PENSIERI IN AVVIO DI GIORNATA.
Un noto e simpatico prelato, scomparso a Feltre qualche anno fa, col quale mi piaceva scambiare quattro chiacchiere di fronte ad una tazza di caffè presso una altrettanto nota pasticceria feltrina, forse avvertendo il gran numero degli anni, mi disse un giorno scherzosamente in dialetto feltrino di cui faccio la traduzione in italiano : “ tutti dicono che la vecchiaia è bella, ma questi figli di buona donna, non dicono mica che la vecchiaia è anche corta…” Ora, mentre scrivo, sono costretto ad attualizzare questo suo pensiero in quanto esso riguarda anche me con la differenza che il predetto sacerdote, di cui mi piace anche citarne il nome, mons. Giulio Perotto, era portatore di fede cristiana consolidata, mentre chi scrive, ha difficoltà a nascondere qualche dubbio sul passaggio e/o trasformazione dell’attuale vita terrena, come molti di noi.
Preambolo questo, insito nella frase scherzosa, che mi offre lo spunto per delle riflessioni che scaturiscono dalla constatazione che l’uomo, malgrado la vita possa offrire spunti migliori, oggi continua a lottare contro i mulini a vento, come don Chisciotte, facendo del male a se stesso. Un male che, proprio nell’era in cui stiamo vivendo, ci ha allontanati anche da quel minimo di certezza che, fino a pochi anni fa, era alla base del nostro programmare, attuare e vivere. Nel 1490, Lorenzo de’ Medici, detto il Magnifico, diceva “ chi vuol esser lieto sia, del diman non v’è certezza “, realtà che allora aveva un senso in quanto presupponeva però l’esistenza della certezza, almeno per i più fortunati, mentre oggi pare che persino la scienza non sia più in grado di assicurare le moderne società, anche se ricche. Differenza non da poco questa, con effetti scoraggianti e psicologicamente debilitanti in quanto pare non esistere più un punto fermo da cui partire, operare, divertirsi, sognare il futuro, amare in quanto il nemico pare sempre dietro l’angolo.
Dove sta il male vero ? Anche in parte di certa scienza che non sa comunicare e, comunicando male, spaventa; poi nella politica che oggi ha letteralmente sconvolto le sue prerogative, trasformando uomini, mezzi, sapere in un coacervo dal quale non è più possibile districarci, pena una pericolosa conflittualità dagli sviluppi ancor peggiori, di cui l’attuale pandemia, anche extra-covid, ne è diretta conseguenza. Il discorso sarebbe lungo e quindi non sto a ripetere cose già dette come uomo della strada in altri contesti mediatici, anche su questo giornale.
Oggi, non paga il dialogo pacato e corretto in quanto trova quasi sempre controparti sorde ed interessate ad altro, spesso in lotta contro i suddetti mulini a vento: si è costretti a leggere in qualche giornale che la neve è giustamente di color bianco, ed in qualche altro invece che essa è di color nero, e ciò con una tale spudoratezza da restare basiti di fronte agli scritti di certi giornalisti che, la troppa visibilità nelle emittenti tv, ha reso importanti non già dicendo la verità, ma scrivendo fake-news nell’interesse dell’editore.
Potrei anche sbagliare, ma non credo di tanto, pensando che l’attuale destra italiana, per i motivi sopraesposti, costituisca il prodotto non di una giusta scelta democratica, ma della voglia (perso per perso, si potrebbe dire) di instaurare una mano forte che, a modo suo, metta ordine senza troppi bla-bla-bla, se non altro per sapere di che morte si deve morire. E ciò, ahimè, potrebbe essere facilitato da una sinistra italiana a cui appartengo che, in nome di un certo buonismo, cala i calzoni ad ogni piè sospinto, anche per mancanza di verve politica !
Prima dicevo che oggi il dialogo corretto e pacato non “paga” per cui, come sto facendo da tempo, non misuro più il calibro delle parole, dicendo pane al pane, facendo nomi e cognomi di chi butterei politicamente a mare (come ho scritto ieri), ma questo mio nuovo modo deciso di parlare, senza peli sulla lingua, sembra non piacere neanche agli editori pur rispondendo questo mio instaurato “reflash” dialettico a pura e necessaria esigenza, circostanza questa che potrebbe essere considerata un pregiudizio in funzione della democraticità dei giornali.
Arnaldo De Porti
Belluno Feltre