Epatite C: in FVG serd e ospedali fanno alleanza
Infettivologo nel serd e infermiere-accompagnatore i ruoli chiave
Trieste – “Il punto di forza di questo percorso è legato alla presenza dell’infettivologo nei centri per tossicodipendenti, perché il paziente che fa uso di sostanze non si sposta facilmente da una sede all’altra. Quindi abbiamo potuto operare in questo ambito in maniera positiva proprio spostandoci dall’ospedale al territorio. Questa comunione di intenti tra ospedale e territorio è fondamentale”. Così Roberto Luzzati, direttore della Struttura complessa di Malattie infettive dell’Azienda sanitaria universitaria Giuliano Isontina, intervenuto oggi a Trieste al corso di formazione Ecm sulla gestione dei pazienti con epatite C tossicodipendenti, organizzato dal provider Letscom con il contributo della multinazionale della biofarmaceutica Abbvie.
Il corso di aggiornamento, a cui ha preso parte una cinquantina di professionisti dell’Asugi, fa parte del progetto Hand (Hepatitis in addiction network delivery) che mira a creare una rete di diagnosi, presa in carico e terapia, alla luce dei nuovi farmaci in uso dal 2014 che garantiscono una guarigione dall’epatite C prossima al 100%.
Dall’altra parte vi è il problema della diagnosi, evidenzia Ivo Crosato, dirigente medico di Malattie infettive dell’Asugi. Ogni anno in Europa si stimano circa 500mila nuove infezioni da epatite C, spiega, in Italia si stimano ora circa mezzo milione di positivi, e la grande maggioranza non sa neppure di essere positiva, e la diagnosi nel 90% dei casi avviene in ritardo. Ma il virus dell’epatite C (Hcv) è un flagello che sicuramente colpisce maggiormente le persone che si iniettano sostanze stupefacenti o entrano in contatto con il sangue di persone infette. In una parola, la tossicodipendenza, realtà in cui proprio i Servizi per le dipendenze (Serd) riescono a fare breccia anche per quanto riguarda lo screening delle malattie.
Forte delle Linee di indirizzo per il trattamento dell’epatite C, spiega Saveria Lory Crocè, direttrice della Struttura complessa Clinica patologie del fegato dell’Asugi, “la rete patologica regionale si avvale di diverse professionalità che verranno ulteriormente implementate, perché lo scenario dal 2014, anno in cui è nata, si è modificato e serviranno tutta una serie di professionalità che allora mancavano”. Le Linee di indirizzo intanto stabiliscono le sedi di somministrazione del farmaco, nelle tre aziende sanitarie del Friuli Venezia Giulia, sia le sedi del Serd di riferimento.
Uno dei temi del corso è inoltre lo screening per l’epatite C, per il quale nel 2020 lo Stato ha istituito un fondo nazionale per lo screening gratuito da 71 milioni di euro per le Regioni.
In quanto Regione a statuto speciale, il Friuli Venezia Giulia non può usufruire dei fondi per lo screening e per il successivo trattamento, spiega Crocè, tuttavia a livello di Direzione centrale salute si sta cercando di definire fondi particolari proprio per lo screening, che intanto viene comunque fatto in contesti specifici come il Serd.
In tutti e tre i servizi per le dipendenze della regione, aggiunge Roberta Balestra, direttrice del Dipartimento dipendenze dell’Asugi, “c’è un’attenzione specifica partita parecchi anni fa sul problema dell’epatite C. Quindi lo screening e la presa in carico avvengono strutturalmente all’interno dei Serd, e poi si lavora in maniera interdisciplinare con gli specialisti ospedalieri”. La realtà triestina da questo punto di vista sta facendo un ottimo lavoro, prosegue Balestra, “un punto di miglioramento potrebbe essere quello di sviluppo a livello regionale, e rendere più omogeneo questo tipo di percorso in tutte le aziende”.
Secondo la prassi triestina -che nel prepandemia ha trattato annualmente oltre 100 pazienti con Hcv tossicodipendenti, scesi a circa 40 in pandemia, e ora nuovamente in ripresa-, si prevede che i primi test rapidi vengano eseguiti nel Serd, sul modello costruito nella lotta all’Hiv. Le persone che risultano positive vengono poi accompagnate in ospedale per ulteriori esami e la terapia, e continuano a essere accompagnati anche dopo dal personale del Serd per assicurarsi che ricevano le cure. In questo lavoro, conclude Balestra, è centrale il ruolo dell’infermiere.