In occasione della Giornata mondiale per l’eliminazione del lavoro minorile, 12 giugno, il Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani vuole avviare un programma di divulgazione da sviluppare all’inizio dell’a.s. 2022/2023 “#IBambiniNoNdevonoLavorare” per conoscere un fenomeno che, purtroppo, non è in contrazione; anzi, a giudicare dalle indagini più recenti (Fondazione Studi Consulenti del Lavoro), risulta essere in decisa crescita. L’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO) ha proposto nel 2002 la data in questione per focalizzare l’attenzione sulla gravità di tale realtà e realizzare azioni concrete per modificarla. Secondo il report “Il lavoro minorile in Italia: caratteristiche e impatto sui percorsi formativi e occupazionali” (anno di pubblicazione 2021), esistono più di 500 casi di lavoro minorile rilevati nel biennio 2018 / 2019; mentre ben 2,4 milioni di lavoratori italiani hanno conosciuto una simile esperienza.
Indubbiamente una simile piaga comporta una serie di ricadute sul progresso sociale e civile della società: giovani impiegati precocemente in settori occupazionali spesso caratterizzati da mancanza di regole o da promiscuità difficilmente riusciranno ad accedere a forme di istruzione più sofisticate e non potranno esercitare professioni più qualificate. Non solo. Chi è costretto in tenera età a sottoporsi a molte ore di lavoro manuale in condizione di scarsa igiene e con un’alimentazione povera, quasi sempre riporta a livello fisico o a livello psichico traumi di una certa entità. Gli Stati dovrebbero collaborare per contenere il più possibile lo sfruttamento del lavoro minorile, come prevede l’art. 32 della Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza (CRC) e la Convenzione n. 182 dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO) del 1999, perché costituisce una forte violazione dei diritti umani e va a incidere profondamente sul futuro di tanti cittadini del domani. In Italia gli artt. 37 e 34 della nostra Costituzione, la Legge 977 del 1967 e i successivi sviluppi legislativi in materia hanno cercato di regolamentare dal punto di vista normativo il fenomeno. Attualmente riveste un’iniziativa di notevole importanza quella prevista dall’obiettivo 8.7 dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite secondo cui entro il 2025 nessun bambino dovrà più essere impiegato nelle forme di manovalanza più degradanti. Se è vero che un simile termine, 2025, appare ottimistico e velleitario rispetto alla vastità dello sfruttamento minorile costituisce però un atto con cui molti stati concordemente si accordano tramite un documento ufficiale e prendono un impegno reale rispetto a un dramma che è planetario e non può più essere ignorato. Un bambino a cui verrà negata la possibilità di giocare, studiare, esprimere sé stesso in piena libertà costituisce un danno irreparabile per l’umanità intera e una ferita che non potrà mai rimarginarsi, oltre ad essere uno spreco in termini di potenziale umano.
“L’investimento più redditizio che l’umanità può fare è la protezione dell’infanzia! Proteggere i bambini è rispettare il momento della loro crescita, lasciando che questi fragili germogli beneficino delle condizioni adeguate alla loro apertura e fioritura. Proteggere i bambini, inoltre, comporta l’adozione di misure incisive per aiutare le famiglie dei piccoli agricoltori, di modo che non si vedano obbligati a mandare i propri figli nelle campagne per incrementare le loro entrate, che essendo tanto basse non consentono loro di mantenere dignitosamente la propria famiglia. Infine, proteggere i bambini implica di agire in modo tale che si schiudano dinanzi a loro orizzonti che li configurino come cittadini liberi, onesti e solidali..” (Messaggio del Santo Padre Francesco, a firma del Segretario di Stato Pietro Parolin, alla sessione inaugurale dell’incontro globale della Fao – Sull’eliminazione del lavoro minorile in agricoltura, 2 novembre 2021)
prof. Romano Pesavento
Presidente CNDDU