L’avvocato Erich Grimaldi, presidente del Comitato Cura Domiciliare Covid-19, aveva depositato un esposto presso la Procura della Repubblica di Roma e presso la Procura della Repubblica di Bergamo.
Aveva chiesto alla magistratura di far luce sulla gestione dell’emergenza Covid, relativamente alle cure domiciliari, al coordinamento della sanità territoriale, al mancato coinvolgimento dei medici di medicina generale che hanno curato a domicilio e in telemedicina migliaia di persone nella redazione dei protocolli ministeriali, come chiesto dal Senato della Repubblica l’8 aprile 2021, e relativamente al sistematico ignorare da parte delle istituzioni, la disponibilità data a collaborare da questi medici e la richiesta di poter effettuare studi randomizzati su diversi farmaci potenzialmente utili alla lotta alla pandemia, parallelamente alla campagna vaccinale.
Ricordiamo che il comitato è nato da un gruppo informale di cittadini e medici per fornire supporto terapico durante l’emergenza Covid-19, per scambiarsi informazioni cliniche e mettere a punto un protocollo di cure domiciliari in assenza di direttive specifiche, se non quella della Tachipirina e vigile attesa (per informazioni e richieste di aiuto medico visitare il sito www.terapiadomiciliarecovid19.org).
A far nascere il Comitato, quello che oggi è una realtà concreta, è stato l’avvocato Erich Grimaldi del Foro di Napoli, che il 14 marzo 2020 ha creato il gruppo Facebook #esercitobianco a sostegno di medici ed infermieri. I trattamenti consistono in indometacina, aspirina a basso dosaggio, omeprazolo e un integratore alimentare a base di flavonoidi, più azitromicina, eparina a basso peso molecolare e betametasone secondo necessità, la cui efficacia è stata confermata da uno studio pubblicato dall’equipe del prof. Serafino Fazio, dalla rivista scientifica americana Medical Science Monitor.
“La diagnosi precoce e la gestione precoce dei pazienti hanno ridotto la durata dei sintomi del COVID-19 e ridotto praticamente a zero il tasso di ospedalizzazione. Abbiamo lavorato duramente per due anni, la mia prima richiesta di prendere contatti con i medici, lavorare a un protocollo di cura domiciliare univoco nazionale, tramite posta certificata, risale al 30 aprile 2020 – aveva spiegato Erich Grimaldi – da allora è stato un continuo tentare di dialogare con il Ministero della Salute, offrire esperienze, disponibilità, per poter dare una risposta a questa grave emergenza, ma nonostante un tentativo da parte del Sottosegretario alla Salute Sileri di organizzare un tavolo di lavoro che coinvolgesse i medici che hanno curato i malati Covid in fase precoce, non è stata data alcuna possibilità a queste centinaia di professionisti di portare il proprio bagaglio di esperienze al servizio delle istituzioni, senza considerare il voto favorevole del Senato della Repubblica, totalmente ignorato. Solo qualche giorno fa ho chiesto al Sottosegretario Costa, durante un incontro pubblico, il perché di quanto accaduto, non ha voluto rispondere ed ha abbandonato il palco”.
Grimaldi ha portato in Tribunale diverse istanze, per cristallizzare la libertà prescrittiva per i medici, per cercare di abolire la ‘vigile attesa’, per chiedere conto del mancato utilizzo degli anticorpi monoclonali (fu lui a denunciare il mancato rifornimento gratuito di diecimila dosi da parte dell’americana Ely Lilly per scelta di Aifa), tentando costantemente di dialogare con il Ministro della Salute e il Dipartimento di Prevenzione.
“Chiedo alla magistratura di vagliare ogni nostra azione, per sgombrare il campo da qualunque polemica e accusa infondata relativa all’operato dei nostri medici, ma di vagliare soprattutto le mancate risposte delle istituzioni, perché qualcosa non ha funzionato ed è un diritto dei cittadini capire il perché. L’apporto di chi ha lottato e curato i pazienti a domicilio fin dalla prima ondata sarebbe ed è fondamentale per sconfiggere questa malattia – sono le parole dell’avvocato Grimaldi – ancora oggi riceviamo centinaia di richieste di aiuto di persone abbandonate a casa dai medici di medicina generale, vaccinate e non vaccinate, malate di Covid, alle quali viene ancora detto di attendere l’evolversi della malattia assumendo solo paracetamolo. Linee guida o meno, questo è quanto ha prodotto questa gestione, è giusto che si faccia luce su eventuali responsabilità”.
