Come si spiega l’insofferenza dei Soprintendenti olistici dell’Umbria nei confronti di vincoli archeologici come quello di Maratta o a carattere storico-architettonico come quello del Teatro “G. Verdi” di Terni? Più di altri centri umbri, in effetti, la bella cittadina in riva al Nera offre in questo periodo esempi eclatanti di un esercizio della tutela a dir poco lasco, da parte dell’ufficio territoriale del Ministero della cultura a ciò preposto, e di un modo di guardare ai vincoli già in essere come residuati di ere geologiche trascorse. Fino a qualche anno fa, l’idea dei vincoli come ostacoli insensati da aggirare in nome della loro ‘necessaria’ compatibilità con qualsiasi previsione edilizia apparteneva, dappertutto, ai rappresentanti più meschini degli Enti locali. Gli uffici statali, invece, tentavano (spesso con successo) di re-indirizzare gli interlocutori sulla via che antepone l’interesse dello Stato-comunità al particulare. Con questo spirito il PRG di Terni, recependo l’avvenuto riconoscimento dell’interesse culturale particolarmente importante dell’area di Maratta (2008), ha previsto la destinazione a parco archeologico di quanto ivi residua di un insediamento pre-romano di pianura dal carattere peculiare. Un vincolo archeologico, del resto, è di norma il risultato di attente valutazioni dell’interesse generale, ispirate ai principi costituzionali affermati nell’art. 9; non è un incidente di percorso né può essere disapplicato senza procedere ad un formale annullamento. Con l’Atto senato n. 03232 del 31 marzo (https://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/18/Sindisp/0/1344682/index.html), sottoscritto anche dai colleghi Angrisani, Granato e Lannutti, abbiamo dunque chiamato in causa il ministro Franceschini affinché investa “la Direzione generale ABAP, nonché il Consiglio superiore dei beni culturali, del compito di valutare se sia lecito che a Maratta di Terni, qualora fosse approvata la variante al PRG prodromica alla costruzione di un centro commerciale che ridurrebbe considerevolmente l’estensione della superficie destinata a parco archeologico, si compiano operazioni preliminari che sottoporrebbero l’area vincolata ad uno stress potenzialmente fatale”. E ancora, “se non condivida il timore di quanti reputano che una posizione debole della Soprintendenza ABAP dell’Umbria, qual è l’attuale, conciliante ad ogni costo con le pretese dei privati, potrebbe causare un danno irreversibile a vestigia che, non avendo carattere monumentale, e considerata anche la quota di affioramento alquanto superficiale, rischiano di essere spazzate via insieme ad una pagina non altrimenti recuperabile della storia di Terni e dell’Italia centrale, procurando un danno irreversibile al patrimonio culturale del Paese.”
Margherita Corrado (Senato, Gruppo Misto – Commissione Cultura)