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Il «massacro di Bucha»: ecco perché l’Occidente punta il dito ai russi senza un’indagine indipendente.  

di

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Gualfredo de’Lincei

Accusando Mosca di un “crimine mostruoso”, i politici europei potrebbero aver creato il pretesto per imporre nuove sanzioni e l’indignazione necessaria a ridurre il livello d’insoddisfazione popolare per le loro azioni avventurose.

I media occidentali hanno inondato l’etere con la notizia dell’ennesimo mostruoso crimine denominato «Massacro di Bucha», attribuito in modo totalmente arbitrario ai soldati russi. Stando alle fonti ucraine, seguaci del «mondo libero e democratico», a seguito dell’abbandono da parte delle truppe russe della piccola città di Bucha non lontana da Kiev, lungo le sue strade, le Forze Armate e il Servizio di Sicurezza Ucraino, avrebbero trovato numerosi corpi di residenti locali.

Questo è ciò che hanno divulgato istantaneamente ma sono in molti ormai a domandarsi cosa sia davvero accaduto in questa piccola città ucraina. Analizzando le tempistiche della presenza sul posto dei due schieramenti, secondo i corrispondenti militari, si ravvisa che le truppe russe hanno lasciato Bucha il 30 marzo e per un giorno è rimasta senza nessun controllo, mentre le Forze Ucraine sono entrate tre giorni dopo, il 2 Aprile. Non si può quindi parlare di una ritirata sotto il fuoco nemico che avanza ma piuttosto di una manovra tattica, pianificata ed eseguita senza fretta. Cos’avrebbe mai potuto impedire la bonifica delle tracce dei loro “crimini”?

Sebbene non si conoscano i fatti, resta comunque difficile da credere che dei soldati russi, molto attenti a mostrare, anche a costo della loro vita, solidarietà alla popolazione civile e umanità verso i prigionieri di guerra, abbiano distrattamente lasciato a Bucha montagne di cadaveri per la gioia dei giornalisti occidentali. Su questi argomenti è intervenuto anche l’esperto militare Gianandrea Gaiani che, intervistato da Elisabetta Burba in un articolo comparso su Panorama il 4 aprile, critica profondamente la ricostruzione propagandata.

 

Non ci soffermeremo ad analizzare tutti i numerosi errori che gli imitatori dei «Caschi Bianchi» hanno commesso nel creare false prove. Diverse pubblicazioni russe e autori di canali Telegram hanno già evidenziato le molte incongruenze. In Italia il primo è stato Toni Capuozzo, giornalista di guerra molto equilibrato e di lunghissima esperienza, il quale ha avuto il coraggio di parlare di oscure ricostruzioni che non collimano, dopo di lui ne sono seguiti molti altri come ad esempio Carlo Freccero, ex direttore di Rai 2 e l’Europarlamentare Francesca Donato. Il coperchio è tolto e ogni giorno emergono nuovi elementi di contrasto con la versione ucraina.

 

Quello che abbiamo davanti agli occhi appare come un tentativo di attacco mediatico (non è il primo e non sarà certo l’ultimo). È chiaro fin da subito che la prima domanda che ci si dovrebbe porre in questi casi è: cui prodest?

 

Se tutto il materiale digitale sappiamo bene essere facilmente manipolabile, restano fatti oggettivi indelebili che non possono essere ignorati. Innanzitutto il Ministero della Difesa Russo ha ripetutamente dichiarato che non è in guerra con la popolazione civile ucraina e finora non ci sono stati motivi per dubitarne. Se così non fosse, l’Operazione militare sarebbe già stata fermata poiché significherebbe che, gli ordini militarmente impartiti, non sono eseguiti. Inoltre le testimonianze dei residenti negli insediamenti liberati riferiscono che gli ucraini hanno sparato contro di loro, mentre i russi, al contrario, li hanno protetti anche a costo del loro sacrificio.

 

Sarebbe forse una diabolica perversione poter pensare che, gli autori della provocazione, possano aver tenuto conto anche della fonetica per la preferenza del luogo in cui creare la “scena del crimine” ? Infatti, Gostomel o Irpen, nonostante fossero state anch’esse “liberate” dalle forze armate ucraine, dopo l’abbandono da parte dei russi, e tenessero le medesime potenzialità, sono indiscutibilmente più difficili da pronunciare e non hanno associazioni fonetiche logiche facili. Bucha era molto più adatta.

