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Spedali civili di Brescia: test rapido vincente per diagnosticare sommerso

Milano – “Chiediamo che i 13 milioni di euro stanziati in Lombardia per eradicare l’epatite C siano ripartiti equamente“. È la richiesta che arriva da Annamaria Martinelli, psichiatra e responsabile dei Servizi delle Dipendenze presso il dipartimento di Salute mentale dell’azienda socio sanitaria territoriale di Franciacorta, in occasione del corso di formazione ECM sulla gestione dei tossicodipendenti con epatite C, organizzato dal provider Letscom E3 con il contributo non condizionante di AbbVie. Il corso, dal titolo ‘Diagnosi precoce e trattamento dell’epatite C nel paziente utilizzatore di sostanze’, rientra nell’ambito di ‘HAND – Hepatitis in Addiction Network Delivery’, il progetto di networking a livello nazionale patrocinato da quattro società scientifiche (SIMIT, FeDerSerD, SIPaD e SITD) che dal 2019 coinvolge i Servizi per le Dipendenze e i Centri di cura per l’HCV afferenti a diverse città italiane.

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“Tali fondi- ha proseguito Martinelli- servono innanzitutto per ripartire quanto prima con le terapie farmacologiche, ma anche per reperire risorse umane perché siamo davvero in grave carenza. Ci serve un capitale umano che lavori, che sia specializzato e che abbia competenze per sviluppare il famoso ‘modello integrato’ di trattamento con gli specialisti, con i medici di medicina generale e con la medicina del territorio. È necessario lavorare tutti insieme in una logica di sistema e di condivisione degli obiettivi terapeutici, primo tra tutti quello dello sviluppo e del mantenimento di reti assistenziali ‘circolari’. Solo una circolarità, infatti, permette di far aderire il paziente ad una campagna di screening, di prenderlo in cura e di avere dei rimandi anche sugli esiti delle terapie. In questo senso è importantissimo informare tutta la popolazione sul fatto che le terapie sono efficaci ma non coprono da reinfezioni, per cui tutto il lavoro sulla prevenzione è indispensabile anche se complesso e oneroso”.

 

Si è detta intanto soddisfatta per i fondi messi a disposizione per l’HCV in Lombardia Angiola Spinetti, dirigente medico dell’Unità operativa di Malattie Infettive presso gli Spedali Civili di Brescia. “Sicuramente c’è molta soddisfazione per il fatto di avere finalmente a disposizione questi finanziamenti- ha detto- che possono permettere uno screening gratuito per le popolazioni finora rimaste fuori. Ora c’è tutto un sommerso che va diagnosticato e questi fondi, in particolare, saranno indirizzati per lo screening gratuito nei Ser.D., nelle carceri e per i soggetti nati dal 1969 al 1989. Questo ci permetterà di coprire una popolazione ampia che, molto probabilmente, non ha ancora attuato uno screening”. Questo importante afflusso di capitali, dunque, verrà utilizzato in Lombardia per le attività di screening con la strategia del test rapido. “È una strada vincente- ha commentato ancora Spinetti- perché il test rapido consente di ridurre le tempistiche di diagnosi ma soprattutto di ‘linkage to care’, permettendo al paziente di afferire direttamente ai centri di cura”.

 

Quanto alle terapie a disposizione, secondo Martinelli “finalmente” sono arrivati i nuovi farmaci “efficaci al 97-98%, contro il 50% e anche meno rispetto alla combinazione dell’interferone-ribavirina. Si tratta di farmaci molto più ‘veloci’ nel dare risposta- ha spiegato l’esperta- permettendo di avere una migliore compliance al trattamento da parte dei nostri pazienti”. In poche parole le nuove terapie hanno “rivoluzionato il mondo della cura dell’epatite C”, anche se Martinelli ha tenuto a sottolineare come tali trattamenti “seppur efficaci, non offrono alcuna protezione nei confronti del rischio di contrarre nuovamente l’infezione in futuro, per cui è importante continuare a ‘perseverare’ nel monitoraggio e nel follow up di questa patologia”.

 

In conclusione, Spinetti ha voluto evidenziare come i trattamenti siano a disposizione di “tutte le persone che ci vengono inviate: noi trattiamo i novantenni così come i ventenni, perché questa terapia rivoluzionaria ci permette appunto di ampliare molto il trattamento a tutti i pazienti in base all’età e alle patologie”.

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