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L’UOMO GIOCA A FARE DIO.

 

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Di Bianca Fasano.

 

L’uomo, oggi in special modo, “gioca a fare Dio”.

Non è detto che ogni uomo creda in una divinità superiore che lo abbia creato, come si potrebbe fare un giorno con un “robot di carne”.

Guardando “nel fondo del cielo” un team internazionale di astronomi ebbe modo di immortalare nella costellazione del Leone (la mia come segno zodiacale), un “gamma-ray burst from a star” ossia la luce rossa che irradiava una stella morente, accaduta quando l’universo aveva “solo” 630 milioni anni di età. Quella luce di colore arancione era esplosa a circa 13,03 miliardi di anni luce rispetto all’attuale posizione della Terra, ossia trenta miliardi di anni luce da adesso. Un baratro nel passato, rispetto alla vita del presuntuoso essere umano.

Siamo così piccoli che, dai tempi dei tempi, ci siamo inventati un’anima. Oppure la speranza di una sopravvivenza quanto più possibile vicina all’eternità.

Come giornalista, ma forse anche come poeta, mi sono sempre posta molte domande ed ho anche fatto riflessioni (a titolo speculativo) sui più svariati fronti dell’esistenza.

L’essere umano, nel tempo, ha forse appreso a rispettare di più l’infanzia; ma, allora: perché tanti bambini subiscono abusi in famiglia o da persone che la frequentano?

Oggi vengono al mondo piccoli miracoli dovuti alla scienza, sia per le difficoltà concrete che sono superate con mezzi nuovi che per l’età delle mamme, più adatte a fare da nonne che da mammine al primo figlio.

Bene o male?

La clonazione non riguarda più soltanto “la pecora Dolly”.[1]

Qualcuno, nascostamente, clonerebbe un nuovo Hitler?[2]

Qualcuno ha clonato o vorrebbe replicare il figlio perduto?

Che cosa abbiamo il diritto di fare, in nome della scienza, cosa non dovremmo?

Dobbiamo guardare alle stelle, mirando a raggiungere nuovi mondi, mentre distruggiamo il pianeta su cui viviamo?

Abbiamo davvero il potere di distruggere il pianeta, o più semplicemente, è il nostro habitat che stiamo rendendo sempre meno abitabile e un giorno la terra farà a meno di noi?

Dal Vangelo di Luca mi è restata impressa questa sequenza:

-” E Gesù gli rispose: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo».

Possediamo noi uomini, un habitat, o non lo abbiamo piuttosto sottratto alle belve della foresta, agli orsi, ai lupi?

L’habitat dell’uomo è stato da lui adattato, se non creato del tutto.

La terra, in alcune sue parti, è stata spesso travolta e stravolta dall’essere umano, anche se in realtà noi rappresentiamo soltanto una presuntuosa specie, che molto facilmente dovrà un giorno estinguersi nel tempo, come i dinosauri.

Guardando al passato, anche senza essere degli scienziati, ci si rende conto che portiamo in comune con le altre specie viventi l’ “evoluzione”.

Siamo abituati a vedere questa parola come sinonimo di “miglioramento” e inclini a credere che sia “unilineare”, per cui siamo forniti del desiderio (specialmente noi europei), di “insegnare a vivere” agli altri esseri umani che ci assomigliano, un po’ come facevano i romani con la latinizzazione.

Purtroppo non sempre questo desiderio, anche a carattere religioso/sociale, assume ruoli positivi e costruttivi e lo stiamo apprendendo a nostre spese, più apertamente, dall’attentato delle torri gemelle, abbattute a Manhattan l’11 di settembre, sotto la direttiva (questa la tesi ufficiale), del leader di Al-Quaeda, Osama bin Laden.

Possiamo parlare di acculturazione, integrazione ed assimilazione delle popolazioni (vinte o no), oppure del tentativo di operarlo.

Guardando al presente o ad un passato più o meno recente (non ci allontaniamo di troppo), in nome della cultura e della religione sono stati commessi e si stanno commettendo anche oggi, le più grandi violenze.

Non soltanto dagli europei, ovviamente.

Ci diamo un gran da fare noi esseri umani, come se la nostra specie fosse in diritto di ritenersi al di fuori delle possibilità di estinzione o, nella migliore delle ipotesi, di evoluzione. Non ne siamo estranei, invece, e neanche è detto che l’evoluzione cui potremmo essere soggetti ci possa piacere.

Siamo destinati ad una lunga sopravvivenza di specie? La più lunga, in quanto animali intelligenti?

Non lo sappiamo.

I dinosauri si sono estinti, ma non del tutto, poiché alcuni di loro ci svolazzano leggeri sul capo.

Abbiamo orrore degli scarafaggi (le blatte), però queste creature hanno lasciato il segno della loro (già) presenza nei fossili di blattoidei del Carbonifero, tra 354 e 295 milioni di anni fa. Sono, tuttavia, meno “forti” di quello che crediamo, difatti sarebbero i primi a morire dopo una guerra nucleare non sopportando più di 20000 rad[3] di esposizione radioattiva. Un pensiero noioso in meno.

