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Di Pasquale D’Aiuto, Avvocato.

La vita ne è piena: private, pubbliche, artistiche, sportive, belliche, persino umanitarie. A che servirebbe elencarle?

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Ma alcune sono particolari: se possibile, più gravi. Perchè minano persino quelle poche, semplici, piacevoli abitudini che, di tanto in tanto, noi comuni mortali, oppressi da mille e mille pensieri, ci concediamo per dimenticarci di noi stessi e di quanto sia difficile vivere.

La fine di quelle persone, su una funivia che avrebbe dovuto condurli ad un’oasi di (relativa) pace in altura, è inaccettabile. Non può essere possibile si tranci un cavo e, per giunta, i dispositivi di sicurezza non si attivino! Non è pensabile che una passeggiata in mezzo ai boschi si concluda con la morte per una ragione del genere.

Un fatto tale non implica la semplice colpa di qualcuno ma costituisce l’emblema più drammatico di quanto l’umanità possa essere cattiva. Scopriremo che, alla base della terribile fine di quei padri, di quelle madri di famiglia e dei loro piccoli, ancora una volta starà la disumanità di chi avrà tratto un misero vantaggio da un mancato controllo, una sostituzione rinviata, una riparazione arraffazzonata. Come per il ponte di Genova.

Sì, qui ci sono i morti ma la storia è sempre la stessa: come nella sanità, come nella giustizia, come nella scuola, tanti operano male, senza ritegno, rendendo la società inefficiente ed ingiusta. Ma qui, trattandosi di cavi e freni salva-vita, il risultato non è – che so – la mancanza di sapone nei bagni di un ospedale, la scomparsa dell’ascensore sociale, la presenza di milioni di disperati od ignavi che manco lo cercano più un lavoro oppure la penuria di carta, personale e molle per fascicoli nei tribunali: è la morte di 14 innocenti che volevano farsi soltanto una passeggiata in famiglia.

Ma il motivo, credete a me, è sempre lo stesso: la disonestà, la corruzione o – forse, peggio! – la disumana superficialità di troppi.

Sempre lo stesso, disarmante motivo.

 

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