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Covid-19, Siria settentrionale: Save the Children, un bambino di 20 giorni e una ragazza incinta di 17 anni morti per coronavirus. A causa della variante Delta, in un solo mese aumento dei casi del 144%.

Mancano i test molecolari, i letti nei reparti di terapia intensiva, i dispositivi di protezione individuale e altri servizi sanitari. L’Organizzazione esorta la comunità internazionale a sostenere e finanziare la risposta in Siria.

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Un bambino di 20 giorni e una ragazza incinta di 17 anni sono tra le ultime vittime di Covid-19 in Siria settentrionale, dove il numero dei contagi continua a crescere rapidamente. Questo è quanto riporta Save the Children, l’Organizzazione internazionale che da oltre 100 anni lotta per salvare i bambini a rischio e garantire loro un futuro.

L’Organizzazione ha invitato la comunità internazionale, in particolare i paesi che hanno già somministrato dosi sufficienti di vaccino, a sostenere e finanziare con urgenza le autorità competenti e le ONG nella lotta contro la pandemia e ad aiutare i bambini colpiti.

Già un mese fa Save the Children aveva segnalato un rapido incremento dei casi di Covid-19 in Siria nord-occidentale, soprattutto a causa della variante Delta, con solo una decina di posti rimasti liberi in terapia intensiva.

Da agosto a settembre i casi positivi in Siria nord-occidentale sono aumentati del 144% arrivando il 28 settembre a un totale di 71.715 casi e 1.151 morti[1]. Nell’area, tra cui anche nei campi di Roj, Al Hol, Washukani e Areesha, dall’inizio della pandemia ci sono stati 27.296 casi di Covid-19 e 908 morti. I casi confermati di coronavirus sono aumentati significativamente negli ultimi mesi, salendo di oltre il 26% da agosto a settembre[2].

“Ogni morte per Covid-19 è una morte di troppo, ma è devastante sapere che sono morti anche un bambino e una ragazza di 17 anni. Sono ormai due anni che circola il virus e sappiamo bene che non sparirà da un momento all’altro. Senza fondi immediati i casi continueranno ad aumentare e migliaia di bambini che vivono in condizioni terribili in qualche parte del mondo non avranno nemmeno l’opportunità di accedere agli aiuti di base che forniamo loro. Il mondo non deve voltare lo sguardo” ha dichiarato Sonia Khush, responsabile di Save the Children per la risposta in Siria.

Oltre al neonato di 20 giorni e alla ragazza di 17 anni di Idlib, la scorsa settimana è morto di Covid-19 anche un insegnante che lavorava con l’organizzazione partner ATAA in un centro mobile supportato da Save the Children in Siria nord-occidentale. Un suo collega, Ammar*, racconta come trattasse i suoi alunni come figli e fosse molto apprezzato dai genitori degli studenti. “Mi ha detto di sentirsi molto stanco e sospettava di avere il Covid-19, così si è fatto immediatamente il test. All’ospedale pubblico non ha ricevuto cure adeguate e quindi è stato trasferito in un ospedale privato ma solo all’ultimo minuto perché non poteva permetterselo. La sua situazione è peggiorata rapidamente dopo essere arrivato in ospedale ed è poi deceduto”.

Oltre ad essere un’emergenza di sanità pubblica, gli aiuti e i servizi salvavita non riescono ad arrivare alle persone a causa dei ripetuti lockdown, lasciandole vivere in condizioni terribili, tra le peggiori al mondo.

Save the Children continua a fornire servizi salvavita, tra cui buoni pasto e protezione dell’infanzia, nei campi di Roj, Al Hol, Washukani e Areesha in Siria nord-occidentale, ma molti altri servizi sono stati sospesi, tra cui gli spazi di apprendimento temporanei, spazi a misura di bambino e aree mamme, avendo un impatto su circa 8.615 bambini.

Dal 25 settembre le scuole in Siria nord-occidentale sono state chiuse, costringendo 12.278 bambini iscritti nelle strutture educative supportate da Save the Children a ritornare all’apprendimento a distanza[3], dovendo lottare contro le limitazioni all’accesso a Internet e all’elettricità.

Mancano inoltre i test molecolari, i letti nei reparti di terapia intensiva e altri servizi sanitari, tra cui i dispositivi di protezione individuale.

“Davanti ai centri di isolamento e agli ospedali di Idlib c’è un grande affollamento e ci sono code all’esterno. In questo momento abbiamo raggiunto il picco dell’epidemia a Idlib. Non c’è quasi più spazio negli ospedali e nei centri di isolamento: gli ospedali sono pieni quasi al 99%. Inoltre, i campi sono sovraffollati e il tasso di diffusione del virus è molto pericoloso” ha detto Bassam*, supervisore del Community Care Center di Violet, organizzazione partner di Save the Children.

Save the Children chiede più finanziamenti per supportare la creazione e l’allestimento di centri di trattamento e cliniche, con più letti in terapia intensiva e ventilatori di ossigeno per trattare i casi più critici. C’è un disperato bisogno di finanziamenti anche per sostenere gli studenti che seguono le lezioni a distanza e per garantire che abbiano gli strumenti e i materiali didattici necessari.

In Siria nord-occidentale, Save the Children fornisce servizi tra cui gestione dei casi e assistenza per la protezione individuale per casi urgenti, supporto individuale per l’alimentazione di neonati e bambini piccoli per le madri che allattano, lavori di ripristino e costruzione ove necessario e sessioni di sensibilizzazione sul Covid-19. Inoltre, i centri di assistenza temporanea sono ancora operativi e i nostri team stanno preparando misure di mitigazione nel caso in cui i lockdown vengano estesi e le lezioni tornino alle modalità di apprendimento a distanza.

Per sostenere gli interventi di Save the Children in Siria: https://www.savethechildren.it/dona-emergenza-siria

 

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