«Ho sempre prospettato una multiutility nelle mani dei Comuni, i soli a poter garantire la pubblicizzazione dell’acqua, anche perché nella maggior parte dei loro statuti è cristallizzato il principio dell’acqua come bene comune al di fuori di qualsivoglia lucro privato». Lo afferma, in una nota, il deputato M5S Giuseppe d’Ippolito, a Montecitorio membro della commissione Ambiente, a proposito della recente approvazione della legge regionale della Calabria che ha istituito la multiutility di gestione dei servizi pubblici ambientali. «Al contrario della posizione attribuitami da qualcuno, la multiutility che ho sempre immaginato per la gestione del servizio idrico calabrese, così come anche per i rifiuti, è – prosegue il deputato – soggetto totalmente diverso da quello configurato dalla legge approvata in Consiglio regionale. Oltretutto la Sorical, società in liquidazione, andava lasciata in fallimento, essendo bollita per gravi debiti e per la risaputa vicenda delle quote in pegno. Ancora, il riferimento al costo di una penale per un’eventuale revoca non tiene conto del fatto che il fallimento non corrisponde a revoca e non obbliga la Regione ad alcun pagamento. Inoltre il rimborso dei debiti accumulati da Sorical sarà di gran lunga superiore ai costi da eventuale revoca contrattuale. Insomma, approvando la legge la Regione ha giocato a perdere, perdendo più del prevedibile». «In Calabria il Movimento 5 Stelle ha condotto una battaglia durissima – ricorda il parlamentare – per come Sorical è stata gestita, per gli investimenti che non ha mai compiuto e per quanto è costata ai cittadini calabresi, i quali non hanno ancora un servizio di qualità e nel tempo hanno subito disagi e distacchi imputabili a mancanze o inadempienze pesanti della stessa società. Non condivido affatto – conclude D’Ippolito – che un’ampia maggioranza del Consiglio regionale abbia rimesso in gioco Sorical senza un’analisi e senza una proposta alternativa. Sono molto scettico sul futuro del servizio idrico della Calabria e temo, purtroppo, che il peggio debba ancora arrivare».