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Il 25 gennaio u.s., la Direzione generale Archeologia Belle Arti e Paesaggio (ABAP) del Ministero della Cultura ha pubblicato quello che definisce l’aggiornamento delle graduatorie dei 500 professionisti giudicati idonei per incarichi di collaborazione con le Soprintendenze ABAP di cui al decreto direttoriale 29 dicembre 2020 n. 1799 (Avviso di selezione per il conferimento di incarichi di collaborazione – Aggiornamento – DGABAP (cultura.gov.it)), selezionati senza concorso pubblico ma con la sola valutazione di documenti prodotti dal candidato (curriculum escluso). Le pronunce fin qui disattese del TAR Lazio e poi del Consiglio di Stato che avevano ingiunto alla direttrice Galloni di annullare i suddetti elenchi per riscriverli, reintegrando tutti i ricorrenti, distribuiti su 9 diverse Soprintendenze in tutta Italia, sono state in fine mandate ad effetto.

La giustizia ha trionfato, allora, sia pure in ritardo? Non proprio.

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Non è giustizia, infatti, che non per causa loro ma di un bando mal scritto siano stati ora riconosciuti idonei persino dipendenti MiC, sia in servizio (sic) sia in quiescenza (sic), che avevano concorso in assenza di un’esplicita esclusione. Non è giustizia che la cocciutaggine della Direzione generale ABAP abbia atteso la diffida, misura estrema alla quale sono stati spinti i ricorrenti dopo il rinnovo, il 31.12.2021, dei contratti già in essere fino al limite dei 15 mesi, per procedere all’aggiornamento e dunque alla contrattualizzazione degli esclusi. Non è giustizia perché l’aumento dei numeri comporta, ovviamente, un aggravio di spesa da coprire con fondi pubblici. La responsabilità di un bando pieno di ‘debolezze’ ma imposto ad ogni costo (e costo è la parola chiave!), ricade solo sui cittadini e pesca nelle loro tasche, invece che su chi ha assunto oneri e onori del vertice amministrativo del MinC senza poi riuscire ad assicurare una gestione corretta e oculata. E con quale protervia si è scelta la prevedibile sanzione (tutti sapevano, infatti, che era solo questione di tempo, ma contavano sulla paura di ritorsioni e sulla limitata capacità di spesa degli esclusi), pur di inaugurare un percorso illegittimo nella speranza di farlo tacitamente diventare prassi. Auspico che la Corte dei Conti, che ha mancato il primo appuntamento con questa vicenda, voglia adesso valutare con la necessaria serietà l’ipotesi di danno erariale e ricostruire la catena delle responsabilità chiamando tutti gli apprendisti stregoni a rispondere in solido di iniziative assunte pur sapendole incompatibili con le norme vigenti.

 

Margherita Corrado (Senato, Gruppo Misto – Commissione Cultura)

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