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 Sommario: IO STO CON ISRAELE – GIUSTIZIA MALATA – CENTRO-DESTRA: GUAI IN VISTA?  – SBARCHI, SIAMO DA CAPO – I NUMERI DI FIGLIUOLO – CINQUE PER MILLE

 

IO STO CON ISRAELE

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Non c’era nessuna ragione seria (risibile quella dello sfratto di alcuni inquilini arabi, peraltro sospeso dalla Corte di giustizia israeliana) per far  ricominciare gli scontri a Gerusalemme, mentre non è casuale che contemporaneamente siano stati lanciati da Gaza centinaia di missili su Israele da case civili, quasi a volere provocare la scontata rappresaglia.

Certamente si dovrebbe lavorare tutti per portare avanti il concetto del “due popoli, due stati”, ma è altrettanto certo che con i razzi, volutamente, si distrugge ogni possibile intesa.

Io sto quindi con Israele, senza se e senza ma, e mi spiace che l’Italia e l’ Europa non abbiano il coraggio di prendere una posizione chiara e non pilatesca.

Salgono però immediate le critiche per le sanguinose rappresaglie israeliane, senza considerare che Israele è sotto attacco ed è l’unica democrazia del Medio Oriente: forse l’ Occidente dovrebbe ogni tanto ricordarselo meglio.

Motivi veri della nuova crisi? Per esempio  che serviva una scusa ad Abu Mazen per rinviare ancora una volta le elezioni, con Hamas che vuole invece confermare la sua potenza militare rispetto alla direzione politica palestinese mentre l’Iran punta a vanificare i nuovi rapporti pacifici costruiti da Trump nell’area mediorientale.

Intanto – piaccia o meno ai democratici nostrani ed esteri – Joe Biden, per ora, si dimostra molto debole, insicuro ed incerto.

 

GIUSTIZIA: TROPPI SILENZI

Ci sono notizie importanti che i TG non trattano e vengono relegate nelle pagine interne così il grande pubblico non le capisce e forse neppure le immagina.

Quanti sono interessati al fatto che il Consiglio Superiore della Magistratura (CSM), formalmente  presieduto dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella (vice presidente “operativo” Davide Ermini – già parlamentare PD – a suo volta succeduto a Giovanni Legnini, altro esponente PD)  NON poteva nominare Michele Prestipino procuratore di Roma ed ha tenuto una condotta del tutto censurabile facendo scelte illegittime? Lo ha stabilito in settimana il Consiglio di Stato confermando dunque la sentenza del Tar del Lazio.

Si suole dire nell’ambiente giudiziario che questa nomina vale “due ministeri” per l’enorme potere che il capo della procura di Roma può avere su migliaia di processi, sulla politica, sulle indagini, sulle intercettazioni conseguenti, sulle pressioni che ruotano intorno a questo posto-chiave, il più importante incarico per un magistrato in tutta Italia… Eppure la notizia non se l’è filata  quasi nessuno.

Conseguenti enormi sulla gestione della Magistratura, ma tutto in un ovattato silenzio: non bisogna mai disturbare i manovratori?! E’ la domanda che tutti gli italiani dovrebbero porre ai giudici, ma anche – o soprattutto – al presidente Mattarella.

 

CENTRO- DESTRA: GUAI IN VISTA ?

Elettoralmente – e nei sondaggi – la scelta è stata sicuramente vincente: con Matteo Salvini al governo e la Meloni all’opposizione si coltivano due elettorati teoricamente opposti e diversi, ma insieme agli altri partner minori – come è diventata Forza Italia e il drappello di movimenti centristi – significa che il centro-destra ha teoricamente i numeri per governare il paese.

Teoricamente, perché quando c’è da scendere candidati per gestire insieme il territorio sono dolori, così come non sarà facile costruire una coalizione di governo quando, prima o poi, si andrà pur a votare.

La tattica vince, ma la strategia non c’è (o almeno non la si vede) e i nodi vengono al pettine – per esempio – giù per scegliere i prossimi candidati a sindaco con il rischio di rinnovare uno 0 a 4 tra Roma, Milano, Torino e Napoli.

Solo Albertini a Milano – che avrebbe rinunciato proprio per questa reciproca freddezza – poteva avere i numeri per giocarsela quasi alla pari con il favoritissimo Sala, baciato perennemente in fronte anche dai media e sempre graziato dai giudici.

