Il pianeta Terra trabocca di problemi: ai suoi soliti presenti da milioni di anni, come i cataclismi, si sono aggiunti quelli creati dall’essere superdotato, dannosi a sé stesso e anche al globo, in primis guerre e discriminazioni di ogni sorta e caos. Di certo non ci sarebbero se il superdotato facesse funzionare in maniera diversa la scintilla che lo contraddistingue. Da qualche tempo anche le lingue hanno da risolvere dei problemi creati da talune situazioni legate sempre a quell’essere, le quali richiedono una denominazione, difficile talora da rintracciare. L’italiano, a esempio, oltre ad essere sempre più impoverito e sottoposto a perdita di identità linguistica, deve decidere ora quale pronome usare per chi si definisce “non binario”, visto che ha solo pronomi maschili e femminili. Il “non binario” è un soggetto che non si ritiene né maschile, né femminile, che va al di là di entrambi i generi, da non confondere però con quello dell’intersessualità o del transgender, dato che nel caso del “non binario” lo specifico riguarda l’identità, non l’anatomia. Un pensiero del genere esiste probabilmente da tempo remoto, da quando gli esseri hanno iniziato a pensare di non voler appartenere né all’uno né all’altro genere, ma è rimbalzato nel nostro tempo all’attenzione soprattutto con la ventottenne cantautrice e attrice statunitense Demi Lovato che ha asserito di sentirsi soggetto “non binary”. Nata (ci scusiamo se, per mancanza di neutro, continuiamo a declinare al femminile) a Albuquerque nel Nuovo Messico (20 agosto 1992), Demetria Devonne Lovato (così è stata registrata all’anagrafe) ha origini messicane e irlandesi e pure italiane. Esordisce sul palcoscenico sin dall’infanzia, acquisisce in seguito notorietà con il film “Camp Rock” della Disney e viene molto elogiata per le particolari doti canore che le fruttano svariati riconoscimenti di prestigio. Vive comunque un’adolescenza frustante per gli atti di bullismo subiti, tanto da chiedere alla madre di proseguire gli studi in privato e da farsi poi portavoce di una organizzazione antibullismo. Ma fa anche altre esperienze traumatizzanti come la bulimia e l’assunzione di droghe, e deve a overdose tre ictus e un infarto che le hanno nel 2018 provocato, tra l’altro, una lesione cerebrale e problemi alla vista. Si è dichiarata prima bisessuale, poi pansessuale infine ha detto di identificarsi “non-binary” cambiando i suoi pronomi in quelli di genere neutro they/them. La Lovato, che ha pubblicato il suo settimo album, dichiara che l’approdo al neutro è frutto di autoriflessione: per lei il neutro è il pronome che meglio rappresenta la fluidità del genere, come in questo momento sente, quindi non uomo o donna ma entrambi, oppure altro. Nessun problema sarebbe per le lingue classiche, neppure per le germaniche e le slave che hanno il neutro lo è, mentre il problema sorge per l’italiano che, pur derivando dal latino, prevede solo i generi maschile e femminile. Già c’era l’altro problema del maschile cosiddetto sovraesteso (tra l’altro basta un nome maschile insieme a tanti altri femminili per declinare il plurale al maschile) al quale si è cercato di rimediare con l’asterisco o con la chiocciola oppure con lo schwa ( ǝ ), ad esso si è aggiunto ora la mancanza del neutro per i soggetti che si dichiarano “non binari”. Gran problema per quanti vogliono la lingua “inclusiva” dato che l’italiano declina per genere articoli, sostantivi, pronomi e aggettivi, ma non prevede il neutro. Per quanto riguarda il pronome they/them si è cercato di riportarlo a esso/loro, ma molte sono le incertezze. C’è poi chi, pensando al tantissimo di negativo che affligge l’umanità, ridimensiona il problema sostenendo che per qualsivoglia soggetto sono libertà e rispetto a dover essere poste all’attenzione, a dover contare.
Antonietta Benagiano