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Pierfranco Bruni e il suo libro dei saperi “Il sottosuolo dei demoni” vive la spazialità  del tempo

di Carmen De Stasio

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Dal libro al suo valore.
Un libro è sollecitazione a inoltrarsi nel sottosuolo del sapere, concedendosi quale occasione da cogliere affinché il sapere stesso confidi nell’incessante scoperta. Così in “Il sottosuolo dei demoni” (Solfanelli editore) di Pierfranco Bruni.
Partendo dalle foglie minime di una curiosità appena accennata, il voler misurarsi con le vie e i modi intrapresi da un autore appare emblematico riscontro alla capacità di disporre di un’interazione, quanto di un’integrazione. E si parla coscientemente di saperi. Non assurga questa come imbastitura segnica, giacché un libro non è un segno di appartenenza chiuso nella nostra biblioteca; il libro è munifica direzione che si sceglie di percorrere e, se mi si concede, di soddisfare quello che è il principale innesco alla socialità.
Parrebbe improprio parlare di socialità attraverso l’indagine su un libro, ma così non è: se si riflette – come sarebbe opportuno per individui pensanti – in maniera congrua e robusta, il libro consente una spazialità in evoluzione. Come sovente mi accade di scrivere-dire, il libro è un territorio dotato di tale vastità da non prevedere la sosta, se non per fertilizzare ulteriori percorrenze. Viepiù, il suo valore è nel «volere» disporsi al confronto – mi si perdoni l’assonanza – affinché il conoscere non già si disperda come espediente di narcisistico incanto, bensì delinei la traiettoria rappresentativa di un apprendimento permanente. Un apprendimento agente, creativo e inventivo in un sol tempo – come ho più volte evidenziato.
Orbene, il libro di Pierfranco Bruni può delinearsi come un’opportunità che guidi al voler conoscere, manifestandosi come congiunzione di saperi attraverso percorsi di apprendimento, gli stessi che, insieme ad innumerevoli altri, conseguono un unico risultato – per altro giammai declinato a una finitezza improbabile –: mi riferisco alla tessitura che, prendendo in esame un copioso numero di pensatori – così come presentati nel volumetto – invero, consente un’immagine integrativa dei percorsi di ciascuno e coniugati costantemente con l’agire possibile; un agire che – attraverso il territorio della parola – è altresì foriero di sollecitazioni immaginali, quanto di sollecitazioni immaginative, in grado, cioè, di produrre fasi di una conoscenza che si dipana tanto nell’attraversamento, che nella divergenza; portatori essi stessi – ed essi stessi nella tessitura che Bruni offre al lettore – di climi intellettivi derivanti dall’osservarsi-osservare intorno, là dove l’intorno corrisponde a un’immagine di realtà contemporanee e che si legano – senza interruzioni – a cadenze pregresse e proiettive.
Per queste vie si concepisce il modo in cui la trattazione di tematiche calibrate sulle meditazioni sia immagine di un costrutto a-tempico, possedendo una trasparente variazione senza fratture, in grado di generare, in un sol tempo, il controllo delle idee insieme al controllo della forma abitabile della scrittura; una scrittura dinamica e, per certi aspetti, olofrastica, in quanto capace di determinare – nella sua identitaria articolazione – l’intenzione nella sintesi.

Carmen De Stasio

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