A Roma è tuttora notte fonda (che ci azzecca Bertolaso?)  così come a Torino, dove  il candidato unitario più probabile si chiama Paolo Damilano e – se già l’assonanza fa sorridere – il problema è che i voti intercettabili sembrano insufficienti per andare oltre il ballottaggio. A Napoli Catello Maresca – candidato in pectore – nei sondaggi non va oltre il 30%.

Bene i leader insomma per la propria visibilità, ma dietro non escono nomi travolgenti.

Poi c’è Roma, dove bisognerebbe immaginare un colpo di teatro magari con una proposta-choc, ovvero un appoggio “tecnico” a Carlo Calenda, tenuto conto che nei sondaggi quasi la metà del campione è ancora incerto. Sembrerebbe a prima vista una bestemmia, ma – posto che a destra un nome vincente non c’è – aprirebbe un’ulteriore frattura a sinistra con un candidato che parte già da un suo  10%.

Certamente Giorgia Meloni avrebbe questa volta ottime possibilità se si candidasse a sindaco, ma rischierebbe di bruciarsi viste le condizioni politico-amministrative della Capitale per la quale più che un sindaco servirebbe forse un “Governatore” di nomina regia, capace di imporsi in una situazione abbastanza disperata.

Ma torniamo al punto di partenza: a parte le amministrative, decollerà o meno un centro-destra condiviso? E’ nella logica delle cose, ma il complicato rapporto dentro e fuori il governo non agevola  e la crescente avanzata di Fratelli d’Italia imbarazza la Lega dove crescono i malumori verso i “Fratelli” che riempiono quello spazio fisiologico che un partito di governo – cedendo forzatamente a compromessi – lascia libero per quell’ampia fetta di elettori delusi che esistono sempre.

Un’area che può crescere se Draghi non riuscisse a surclassare i suoi predecessori cambiando radicalmente il paese che – purtroppo – spesso non lo vuole  per niente.

Oggi sia Salvini che la Meloni appaiono concorrenziali e va dato atto a quest’ultima di aver portato Fratelli d’Italia su posizioni perfino più trasversali e politicamente moderne del concorrente – vedi le recenti aperture a Biden – che batte e ribatte soprattutto su alcuni temi-chiave (per esempio quello dell’immigrazione) che sta tornado  fatalmente ad esplodere, con probabili ripercussioni al governo.

Gioca a favore della Meloni anche l’essere l’unica donna leader italiana e una sua indubitabile verve, ma pesa su di lei una forte “romanicità” che impedisce al partito di radicarsi soprattutto in quei territori dove la Lega amministra a livello locale.

Per contro va dato atto a Salvini di tenere bene la rotta al governo, con una buona dose di visibilità e di coerenza su temi irrinunciabili per il proprio elettorato.

Non è un caso che da qualche settimana entrambi i partiti risultino in crescita e in vista di elezioni generali determinante sarà alla fine il sistema elettorale che ad oggi sposta i numeri più sulle liste (bloccate) che i singoli collegi. Logico, quindi, che la visibilità sia tutto, anche per una certa sovrapponibilità dell’elettorato e che quindi, anche se vi possono essere condivisioni di fondo, almeno a breve tra Matteo e Giorgia sarà quotidiana battaglia di commandos.

 

SBARCHI: SIAMO DA CAPO

Non c’è niente da fare: gli anni sembrano passare invano e con l’arrivo dell’estate il problema dei clandestini in arrivo via mare riprende puntualmente nel generale disinteresse europeo.

Sbarchi annunciati (oltre 1000 solo domenica a Lampedusa), anche se arriva solo chi ce la fa, e gli oltre 130 migranti che sono scomparsi in mare a fine aprile nel solo Canale di Sicilia sono stati le avanguardie di una tragedia che rischia di surriscaldarsi con il moltiplicarsi delle traversate. Almeno 350 vittime dall’inizio dell’anno rispetto al centinaio (presunto) del 2020, aprendo il solito dibattito: responsabilità di chi non recupera in mare o di chi fa partire migranti con mezzi del tutto inadeguati?

Di certo c’è solo che con il miglioramento delle condizioni climatiche riprenderà in grande stile il traffico di clandestini verso le coste del nostro paese creando problemi

umanitari, politici e anche sanitari nella consueta bagarre di polemiche.

