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Appello

SOLidarietà con LA POPOLAZIONE IRANIANA CHE MANIFESTA PER L’ACQUA, CONDANNARE LA SANGUINOSA REPRESSIONE DEL REGIME

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Dopo mesi di tentativi disperati di ottenere il diritto all’irrigazione, i contadini di Isfahan stanno attuando una nuova serie di manifestazioni dal 7 novembre, decisi a rimanere sul letto del fiume prosciugato di Zayandeh Rud fino a quando il regime manterrà la sua promessa dell’estate scorsa e riverserà acqua nel fiume. Il regime ha letteralmente rubato la loro acqua, bloccandola con diverse dighe costruite dall’IRGC (Corpo delle Guardie Rivoluzionarie) e deviandola verso strutture di proprietà statale senza un piano di gestione responsabile del territorio. Sebbene Isfahan si trovi in una regione arida e semi-arida, il tipo di industria insediata, siderurgica e petrolchimica, richiede molta acqua. Negli ultimi giorni, forze di sicurezza dello Stato e unità speciali dell’IRGC hanno attaccato i contadini con autoveicoli e motociclette, usando gas lacrimogeni e dato fuoco alle loro tende. In diverse località, le forze repressive hanno aperto il fuoco sui manifestanti usando pistole ad aria compressa e gas lacrimogeni. Almeno 50 manifestanti sono stati feriti, molti alla testa. Il regime ha interrotto Internet a Isfahan e in altre città per impedire la copertura delle notizie e la diffusione della rivolta. Tuttavia, giovani ribelli e agricoltori hanno continuato la mobilitazione e le loro richieste sono ormai politiche, con slogan contro il regime e i suoi crimini.

Su 85 milioni di abitanti dell’Iran, circa 28 milioni vivono in aree con scarsità d’acqua, principalmente nelle regioni centrali e meridionali del Paese. La crisi idrica è dovuta alla costruzione non scientifica di dighe multiple, all’esecuzione di grandi progetti industriali in regioni aride o semi-aride e al trasferimento di acqua per perseguire progetti militari. Prima della rivoluzione del 1979, c’erano solo 30 dighe in tutto l’Iran, ma ora 1.330 dighe sono in varie fasi di funzionamento, implementazione o studio, mentre centinaia di migliaia di agricoltori non hanno mezzi per irrigare le loro terre. Il sostentamento di circa 300.000 contadini di Isfahani è legato al fiume Zayandeh Rud. Il cedimento del terreno a Isfahan è così grave che alcuni esperti ritengono che se non verrà trovata una soluzione immediata ed efficace, fra 10 anni la città non sarà abitabile.

La popolazione sa che il regime non è disposto a rispondere alle sue rivendicazioni se non con maggiore oppressione. Da quando Ebrahim Raisi è diventato presidente, in pochi mesi sono stati nominati governatori 15 comandanti dell’IRGC. Ormai la richiesta generalizzata in tutte le proteste è il cambio di regime.

Già nel luglio scorso in molte città del Khuzestan migliaia di persone, stremate dalla crisi della siccità, erano scese in piazza; allora 12 manifestanti furono uccisi e decine feriti. Rivolte sono avvenute anche in Sistan e Baluchestan. Nella rivolta in tutto l’Iran del novembre 2019, le forze repressive spararono sui manifestanti uccidendo oltre 1.500 persone; gli arrestati furono circa 12.000, sottoposti sistematicamente a torture.

Spetta alla comunità internazionale chiamare il regime a rispondere di tutte le sue atrocità, del terrorismo e del bellicismo, nonché del suo programma di acquisizione dell’arma atomica. I crimini contro l’umanità commessi dal regime iraniano non devono restare impuniti.

Chiediamo al governo italiano, all’Unione Europea e ai competenti organismi internazionali di condannare la violenta repressione in atto ed esprimiamo la massima solidarietà con la popolazione iraniana, vittima di un regime oppressivo e costretta ora a lottare anche per il diritto essenziale all’acqua e quindi alla sopravvivenza e chiedere  la fine della repressione del popolo iraniano da parte del regime.

Comitato Italiano  Parlamentari per un Iran Libero

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