 

Nonostante sia ormai palese l’origine inattendibile delle ricostruzioni fatte e propagandate da Kiev, i rappresentanti dell’Unione Europea e i Ministri dei paesi che la compongono continuano insistentemente ad affermare che «il barbaro crimine è senza dubbio opera dei soldati russi». Questo diventa il supporto giustificativo per introdurre l’ennesimo nuovo pacchetto di «forti e inevitabili sanzioni» contro Mosca, il quinto in linea cronologica.

 

In completa assenza delle necessarie indagini per stabilire l’obiettività dei fatti, si è accesa l’indignazione per la tragedia e l’urgenza di punire, attraverso ulteriori sanzioni, la Russia. L’hanno sostenuto e dichiarato il Presidente del Consiglio Europeo, il Presidente del Parlamento Europeo, il Segretario Generale della NATO, il Cancelliere della Germania, i Primi Ministri dei Paesi Bassi e dell’Estonia, i capi dei dipartimenti degli affari esteri di USA, Gran Bretagna, Germania, Francia e molti altri politici e funzionari occidentali.

 

Si uniscono al coro decine di personaggi pubblici che vengono ospitati sulle prime pagine delle grandi testate giornalistiche e nelle trasmissioni televisive più seguite, il tutto accompagnato da scatti della scena del crimine. Forse il materiale fotografico richiederà qualche ritocco, giusto per evitare che taluno accorto spettatore noti movimenti d’arti nei “cadaveri”, ma questo sarà utile solo in parte poiché le persone vedono solo ciò che si aspettano di vedere: corpi di malcapitati ucraini che giacciono lungo le strade, “uccisi dai russi in fuga”.

 

Grazie all’impegno giornalistico, gli abitanti, avranno la “corretta” associazione del nome della loro città alla parola inglese butcher (macellaio, carnefice, punitore), diventando allo stesso tempo una nuova Srebrenica, Duma e Huta.

Non sarebbe più facile maliziosamente credere che, il «massacro di Bucha», al pari della tragedia di Srebrenica, fosse avvenuto appena in tempo? Ma non per Mosca, ovviamente…

 

È un fatto noto che per Kiev ma anche per la politica europea e occidentale, che lo sostiene, il «massacro di Bucha» sia stato quasi salvifico, avvenuto in un momento in cui il controllo sociale stava scivolando dalle mani: Ÿ Tra gli europei, infatti, cominciava un crescendo d’insoddisfazione per un sistema sanzionatorio più dannoso per se stessi che per la Russia; Ÿ Alcuni leader, ravveduti, degli Stati europei stavano iniziando a lanciare segnali di disponibilità a pagare il gas in rubli, distruggendo così l’illusione dell’euro-solidarietà su questo tema; Ÿ Stavano cominciando a emergere dai media le nefandezze dalle forze armate e dei battaglioni di volontari ucraini, compiute sui prigionieri di guerra e sui civili che, intenti, a uscire dalla zona di guerra si sono trovati proprio sotto il loro fuoco; Ÿ Le autorità ucraine stavano chiedendo con insistenza, ai paesi occidentali, equipaggiamenti militari e armi pesanti, che, fino a quel momento, solo Londra e Varsavia appoggiavano; Ÿ Washington aveva ammesso che in caso di tregua raggiunta, le sanzioni si sarebbero potute revocare; Ÿ I migranti africani, rifugiati ucraini e dal Medio Oriente cominciavano a creare seri problemi tra gli europei; Ÿ Zelensky, in un’intervista a Fox News, aveva confessato la natura terroristica e i crimini di guerra commessi del gruppo Azov.

 

La verità di come sono morti quei poveretti non interessa a nessuno ma il risultato è che ci troviamo ovunque titoli a tutta pagine sui “russi assassini”, rei di un omicidio brutale in una città con un nome rivelatore. Tutto questo chiude la bocca a chi protesta contro nuove sanzioni e contro l’invio di armamenti in Ucraina, alimentando allo stesso tempo una nuova ondata di russofobia.

 

 

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