Gli squali sono tra le specie più longeve, perché esistono da alcune centinaia di milioni di anni, nondimeno li sta portando a rischio d’estinzione il riscaldamento delle acque degli oceani e il loro aumentato livello di acidificazione.

Siamo proprio bravi a fare guai.

Noi esseri umani appariamo piuttosto resistenti, giacché contiamo, come specie, circa 200.000 anni. I Neanderthal comparvero in Europa 700.000 anni fa e meno di 40.000 anni fa si sono eclissati. Potremmo dire, misteriosamente. Una spiegazione però c’é: Siamo arrivati, dall’Africa, noi Homo sapiens. Confesso di aver creduto per anni che tra i Sapiens e i Neanderthal non ci fosse stato molto in comune per questioni legate all’impossibilità di procreare di un’ eventuale prole nata dal connubio. Non era vero. Senza offendere i primi che, anche se brutti, dal nostro punto di vista, erano stati capaci, con le loro enormi narici e la fronte bassa e obliqua, di sopravvivere nella glaciazione, il Sapiens, più bello e più intelligente e il Neanderthal, convissero e, anche, si accoppiarono, malgrado le differenze fisiche eclatanti. Questo spiega il perché del fatto che oggi più del 5% del nostro Dna, porti tracce degli incroci che avvennero tra i due ominidi, compreso il cugino asiatico dei secondi: il Denisovan. Le prove sono venute dal sequenziamento massiccio del Dna di oltre 380 reperti archeologici resi pubblici sull’ American Journal of Medical Genetics. In pratica ai Neanderthal dobbiamo un grazie, poiché da queste specie di ominidi abbiamo ereditato alcuni dei geni fondamentali del nostro attuale sistema immunitario: quelli che ci rendono capaci di resistere alle infezioni da funghi, batteri e parassiti e in negativo, quelli responsabili della nostra tendenza a sviluppare allergie. Ci spieghiamo così anche la scomparsa, quasi fulminea, del Neanderthal: eliminato da noi Sapiens che, oltre ad essere più intelligenti, eravamo, forse, anche più cattivi, ma non sappiamo a quanto tempo abbiamo diritto.

Domande, dicevo. Pensieri, dicevo. Quelli che colpiscono una scrittrice si tramutano, molto spesso, in romanzi, studi, saggi, racconti, poesie.

Ecco la spiegazione anche per i miei romanzi “di fantascienza”, che mi hanno “costretta” a rispondere alle mie domande, trovandone, per strada, ancora altre.

-“Se il sole muore”, scrisse Oriana Fallaci, nel 1965. Il sole di cui lei parlava non era quello che illumina e riscalda il nostro pianeta.

L’astro che ci interessa l’hanno studiato (tra gli altri), alcuni ricercatori dell’Università del Sussex (Gran Bretagna) pubblicando le ricerche effettuate su Astrophysics. Stiamo parlando di fatti che accadranno un tempo non connesso certamente a noi di questa generazione (se non sotto il profilo d’interesse scientifico/culturale), e neanche ai nostri lontanissimi discendenti. Non riguarderanno, forse, neanche la razza umana, che sta facendo di tutto per “implodere” con i propri mezzi prima di quei periodi lontanissimi dall’oggi.

Certamente, però, tra cinque miliardi di anni il nostro Sole (che è una stella, per cui in totale ha una “speranza di vita”di circa tredici miliardi di anni) inizierà a “morire”. Nel nucleo non vi sarà più idrogeno, la cui fusione oggi produce energia e crescerà, divenendo centinaia di volte più grande di quanto sia adesso. Soltanto se la Terra riuscirà ad agganciarsi alla forza di gravità di un gruppo di asteroidi (dicono gli scienziati del Sussex), potrà sfuggirgli e sopravvivere, differentemente sarà fagocitata nell’ultima agonia solare.

-“Vedremo soltanto una sfera di fuoco,
più grande del sole, più vasta del mondo;
nemmeno un grido risuonerà e solo il silenzio come un sudario si stenderà
fra il cielo e la terra, per mille secoli almeno,
ma noi non ci saremo, noi non ci saremo. “

Diceva Francesco Guccini.

 

[1] La pecora Dolly (5 luglio 1996 – 14 febbraio 2003) è stata il primo mammifero a essere stato clonato con successo da una cellula somatica, sebbene non il primo animale in assoluto ad essere stato clonato con successo

[2] I ragazzi venuti dal Brasile (The Boys from Brazil) è un film del 1978 diretto da Franklin J. Schaffner, tratto dal romanzo omonimo di Ira Levin.

[3]Il rad rappresenta la quantità di radiazione che deposita 100 erg di energia in un grammo di materia.

parmenide2008@libero.it

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