Già nella “bassa stagione” – ovvero nei mesi invernali – i passaggi “ufficiali” (cioè solo quelli intercettati) si sono incrementati in maniera esponenziale: dai 1.009  del 2019 ai 4.184 raccolti l’anno scorso ai 12.894 censiti quest’anno (dati fino al 10 maggio) che – tenuto conto dei consueti ritardi nelle registrazioni ufficiali del Viminale – portano già il numero a superare probabilmente i  15.000 passaggi.

Tutto ovviamente senza contare quelli che sono sbarcati senza lasciare traccia o sono

stati trasportati direttamente ai più convenienti punti di sbarco delle nuove “spiagge sicure”  che  nel  frattempo si  sono  moltiplicate  in diversi  punti del  Mezzogiorno bypassando la Sicilia.

Che sempre di meno si tratti di migranti “politici” ed umanitari è anche confermato dai numeri: dall’inizio dell’anno i paesi da cui maggiormente provengono i migranti sono la Tunisia (1.716), la Costa d’Avorio (1.292) e il Bangladesh (1.216) ovvero paesi nei quali non vi sono in corso guerre civili o religiose e che quindi danno vita ad un movimento solo di migranti “economici” .

Notevole anche il numero dei minori non accompagnati, oltre il 15% del totale, il che significa che funziona a pieno ritmo la macchina degli scafisti e la catena organizzativa alle loro spalle, perché è evidente che questi ragazzi non possono certo arrivare da soli sulle coste libiche per avviarsi alla partenza.

Dopo   tanti   anni   la   questione   non   solo   non   è   stata   risolta,   ma   si   è incancrenita tenuto conto dell’esiguità del numero di  scafisti arrestati mentre  l’Europa è nuovamente sparita dall’orizzonte: non si sono concretizzate le tante (troppe) promesse di ripartizione “automatica” degli arrivi (vero, ministro Lamorgese?) e Italia, Grecia e Spagna devono arrangiarsi.

Alla vigilia dell’estate siamo insomma al punto di sempre e anche su questo tema Draghi dovrà quindi dimostrare di contare di più in Europa: gli anni sembrano essere passati invano, nella nostra consueta confusione di rapporti con la Libia, la Tunisia ed ovviamente Bruxelles.

(questa è la sintesi di una mia analisi più vasta apparsa su “Formiche”, rivista online  dove spesso pubblicano miei articoli: chi è interessato a leggerli li cerchi su ” Formiche.net”)

…QUANTE VOLTE, FIGLIUOLO?

Ma non si doveva arrivare a 500.000 vaccini al giorno già a metà e poi a fine aprile? Scusate, non per essere pignoli, ma siamo ancora ben lontani da questa media e dopo il “miracolo” della quota raggiunta proprio il 29 e 30 aprile (che combinazione!) le vaccinazioni quotidiane sono scese e nell’ultima settimana la media è di 466.000 al giorno (ieri fino alle 21 solo 334.000).

In TV però questo non lo dice nessuno, così come che il “gregge” abbia per ora raccolto solo il 13% degli italiani: per raggiungere il fatidico  70%  ne manca ancora il 57% e siamo già arrivati a metà maggio, dopo 139 giorni di campagna vaccinale.

 

APERTA LA CACCIA AL 5 PER MILLE

E’ iniziata la pioggia delle pubblicità sui media per intercettare la nostra firma sulla dichiarazione di redditi a favore di Enti, Chiese, Partiti, Associazioni benemerite, ricerca, ecc.ecc. Uno vorrebbe aiutare tutti, ma chi lo merita di più? Servirebbe comunque un po’ più di trasparenza, per cominciare fornendo la possibilità di vedere bilanci certificati e indici di rapporto tra spese generali e raccolta (quanti sanno che alcuni Enti di aiuto internazionale spendono quasi l’80% per spese organizzative e pubblicitarie?) e soprattutto con qualche garanzia su come vengano poi spesi i soldi raccolti, altrimenti finisce come i fondi della PROTEZIONE CIVILE raccolti l’anno scorso di cui nessuno ha mai saputo né i totali raccolti né come questi soldi siano mai stati spesi, altro che trasparenza.

 

 

Un saluto a tutti e buona settimana                                   MARCO ZACCHERA

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