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PROF.  MASSIMO CACCIARI:  ANNO 2022 A BELLUNO, ANNO 1995 A FELTRE E DAL  1993 IN POI A VENEZIA

 

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Ieri, 21 maggio 2022,  ho rincontrato il mio ex Sindaco di Venezia, Massimo Cacciari. Per quanto ovvio a dirsi, almeno da parte mia, al di là delle sue argomentazioni sempre puntuali e di altissimo spessore culturale, oserei dire quasi a 360 gradi, detto incontro presso il Teatro Comunale di Belluno, mi ha destato più di una emozione; e ciò, vuoi perché sono passati molti e molti anni da quando l’ho conosciuto ed anche seguìto politicamente e culturalmente, ma anche perché, ad una certa età (io ho dieci anni più di lui) si avvertono sensazioni di maggiore maturità ed esperienza che fanno riflettere…

Detto questo, vorrei accingermi in una  duplice narrazione, mettendo a confronto l’interessantissimo incontro di oggi, il cui benvenuto a Massimo Cacciari è stato dato da Luigino Boito, Presidente del Circolo cultura e stampa bellunese, e da Ermenegildo Francavilla,  già direttore del reparto malattie infettive dell’ospedale di Belluno, con altro incontro da me promosso e presentato a Feltre, in veste di operatore della Scuola socio-politica patrocinata allora dalla Curia di Belluno-Feltre,  presso la Biblioteca del Seminario Vescovile una ventina di anni fa.

Dico subito, ad evitare  possibili “qui pro quo”, che questo confronto non ha nulla a che fare con il merito ed il grande interesse suscitato ieri, in aggiunta alla “impressionante” coerenza tematica   su cui anche l’illustre ospite ha centrato con largo anticipo  le conseguenze poi verificatesi non solo in Italia ed in tutto l’Occidente, ma semplicemente vorrei dire che detto incontro, moderato dal prof. Francesco Piero Franchi, docente di lettere classiche, si è rivelato praticamente una specie di monologo a due fra Cacciari ed il moderatore, privando il pubblico di qualsiasi opportunità di parlare come succede sempre ed ovunque, aspetto questo che invece io ho privilegiato dopo l’intervento di Cacciari, sul tema “Crisi delle ideologie”. Ricordo allora la sala della biblioteca del Seminario gremitissima in attesa di Cacciari che  (ndr) arrivò con un’ora di ritardo tanto  non  da non saper più che pesci pigliare per tranquillizzare il numeroso pubblico presente, formato da autorità civili, militari e religiose, di cui nessuno  però ha guadagnato l’uscita, stante evidentemente il personaggio di tutto rilievo.

Questo l’ho voluto ricordare perché – diciamocelo onestamente fra addetti ai lavori –  in entrambi i casi , il richiamo prevalente era poter vedere e parlare con Cacciari, fors’anche  ancor più di ascoltare certe conosciute tematiche, senz’altro espresse in maniera ineguagliabile quanto a spessore dialettico sia di Cacciari che di Piero Franchi, anche se ripreso con qualche “che c’entra questo” da parte dell’ex Sindaco di Venezia.

“Esiste ancora la democrazia”, era il tema di ieri, tema che io dibatto ormai da anni dicendo che questo tipo di democrazia è ossidata al massimo e che avrebbe bisogno di una “rinfrescatina”, anche se di meglio non c’è, come diceva anche W. Churchill.  A questo proposito il filosofo Cacciari, partendo dal termine “polis”, ha “scomodato” la Grecia, Cicerone, Machiavelli ed altri filosofi, dicendo che si arriva alla democrazia partendo dalla tirannide facendo attenzione però al fatto che la democrazia può avere effetti positivi ed accettabili se le persone scelte sono in grado di governare; ma può anche accadere che  vengano assegnati posti di responsabilità e di governo anche ad una massa di incompetenti tali da  suggerire quindi di richiedere una nuova trasformazione in oligarchia e poi in aristocrazia, insomma , come ultima spiaggia, in direzione “tirannide”.

Per questo le forme di governo cambiano e mutano, si trasformano e decadono lasciando spazio ad altre, ma non perché arrivi qualcuno da fuori a minarne la stabilità, ma piuttosto perché esse stesse hanno in se il baco della degenerazione (sue testuali parole).

Oggi si fa molta confusione fra forme di governo. Ci si gratifica dicendo che siamo in democrazia perché con il voto decidiamo di mandare al governo della “polis” e del Paese quelli che noi riteniamo i migliori, i più bravi. Ma non ci accorgiamo che, anche per ignoranza, in questo modo la democrazia che, etimologicamente significa potere del popolo, si trasforma in aristocrazia che vorrebbe significare il governo dei migliori,  non sempre nel senso culturale,  ma quasiu sempre per lo spessore economico-finanziario, lasciando del tutto fuori quella che una volta si chiamava plebe, poi trasformatasi in classe operaia, poi borghesia e quant’altro.

Io sarei stato più semplice e comprensibile malgrado la mia precarietà culturale rispetto agli oratori. Non sempre, alla fin fine,  possono essere i cosiddetti “migliori” chiamati a governare grazie alla loro posizione superiore rispetto al cosiddetto popolo, come hanno detto gli oratori.  E’ sufficiente infatti che un ..”simpaticone”, magari ignorante all’ennesima potenza, sia in grado di attrarre per il voto un po’ di gente, magari ignorante anche questa, ed il gioco è fatto : viene eletto democraticamente il sindaco e la democrazia si trasforma inevitabilmente in un governo di incapaci ed incompetenti.

Se questa è la democrazia…

 

Arnaldo De Porti

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