A libro finito, ho quasi subito provato un profondo desiderio di tradurlo. O meglio: prima di tutto ho sentito il desiderio che altri lettori italiani, anzi “tutti i lettori italiani del mondo”, perché frequentando Annette, si pensa in grande, avessero la possibilità di leggerlo, di ascoltarlo. Parlava così profondamente di noi, dell’Europa, di quell’Africa a noi così vicina. Parlava della nostra storia comune.
Agnese Grieco a proposito di Annette di Anne Weber
Come tradurre un poema eroico che parla di noi
Nessuno sarebbe stato più adatto di Agnese Grieco a rendere in italiano il testo originale di Annette, un poema eroico: oltre ad essere traduttrice, Grieco è infatti anche drammaturga, scrittrice e regista teatrale da anni al lavoro tra Italia e Germania. Competenze fondamentali per tradurre il libro di Anne Weber sulla vita incredibile di Anne Beaumanoir, scritto in versi come un poema epico greco, a metà tra letteratura e teatro.
Un libro inaspettato dalla forza straordinaria, attraverso il quale un’autrice tedesca rende onore alla vita di un’eroina francese del Novecento. In Germania è stato un grande successo letterario: nel 2020 è stato nominato il romanzo dell’anno, vincendo il prestigioso Deutscher Buchpreis. In Italia è attualmente candidato al Premio Strega Europeo, di cui conosceremo gli esiti il 17 ottobre.
E’ stata proprio Agnese Grieco a raccontarci il suo entusiasmo per Annette come lettrice e il suo approccio al poema in versi scritto da Anne Weber come traduttrice.
Nota del traduttore: Agnese Grieco racconta il suo incontro con Annette di Anne Weber
Il traduttore all’inizio è un lettore. Tra l’insieme di oggetti che popolano il mondo, egli si imbatte in un testo straniero, anzi straniero due volte: non solo il testo è l’atto di una coscienza altra, ma è anche qualcosa che ha preso forma in un’ altra lingua. Tradurre sarà allora imitare l’atto mentale di un altro e filtrarlo attraverso il sistema linguistico il cui uso ci è più familiare“.
Jean Starobinski su Denis Diderot, filosofo, scrittore e traduttore
Incontro. Lettura. Imitazione. Soggettiva
Mi sono imbattuta in Annette, ein Heldinnenepos quasi per caso.
Berlino. Agosto 2020. Vado a parlare con un editore tedesco per firmare il contratto di un mio libro e alla fine della conversazione, lui, gentilmente, salutandomi con un sorriso, mi regala, come fa ogni volta, due volumi della sua casa editrice. Uno dei due era Annette, ein Heldinnenepos di Anne Weber. Ammetto che di questa autrice prima non avevo mai letto nulla.
La sera stessa comincio a leggere il libro e lo divoro. Sì, in effetti, non è un testo voluminoso, tuttavia non sempre succede così.
A libro finito, ho quasi subito provato un profondo desiderio di tradurlo. O meglio: prima di tutto ho sentito il desiderio che altri lettori italiani, anzi “tutti i lettori italiani del mondo”, perché frequentando Annette, si pensa in grande, avessero la possibilità di leggerlo, di ascoltarlo. Parlava così profondamente di noi, dell’Europa, di quell’Africa a noi così vicina. Parlava della nostra storia comune. Con la vicinanza e la lontananza di un canto epico. Era familiare eppure altro.
In seguito, come a volte accade, il desiderio si è realizzato. Annette, ein Heldinnenepos mi è stato di fronte sul leggio per alcuni mesi, sulla scrivania. All’esemplare tedesco si è aggiunta subito Annette, une epopée, la versione francese, anch’essa di Anne Weber. Una specie quindi di secondo originale, che mi permetteva di ascoltare l’autentica voce dell’autrice anche in un’altra lingua. Occasione rara per un traduttore. Non priva di incognite.
Fin da subito mi sono trovata a dover affrontare una particolare polifonia. Triangolare. (Ad un primo livello.) C’erano il testo tedesco di Anne Weber e la sua versione francese, ma anche le parole “autentiche”, e non solo le azioni e i pensieri, dell’eroina Anne Beaumanoir. Un’eroina che, come si dice a inizio del libro,
Esiste, sì, esiste anche in un luogo che/non sono queste pagine, ma è Dieulefit,/in italiano Dio-lo-fece, nel Sud della Francia.
