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Iran: L’omicidio del dottor Kazem Rajavi dovrebbe essere indagato come genocidio e crimine contro l’umanità

Il Tribunale penale federale svizzero ordina alla Procura federale di indagare sull’omicidio del dottor Kazem Rajavi come genocidio e crimine contro l’umanità

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Nel suo verdetto finale emesso il 23 settembre 2021, il Tribunale penale federale svizzero ha deciso di indagare sul caso dell’assassinio vicino a Ginevra nel 1990 del dottor Kazem Rajavi, un rappresentante in Svizzera del Consiglio Nazionale della Resistenza dell’Iran, non come un caso di “omicidio”, ma come “genocidio” e “crimine contro l’umanità”. Il Tribunale penale federale ha ordinato all’ufficio del procuratore federale di aprire un’indagine sul crimine. La corte fa riferimento all’argomentazione del querelante secondo cui il professor Rajavi fu assassinato nel 1990 in seguito al massacro di 30.000 prigionieri politici nel 1988, che dovrebbe essere legalmente qualificato come genocidio e crimine contro l’umanità. In questo modo, non ci sarebbe questione di imprescrittibilità nel caso.

L’assassinio del dottor Rajavi fu eseguito da un commando di 13 membri inviato da Teheran su ordine diretto dell’allora ministro dell’Intelligence Ali Fallahian, contro il quale un tribunale svizzero ha emesso un mandato di arresto internazionale nel 2006.

Dopo l’assassinio del dottor Rajavi, primo ambasciatore dell’Iran presso la sede europea delle Nazioni Unite dopo la caduta dello scià, il procuratore svizzero del cantone di Vaud avviò un’indagine penale contro 13 persone accusate del crimine e contro Ali Fallahian per aver istigato l’assassinio. Nel 1997 fu emesso un mandato di arresto internazionale contro queste 13 persone.

Estratti dal testo della decisione come retroscena:

Nonostante approfondite indagini, “il Pubblico Ministero del Cantone di Vaud, Divisione affari speciali, con avviso del 28 maggio 2020, ha comunicato ai ricorrenti l’intenzione di chiudere il predetto procedimento non appena decorso il termine di prescrizione trentennale raggiunto. Successivamente, la Resistenza iraniana ha dichiarato che gli atti commessi dagli accusati erano esempi di genocidio e crimini contro l’umanità e non dovrebbero essere soggetti alla prescrizione di 30 anni. La Resistenza iraniana ritiene che l’assassinio del dottor Kazem Rajavi sia stato “in relazione diretta con il massacro di trentamila prigionieri politici, perpetrato in Iran nella seconda metà dell’anno 1988 sotto la copertura della fatwa pronunciata dal Leader Supremo Khomeini”.

Dall’aprile 2020, la questione dell’assassinio del dottor Kazem Rajavi nell’ambito del crimine contro l’umanità e del genocidio è stata oggetto di numerose discussioni legali e decisioni tra il pubblico ministero del Canton Vaud e il pubblico ministero della Confederazione, che non vedeva alcun motivo per intervenire nella faccenda e istruirla ulteriormente. Per 30 anni la Procura del Cantone di Vaud ha trattato il caso come un caso di “omicidio”, ma casi come genocidio e crimini contro l’umanità sono di competenza esclusiva della Procura della Confederazione.

A seguito di questi scambi, il caso nel febbraio 2021 è stato infine inviato al Tribunale penale federale, sezione denunce, dove è stato esaminato.

Secondo la Corte, contrariamente al parere della Procura federale, “per crimini di portata storica, come il genocidio e i crimini contro l’umanità”, l’imprescrittibilità dovrebbe essere mantenuta, e il fatto che siano trascorsi trent’anni da quando il crimine è stato commesso non porrà fine all’inchiesta.

Secondo la legge, «è punito con una pena detentiva all’ergastolo o con una pena detentiva non inferiore a dieci anni chiunque, con l’intenzione di distruggere in tutto o in parte un gruppo nazionale, razziale o religioso, etnico, sociale o politico, in quanto tale, uccide membri del gruppo o mina gravemente la loro integrità fisica o mentale”.

Secondo la Corte, “dagli elementi accertati durante le indagini risulta che l’esecuzione di K. Rajavi, attivista del Consiglio Nazionale della Resistenza Iraniana, allora sotto la tutela dell’asilo politico in Svizzera dal 1981, era già stata decisa e ordinata nel 1982 o 1983 da Fallahian, ministro dell’Intelligence e degli Affari di Sicurezza della Repubblica Islamica dell’Iran e incaricato di dirigere l’esecuzione degli oppositori del regime. Ai fini della pianificazione del delitto in questione, commando iraniani si recarono in Svizzera tre volte tra l’ottobre 1989 e l’aprile 1990. Durante l’ultimo viaggio, il commando costituito e composto da tredici persone con passaporto di servizio iraniano recante la menzione “in missione” sorvegliò la vittima per diversi giorni prima di agire il 24 aprile 1990. Tesero un’imboscata non lontano da casa sua con due veicoli, i cui occupanti aprirono il fuoco con una pistola mitragliatrice da 9 mm.

Il signor Rajavi fu ucciso sul posto. Gli assassini lasciarono il suolo svizzero nelle ore successive al delitto e da allora sono stati oggetto di mandati d’arresto internazionali emessi dalle autorità svizzere, mandati che oggi sono stati revocati.

“La Procura della Repubblica del Cantone di Vaux ha anche dimostrato che l’eliminazione degli oppositori iraniani era in atto in diversi Paesi europei. Omicidi furono compiuti tra il 1987 e il 1993 ad Amburgo, Vienna, Ginevra, Londra, Dubai e Parigi. Fallahian fu posto sotto mandato di cattura internazionale da tribunali penali tedeschi nel 1996 per avere svolto un ruolo fondamentale nell’assassinio di oppositori e dalle autorità argentine nel 2003 per avere organizzato e coordinato un attentato dinamitardo presso la sede dell’Associazione Mutualità Israelita Argentina (AMIA) a Buenos Aires. Nel 2006 le autorità svizzere hanno anche emesso contro di lui un mandato d’arresto internazionale nell’ambito del presente caso”.

Il Tribunale federale ha quindi respinto le argomentazioni della Procura della Confederazione e le ha ordinato di indagare sul caso nell’ambito di crimini contro l’umanità e genocidio. La Corte ha anche ordinato alla Procura confederale di pagare le spese processuali a favore del Consiglio Nazionale della Resistenza Iraniana.

 

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