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di Mauro Covino, Funzionario Formez, studioso e docente di Comunicazione, Componente Direttivo Ferpi Lazio e Responsabile dell’Osservatorio sull’Andamento del Digitale Italiano dell’AIDR

Ho avuto modo recentemente di confrontarmi con il Direttore Generale del Censis Massimiliano Valerii sull’indagine condotta da questo importante Centro di Ricerca sulla Comunicazione.

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La rilevazione ci segnala come la Pandemia ha prodotto una straordinaria accelerazione del paradigma biomediatico.

La presentazione del 17° Rapporto sulla Comunicazione del CENSIS “I media dopo la pandemia” ci consente infatti di riflettere sul ruolo che i media hanno avuto durante questo straordinario ed imprevisto evento che ha rappresentato l’alba di una nuova transizione digitale, che adesso coinvolge anche coloro che finora non erano stati coinvolti.

Durante tale fase i dispositivi digitali hanno garantito la continuità di molte attività, pubbliche e private: dalle relazioni affettive e sociali al commercio elettronico, dallo Smart Working alla didattica a distanza. In questa drammatica circostanza si è rivelato il lato positivo della disintermediazione digitale. Ma cosa resterà dopo lo stato d’eccezione? Quali tendenze si consolideranno in maniera strutturale e quali invece si riveleranno solo congiunturali, svanendo di colpo una volta che ci saremo lasciati alle spalle la fase di emergenza?

Ma veniamo ai dati che emergono dalla Ricerca.

Nel 2021 la fruizione della Televisione ha conosciuto un incremento rilevante, per effetto sia dell’aumento dei telespettatori della tv tradizionale (il digitale terrestre: +0,5% rispetto al 2019) e della tv satellitare (+0,5%), sia del boom della tv via internet (web tv e smart tv salgono al 41,9% di utenza: +7,4% nel biennio) e della mobile tv, che è passata dall’1,0% di spettatori nel 2007 a un terzo degli italiani oggi (33,4%), con un aumento del 5,2% solo negli ultimi due anni. Tendono a crescere quindi sia gli usi tradizionali della televisione, sia quelli innovativi.

La Radio continua a rivelarsi all’avanguardia all’interno dei processi di ibridazione del sistema dei media. Complessivamente, nel 2021 i radioascoltatori sono il 79,6% degli italiani, stabili da un anno all’altro. Se la radio ascoltata in casa attraverso l’apparecchio tradizionale perde 2,1 punti percentuali di utenza e l’autoradio 3,6 punti (penalizzata dalle limitazioni alla mobilità causate dall’emergenza sanitaria), aumenta l’ascolto delle trasmissioni radiofoniche via internet con il pc (lo fa il 20,2% degli italiani: +2,9%) e attraverso lo smartphone (lo fa il 23,8%: +2,5%).

Si registra ancora un aumento dell’impiego di Internet da parte degli italiani. L’utenza ha raggiunto quota 83,5%, con una differenza positiva di 4,2 punti percentuali rispetto al 2019. L’utilizzo degli smartphone sale all’83,3% (con una crescita record rispetto al 2019: +7,6%). E lievitano complessivamente al 76,6% gli utenti dei social network (+6,7%).

Sembra essersi arrestata l’emorragia di lettori di Libri, che nel 2021 sono il 43,6% degli italiani, con un aumento dell’1,7% rispetto al 2019 (sebbene nel 2007 chi aveva letto almeno un libro nel corso dell’anno era il 59,4% della popolazione). Se si considera che chi ne ha letti più di 3 costituisce una fetta pari al 25,2%, si può affermare che il lockdown ha senz’altro prodotto un riavvicinamento alla lettura. Si registra anche un incremento dei lettori di e-book, pari oggi a un italiano ogni dieci (l’11,1%: +2,6%).

Al contrario, si accentua la crisi ormai storica dei Media a Stampa, a cominciare dai quotidiani venduti in edicola, che nel 2007 erano letti dal 67,0% degli italiani, ridotti al 29,1% nel 2021 (-8,2% rispetto al 2019). Lo stesso vale per i settimanali (-6,5% nel biennio) e i mensili (-7,8%).

Tra i giovani (14-29 anni) c’è stato un ulteriore passo in avanti nell’impiego dei media, in generale, e delle piattaforme online, in particolare. Il 92,3% utilizza WhatsApp, l’82,7% YouTube, il 76,5% Instagram, il 65,7% Facebook, il 53,5% Amazon, il 41,8% le piattaforme per le videoconferenze (rispetto al 23,4% riferito alla popolazione complessiva), il 36,8% Spotify, il 34,5% TikTok, il 32,9% Telegram, il 24,2% Twitter. Anche tra i più anziani (65 anni e oltre) qualcosa si muove, visto che l’impiego di internet sale notevolmente (dal 42,0% al 51,4%) e gli utenti dei social media aumentano dal 36,5% al 47,7%. Il bisogno di mantenere un contatto, almeno virtuale, con i propri cari nel periodo del più rigido isolamento deve aver giocato un ruolo non indifferente nella confidenza acquisita con la rete dagli ultrasessantacinquenni.

Anche l’andamento della Spesa delle famiglie per i Consumi Mediatici nell’intervallo di tempo tra il 2007 e il 2020 evidenzia come, mentre il valore dei consumi complessivi ha subito una drastica flessione, senza ancora ritornare ai livelli precedenti la grande crisi del 2008 (-13,0% in termini reali è il bilancio alla fine del 2020, con l’aggravamento dovuto alla recessione dell’anno scorso), la spesa per l’acquisto di telefoni ed equipaggiamento telefonico ha segnato anno dopo anno un vero e proprio boom, di fatto moltiplicando per oltre cinque volte il suo valore (+450,7% nell’intero periodo, per un ammontare di 7,2 miliardi di euro nell’ultimo anno), quella dedicata all’acquisto di computer, audiovisivi e accessori ha conosciuto un rialzo rilevantissimo (+89,7%), mentre i servizi di telefonia hanno conosciuto un assestamento verso il basso per effetto di un radicale riequilibrio tariffario (-21,1%, per un valore comunque pari a 14,6 miliardi di euro sborsati dalle famiglie italiane nell’ultimo anno) e, infine, la spesa per libri e giornali ha subito un vero e proprio crollo dal 2007 (-45,9%).

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