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La Corte dei conti è sempre più insofferente nei confronti delle forzature dei vertici MiC. Non solo l’amore, dunque, è “croce e delizia al cor”, ma anche il rapporto Corte dei conti-Ministero della cultura: croce e delizia, per tutti i cittadini. La magistratura contabile, infatti, richiesta di valutare preventivamente la legittimità e ammettere o no a visto i decreti di nomina del 4 febbraio 2022 di sei direttori di altrettanti istituti autonomi (tra cui i parchi archeologici di Sepino, Paestum e Velia e Cerveteri-Tarquinia), aveva chiesto puntuali giustificazioni su tutte le tappe della procedura di selezione adottata: internazionale, certo, ma a carattere non concorsuale, dunque valutativa invece che comparativa. La ratifica è finalmente arrivata il 7 aprile, dopo oltre due mesi, il che la dice lunga sulla battaglia ingaggiata tra i due attori istituzionali, e con una osservazione al MiC che suona come una garbata ma inequivocabile censura. L’ennesima. E a riprova della opacità del metodo di designazione adottato per quei sei musei/parchi dal Direttore generale competente, si aggiunga che, quasi contestualmente, nel registrare la nomina del titolare della Direzione regionale Musei Sardegna, Luana Toniolo, la Corte ha chiesto al prof. Osanna esplicite rassicurazioni per il futuro, per salvaguardare trasparenza ed equità di trattamento. Insieme a quelle, il 30 marzo u.s. ha ottenuto l’implicita ammissione che detti principi, finora, non sono stati rispettati. Si dirà che la Corte potrebbe e dovrebbe prendere il coraggio a due mani e negare ogni tanto un visto di legittimità al Professore, come ha fatto di recente con il ministro Giorgetti nel caso Vellucci. Bene; ci siamo quasi. Un’altra mia segnalazione di nomina illegittima, infatti, oggetto anche d’interrogazione al ministro Franceschini, quella di una storica dell’arte alla guida dell’Istituto centrale per la patologia degli archivi e del libro (ICPAL), designata mentre ancora vigeva il decreto organizzativo del 2008, che riserva quel ruolo ad un bibliotecario o ad un archivista, parrebbe essere stata ‘scongiurata’ dalla Corte. Sarebbe accaduto, però, non rifiutando la registrazione del decreto di nomina bensì quella dell’atto, preliminare ma indispensabile, di recesso dal precedente incarico in seno al Segretariato generale. A ben vedere, se così fosse, saremmo davanti all’ennesima immeritata cortesia istituzionale resa al MiC, ma ci può stare. Ed è facile pronosticare che alla Corte non mancheranno altre occasioni per esercitare il suo ruolo senza concessioni generose a chi, pur sbagliando ripetutamente, non impara.

 

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Margherita Corrado (Senato, Gruppo Misto – Commissione Cultura)

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