E come non essere d’accordo anche con Valentina Rigano, giornalista e portavoce volontaria del Comitato Cura Domiciliare Covid-19, che si è così espressa : “In questi due anni ciò che mi ha lasciato davvero basita è il funzionamento del ‘sistema’ di questo paese, da giornalista ho trovato e trovo ancora oggi inconcepibile la mancanza di approfondimento di una vicenda, in una situazione come questa, sia da parte delle istituzioni che della stampa, a prescindere da quanto sarebbe potuto o meno andare diversamente, la mancanza di voglia di dialogare, di ascoltare e capire; in un momento di emergenza come quello che abbiamo vissuto e continuiamo a vivere è inconcepibile in un paese come l’Italia. La Sanità, le Istituzioni, dovrebbero aprire le porte a chiunque paventi una soluzione ad un grave problema e porti esperienza diretta, perché le istituzioni appartengono a tutti e non bisognerebbe chiedere riverente ‘permesso’ per essere ascoltati. La sola difficoltà di ottenere un dialogo con i Dipartimenti e le stesse Istituzioni, che ho provato personalmente, non è accettabile durante una pandemia”.
E veniamo al riconoscimento del Tar Lazio: “È onere imprescindibile di ogni sanitario di agire secondo scienza e coscienza, assumendosi la responsabilità circa l’esito della terapia prescritta quale conseguenza della professionalità e del titolo specialistico acquisito”. Con questa motivazione alla sentenza il Tar Lazio ha accolto il ricorso presentato dal Comitato Cura Domiciliare Covid-19, a firma del presidente e avvocato Erich Grimaldi e dell’avvocato Valentina Piraino, contro le linee guida ministeriali del 26 aprile 2021, per il trattamento domiciliare dei malati Covid.
“La Prescrizione dell’AIFA – continua il Tar – come mutuata dal Ministero della Salute, contrasta con la richiesta professionalità del medico e con la sua deontologia professionale, imponendo, anzi impedendo l’utilizzo di terapie da questi ultimi eventualmente ritenute idonee ed efficaci al contrasto della malattia COVID-19, come avviene per ogni attività terapeutica”.
Quindi, conclude il tribunale amministrativo: “il contenuto della nota ministeriale, imponendo ai medici puntuali e vincolanti scelte terapeutiche, si pone in contrasto con l’attività professionale così come demandata al medico nei termini indicata dalla scienza e dalla deontologia professionale. Per tali ragioni il ricorso deve essere accolto”.
“Finalmente un punto fermo a una battaglia che portiamo avanti da due anni, è la fine della vigile attesa”, ha commentato soddisfatto il presidente CDC-19 avvocato Erich Grimaldi, “per dimostrare che le linee guida ministeriali fossero di fatto uno strumento per vincolare i medici di medicina generale alle eventuali responsabilità che derivano dalla scelta terapeutica. Ecco come, il Governo, andando a vincolare i medici, ha di fatto privato i cittadini delle cure domiciliari precoci, paralizzando la sanità territoriale, e portato al collasso il sistema ospedaliero, con tutte le drammatiche conseguenze che migliaia di famiglie conoscono purtroppo molto bene”.
E infine il giudizio fermo di Valentina Rigano: “Le scelte terapeutiche sono da sempre un dovere e un diritto dei medici, eppure chi ha curato a casa è stato ingiustamente bistrattato e accusato più volte di agire in malafede, invece di ascoltare e recepire le costanti richieste di collaborazione che abbiamo più volte proposto al Ministero, per trovare una soluzione comune all’emergenza, chi ha preso decisioni ha ignorato le capacità e l’esperienza di migliaia di medici. Questa decisione cristallizza una volta per tutte quale sia il ruolo del medico di medicina generale, ovvero agire e non lasciare i malati Covid ad attendere l’evolversi della malattia”.
Vito Piepoli