho cercato di mettere all’interno quello che sono io, anche un grande melodista appassionato perché nasco come fisarmonicista e la mia tradizione è fatta di italianeità: unite queste due anime insieme a quello dello strumentista, ho messo tutta questa mia voglia di fare che ho accumulato in questi cinque anni».

L’album è stato anticipato dal brano “One sky”, realizzato insieme al leggendario chitarrista americano Al Di Meola.

«Questo incontro è nato da una causalità – ha ricordato – Me lo ha proposto il mio discografico ed ho accettato subito: è come un ragazzino che gioca nel cortile e gli dicono che arriva Cristiano Ronaldo a fare due tiri con lui. Con lui avevo avuto la grande fortuna di duettare durante una bella serata a Bologna con Zucchero, Gino Paoli, Andrea Bocelli, Aberto Tomba; facevo parte di un gruppo di sciamannati che si chiamava i Sorapis insieme a Zucchero, Maurizio Vandelli, il manager de Il Volo Michele Torpedine, Fio Zanotti e Umbi, con atteggiamento da burlone e goliardico: vidi che c’era Al Di Meola in sala e chiesi a Zucchero di andare a proporgli di fare un blues e ci divertimmo da matti».

Dodi Battaglia si è messo nuovamente in gioco con il primo album di inediti appartenente al suo nuovo percorso solista, dando libera espressione alle sue personali ispirazioni e suggestioni.

«Tutti mi chiedevano perché non facessi più niente visto che una volta scrivevo tante canzoni belle e di successo – ha confessato – Non era ancora venuto il momento, dovevo maturare tante cose che ho dovuto accumulare: noi siamo delle carte assorbenti, un po’ di accumulatori di energie e di emozioni che, a un certo punto, quando sei concentrato ed è il momento giusto, li metti in un disco».

Per Dodi Battaglia si tratta di un vero e nuovo esordio.

«Lo sto vivendo giorno per giorno – ha osservato – Quando ti metti a scrivere una cosa nuova non puoi avere due padroni, per te stesso o per quello che la gente possa pensare di te, devi esprimere te stesso: sto avendo solo adesso questa percezione. Ho voluto cogliere l’aspetto positivo della concentrazione che tutti noi abbiamo potuto e dovuto avere durante questo periodo: nessuno veniva a romperti le scatole; ognuno di noi ha avuto la possibilità di essere a contatto con quello che è il proprio profondo».

In un album così significativo per il percorso professionale da solista di Dodi, non poteva mancare un personale e sentito omaggio a Stefano D’Orazio, venuto purtroppo a mancare lo scorso 6 novembre, in “Una storia al presente” che si apre con la descrizione dell’arrivo ad un concerto come i tanti che entrambi hanno condiviso fin dal settembre del 1971; il racconto cambia poi prospettiva e prosegue con la descrizione di centinaia di fan commossi che hanno reso l’ultimo saluto a Stefano in Piazza del Popolo a Roma.

«Questo album avrebbe dovuto intitolarsi “Una storia al presente” che è il brano che ho voluto dedicare a Stefano che mi ha preso, e mi prende, dal profondo – ha confidato – Ho pensato che fosse attaccabile: qualcuno avrebbe potuto dire ma pensa questo che fa un disco marciando ed è una cosa brutta per la scomparsa di un fratello; quel titolo sarebbe stato perfetto perché io sono la storia al presente per tutto ciò che è stato per 50 anni ma anche una persona che fa le cose al presente. Ho cambiato il titolo prendendo spunto da questo brano che è risultato uno dei più fruibili di tutto l’album che si chiama “Inno alla musica”».

Il video del brano “Una storia al presente” è stato diretto da Mimmo Fuggiano e Riccardo Franchetti.

«È stato girato nel teatro comunale Alice Zeppilli di Pieve di Cento a Bologna senza pubblico – ha precisato – Alla fine ci sono queste due bacchette della batteria lanciate verso il pubblico ma in questo caso il teatro è vuoto».

Particolare è la copertina con uno scatto dell’amico fotografo Domenico Fuggiano, originario di Castellaneta ma da anni residente a San Lazzaro di Savena.

«Per la copertina ho voluto esagerare perché mi sono chiesto: ma dobbiamo mettere all’interno di questo disco delle cose importanti? E allora ecco che è venuta fuori questa idea – ha spiegato – Ho voluto accludere 64 pagine di ciò che sono i testi, la genesi di queste canzoni, le motivazioni, gli strumenti con i quali ho inciso brano per brano e poi ho fatto questa copertina con una immagine travolgente che doveva essere una roba bruciante: mi è venuto in mente Jimi Hendrix che alla fine dei concerti, dopo aver simbolicamente fatto l’amore con la sua chitarra, poi gli dava fuoco. Io e il mio amico fotografo Domenico Fuggiano abbiamo veramente bruciato una chitarra per dare un tono di realtà, non è un ‘photoshop’, e quando l’ho vista bruciare ho avuto un colpo al cuore: sarà una bella copertina ma a me è costato in termini di sofferenza».

Franco Gigante

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