Da certe statistiche sembrerebbe che ormai in Italia i cani sono oltre 30 milioni (senza contare i randagi, che vivono comunque a spese della società umana), questi animali (dichiarati da compagnia) non potrebbero sopravvivere allo stato naturale. Se sono in vita e sono diventati così numerosi è solo perché vengono nutriti e curati artificialmente dall’uomo che li protegge mentre sfrutta forsennatamente a tale scopo altre specie animali.
Io personalmente sono un vegetariano e perciò tendo a rispettare tutti gli animali, indifferentemente dalla loro natura, in passato (preso da una foga “umanitaria”) cercai di far convivere diverse specie di animali. L’esperimento però mi insegnò che in natura prevalgono altre leggi rispetto a quelle dell’etica umanitaria. (Vedi: http://riciclaggiodellamemoria.blogspot.com/2021/09/la-forza-del-destino-nel-tempio-della.html)
Qui faccio una piccola disgressione. Ve la ricordate la storia simbolica di Caino ed Abele? In realtà Caino era il buono, che coltivava le messi, e Abele il cattivo che ammazzava gli animali. Negli archetipi rovesciati è accaduta la stessa cosa con il serpente che nella tradizione matristica era simbolo di saggezza mentre nella bibbia viene descritto come incarnazione del demonio. L’assurdo è che la sua colpa fu quella di trasmettere “la conoscenza del bene e del male” all’umanità… che invece preferisce restare ebete…
Tornando ai cani c’è da dire che originariamente la loro domesticazione era legata al contributo da essi offerto per la pastorizia e per la caccia, quindi -in un certo senso- essi aiutando l’uomo si “guadagnavano la pagnotta”, altrettanto può dirsi dei gatti che aiutavano gli agricoltori a tenere sani i loro granai (mangiandosi i topi), ed anche in questo caso può parlarsi di “collaborazione” tra specie diverse. (Ma anche nello stato selvatico prevaleva una legge naturale tra predatori e predati. Ad esempio il sistema di caccia dei lupi è di aggredire in branco e prelevare solo la vittima “sacrificata” dal gregge. Ci si limitava ad una “vittima”)
Poi qualcosa andò storto ed il rapporto mutualistico tra l’uomo ed il cane mutò in rapporto di dipendenza reciproca. Il fatto è che oggi gli umani si identificano con i loro cani ai quali vorrebbero assomigliare, per questo vediamo una esemplificazione tra la scelta di cani cattivi (da guardia o da difesa) o cani puffi da coccolare in sostituzione di altri affetti mancanti. La fusione identitaria portata alle estreme conseguenze…. fa sì che si consenta al cane (od al gatto) di rappresentare quel che in natura non potrebbe mai accadere, viziandolo e snaturandolo. Facendone un complice della società dei consumi e dello sfruttamento delle altre specie. I cani (ed i gatti) sono nutriti come persone, con delicatessen costose, tutte ricavate a spese di altri animali e senza sforzo alcuno da parte dei beneficiati di tanto “affetto”.
Come segno di “civiltà” persino nella società induista e musulmana, in cui il cane viene considerato animale “impuro”, cominciano ad esserci sempre più cani da compagnia…(prima non esistevano ma anche lì ormai l’imitazione occidentale ha rovesciato i valori) mentre stanno quasi scomparendo i famosi cani spazzini che vivevano ai bordi del villaggio nutrendosi di rifiuti… (mica di scatolette).
Tutto questo racconto per significare che la società dei consumi ha stravolto la naturale considerazione verso gli animali. Dividendoli in specie protette e specie da sfruttare. Infatti il nostro reciproco rapporto è andato nel corso di questo ultimo secolo deteriorando sino al punto che una parte di essi, come i cani ed i gatti, son diventati animali “d’affezione”, mentre la stragrande maggioranza degli altri, un tempo simboli di vita, totem, archetipi e divinità, sono relegati nelle riserve o negli zoo ed utilizzati come cavie o produttori di carne da macello, come fossero “oggetti” e non esseri viventi dotati di intelligenza, sensibilità e coscienza di sé.
Ma qui mi fermo non voglio offendere nessuno ed in verità debbo ammettere che, a modo mio, anch’io amo i cani…
Paolo D’Arpini