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Non limitarsi a censurare il programma nucleare iraniano: ripristinare le sanzioni su vasta scala

 

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Il Consiglio dei governatori dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica dovrebbe votare questa settimana su una risoluzione che richiede una cooperazione immediata con gli ispettori dell’organismo da parte della Repubblica Islamica dell’Iran. Le riunioni trimestrali del Consiglio sono state precedute la scorsa settimana da un rapporto del direttore generale dell’AIEA Rafael Grossi in cui si evidenziava che l’Iran non ha ancora fornito spiegazioni credibili o complete sull’esistenza di materiale nucleare non dichiarato in tre siti sospetti dopo l’attuazione dell’accordo sul nucleare nel 2016.

L’ultimo rapporto di Grossi è solo uno dei tanti elementi di prova, sia storici che recenti, che indicano una radicata strategia iraniana di inganni, negazioni e rischi per le questioni relative al suo programma nucleare. Le implicazioni di quella strategia diventano sempre più allarmanti mentre il regime continua a spingere i suoi progressi nucleari ben oltre i limiti di ciò che aveva ottenuto prima dei negoziati che hanno dato vita al JCPOA (Piano d’Azione Globale Congiunto).

L’ultima valutazione dell’AIEA indica che l’Iran ha arricchito almeno 43 chilogrammi di uranio al 60% di purezza fissile, portandolo vicino alla soglia idonea per la produzione di armi nucleari. Ma, in risposta a precedenti rapporti di questo tipo, l’Organizzazione per l’Energia Atomica iraniana si è apertamente vantata che le sue scorte sono persino più grandi di quanto stimato dall’AIEA. Questo è certamente plausibile, dal momento che il regime sta anche escludendo gli ispettori dell’agenzia dalle strutture iraniane, oltre a nascondere video di sorveglianza e altri dati che erano stati essenziali per il monitoraggio delle attività nell’ambito del JCPOA.

I persistenti difensori di tale accordo potrebbero insistere sul fatto che queste questioni confermino la necessità di invertire il ritiro degli Stati Uniti del 2018 e ripristinare la piena conformità all’accordo di tutte le Parti contraenti. Ma farlo nelle circostanze attuali dimostrerebbe solo al regime iraniano che gli atti provocatori sono più vantaggiosi della cooperazione e del compromesso. Gli appelli emergenti alla censura dell’Iran sono sicuramente radicati nella comprensione che il regime deve subire conseguenze per il suo atteggiamento provocatorio per essere dissuaso dall’adottare la stessa posizione in futuro. