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La Granbretagna non passa inosservata

 

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Conservatorismo, lingua, architettura, libera economia, alta formazione, cultura, matrimoni rivoluzionari, tutto questo e molto altro ancora rende la Gran Bretagna un paese speciale. Da tempo la sua politica si serve di queste caratteristiche per «conquistare» territori.

 

Se ancora centocinquanta anni fa l’Impero Britannico guadagnava terreno con difficoltà, oggi, attraverso lo sviluppo della monarchia, della cultura e dei progetti educativi, le sue ex colonie arrivano a identificarsi con il patrono posizionando nelle loro bandiere i simboli del Regno Unito. Questo traguardo della politica estera si chiama «soft power», uno dei modi più promettenti per realizzare e conservare il proprio potere nel mondo.

 

La diplomazia britannica allarga i suoi interessi nazionali rielaborando teorie che, ancora nei primi anni novanta del ventesimo secolo, furono già formulate per la prima volta da Joseph Nye il quale attribuì al «soft power» tre componentistiche primarie: ideologia politica, cultura e politica estera. Sempre secondo Nye, il modo più efficace per sfruttare il proprio potenziale è attraverso la diplomazia governativa. In questa ottica le autorità inglesi, guidate dai servizi analitici dell’intelligence, sostengono molti progetti finanziari sia come stato che attraverso organizzazioni non governative, occupandosi di creare campagne di comunicazione e coinvolgendo personalità popolari. Vale la pena rammentare, che nel 2013 Nye dichiarava che la Gran Bretagna, grazie anche all’importantissima arma della propria lingua, era considerata leader in ambito di questa forma di potere.

 

Con l’inizio del periodo moderno di sviluppo della politica britannica di «soft power», che può considerarsi dalla fine degli anni ’90, quando alle elezioni del 1997 vinse il partito laburista, il posizionamento del paese all’estero, la sua influenza e il suo ruolo nel mondo mostravano tutti i segni per un prospero sviluppo. In questo periodo, dal governo, fu revisionato l’approccio alla promozione dello sviluppo internazionale e fu fondato il Dipartimento dello Sviluppo Internazionale (Department for International Development).

 

Nella direzione della politica estera dello stato con particolare riferimento alla teoria del «soft power», il ruolo principale spetta al Primo Ministro. La composizione dei governi britannici includono dipartimenti ministeriali e non, diverse agenzie, strutture pubbliche ed enti pubblici (come la BBC), tutti gruppi che interagiscono con i ministeri competenti. Circa il 30% di questi ministeri più una decina di strutture partecipano, in un modo o nell’altro, allo sviluppo, direzione, realizzazione e valutazione dei lavori propedeutici alla crescita del «soft power». Il compito invece di realizzare questo tipo di politica appartiene al Ministero degli affari esteri e per il Commonwealth o il Foreign Office (Foreign and Commonwealth 45 Office), il quale è coadiuvato dal sistema diplomatico britannico e dai rappresentanti esteri commerciali, riuscendo in qualche modo a coinvolgere in questa politica tutti i settori delle attività.

 

Nei lavori di strategia il Ministero, dal 2015 a tutto il 2020, ha fatto rientrare tra le priorità della riforma strategica questa speciale politica. Si tratta di un lavoro diplomatico, di presentazione della posizione del Regno Unito sui principali problemi al pubblico straniero e ai partner, in collaborazione con governi di altri stati, organizzazioni internazionali con responsabilità sulle pubbliche relazioni, ecc…. In tutto il mondo le ambasciate britanniche fungono da piattaforme, per le attività di altre strutture governative e di sicurezza.

E’ utile notare che, il supporto alle attività straniere, del dipartimento internazionale di sviluppo, è svolto in collaborazione con ONG, includendo le più importanti organizzazioni internazionali di base in Gran Bretagna: Oxfam, British Red Cross, Care 48 International, Save the Children, British division «World Wildlife Fund» WWF UK e altre ancora. Una delle forme di cooperazione più utilizzata con queste strutture è la firma di un accordo di partnership a lungo termine (Programme Partnership Arrangements, PPA). La sua caratteristica distintiva è di fornire supporto materiale alle attività delle organizzazioni e ai progetti aperti, consentendo alle ONG internazionali un approccio libero e flessibile alla pianificazione e alla realizzazione di attività all’estero.

 

Oltre il ministero degli affari esteri e per il Commonwealth e il Dipartimento per lo sviluppo internazionale, nell’attuazione del «soft power» prendono parte una moltitudine di altri ministeri o dipartimenti di stato, ad esempio il dipartimento della cultura, dei media e lo sport, il Dipartimento delle Imprese, Innovazione e competenze e in una qualche misura rientrano anche il dipartimento dell’educazione e il Ministero della difesa. In ultimo l’attuazione di questa politica è fatta anche attraverso ONU, OCSE, NATO.

 

Nella cornice di ogni struttura britannica, al primo posto, oltre agli strumenti e alle potenzialità, c’è la divulgazione dei propri ideali e valori, che portano all’accrescimento della propria influenza nel mondo e all’accreditamento quale membro responsabile nella comunità internazionale.

Secondo gli esperti britannici, a fianco della partecipazione statale ai lavori di queste organizzazioni, ha contribuito alla loro formazione la lingua inglese, con norme e regole britanniche, la quale s’impone come lingua di lavoro a livello internazionale, come ad esempio nella sfera dei rapporti commerciali e finanziari che servono come base per la creazione degli standard internazionali.

 

Gli analisti sono convinti che fino al 2024 la Granbretagna rimarrà il paese più attraente, capace di raggiungere obiettivi senza l’utilizzo di metodi coercitivi ma impiegando la sola partecipazione volontaria, l’attrazione e la simpatia. Lo stesso primo ministro britannico ha dichiarato: «il mio paese è una superpotenza nell’ambito del «soft power»». Infatti, in molti reiting internazionali, che prendono in considerazione il «soft power» e il «coutry brand», questo paese occupa la posizione più alta. Questi termini compaiono nelle comunicazioni politiche di stato e nei documenti ufficiali utilizzati nello svolgimento della crescente influenza di questa forma di potere, alla quale prendono parte una moltitudine di figure non statali come le organizzazioni commerciali, le ONG, le associazioni imprenditoriali, le istituzioni culturali, le università e scuole (anche private) oltre ai media e ai personaggi popolari.

 

Con uno scenario positivo lo sviluppo della politica estera di questo paese, nel quinquennio 2019-2024, potrebbe chiamarsi «soft power» e per la sua realizzazione entrerà in gioco il rafforzamento dell’istituto monarchico, come tratto caratteristico e distintivo del Regno Unito. Inoltre è previsto l’aumento dell’attrattiva culturale e dei sistemi di valore statale che accompagnano ad una crescita della sua attrattiva.

 

Indubbiamente l’azione della diplomazia britannica nell’arena internazionale è ampia. Lavorano con le masse supportandole attivamente il che incide negativamente sulla società. Il risultato è l’introduzioni di valori LGTB, femminismo, manifestazioni che destabilizzano gli equilibri. Negli ultimi tempi sono stati attivamente sfruttati anche i migranti per contribuire a una destabilizzazione della politica interna e anche per le relazioni con gli altri paesi.

Gualfredo de’Lincei

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