Certo: sono andata a cercare in internet tutto quello che potevo trovare su questa resistente bretone. E ho trovato. Molto. Immagini. Interviste. Anche una sua biografia. (Come ha scritto Anne Weber, il suo libro invece non è la “ biografia autorizzata” di una partigiana tra Francia e Algeria.)
Annette, un poema eroico è altro. Un poema appunto. Un canto. E se il racconto epico, l’epos, trae le sue origini dall’oralità, dal racconto di fronte ad un pubblico che ascolta, ma può essere anche una sola persona – anche solo il Lettore – allora il libro doveva, in italiano, riuscire a parlare in quel modo. A ridare le onde, i galoppi, ma anche i larghi, le pause, le sospensioni, gli incisi, la flessibilità del testo. Quella di Anne Weber è una prosa metodologicamente dialogante, in cui l’autore descrive, fa agire, ma anche interroga la sua eroina, la Storia, e noi, i lettori, a cui Anne Weber spesso si rivolge. Direttamente. E all’improvviso. Guardandoci negli occhi. Giocando, appunto, con la situazione dell’ascolto. E chiamando, a seconda del caso, come ulteriori testimoni, Camus o Malraux o Petite Marthe e Mémère.
Accelerando, largo, trattenuto, pausa, silenzio
Annette, un poema eroico possiede una marcata partitura ritmica, che utilizza tempi diversi all’interno di un’unica grande corrente. E con tempi, intendo anche qualcosa come i cosiddetti tempi comici, gli attimi di ripensamento, “ le entrate in scena” tanto quanto “le uscite di scena”.
E poi le immagini, piccoli gioielli, là dove il ritmo sembra fermarsi per avvicinarsi alla densità rarefatta (e lo so che è una contraddizione) della poesia.
In questi casi mi sono trovata di fronte alla necessità di una decisa presa di posizione rispetto “all’altra lingua”. Spesso ho allora privilegiato la qualità sonora oltre che la resa di un ritmo.
Così in un passaggio, circa a metà testo, ho ripetuto coscientemente il termine “svolta” per mantenere l’assonanza di “Wende” e “Wendung” in tedesco. Oppure nella sospensione aerea dell’immagine, dato che qui si tratta di destino, ma anche di un “ colpo di fulmine”, di un innamoramento, mi sono permessa di ricordare che i fenicotteri sono di colore rosa. Lasciando così i fenicotteri da soli nell’ultima riga. Del resto il libro tutto, nonostante la tenace lotta contro la Storia, è percorso da una corrente di sottile ironia e autoironia.
Von jetzt an wird noch einmal alles anders: es kommt
die Wende innerhalb der Wendung, die später die
Erinnerung an Tunis, an Tunesien färben wird in das
allerersten Tag noch vom anfliegenden Flugzeug aus
erschaute Licht, den Sonnenstaub, in dem
Flamingowolken flimmern.
D’ora in poi tutto sarà ancora una volta diverso.
Una svolta nella svolta, che in seguito colorerà
il ricordo di Tunisi e della Tunisia di quella luce
vista già il primo giorno, dall’aereo ancora in volo,
polvere di sole, dentro cui brillano nuvole rosa
come fenicotteri.
Ho letto e riletto spesso a voce alta il testo tradotto, saggiando gli a capo e la punteggiatura che dovrebbero fermare il lettore o farlo correre alle parole che seguono. Per ottenere il particolare movimento che mi sembrava animare il tedesco mi sono dovuta per forza allontanare dall’originale – anche dal secondo originale francese – dato che il costrutto delle lingue non permetteva il mantenimento continuo degli stessi “ a capo”, un’identica strutturazione delle righe, né tantomeno della punteggiatura. In questo lavoro mi ha aiutato la conoscenza e pratica del teatro. O perlomeno a questa dimensione, a me familiare, mi sono, anche, affidata. Del resto Annette, un poema eroico in Germania nel febbraio del 2022 salirà in palcoscenico. Ad Hannover. Cercherò di essere tra il pubblico.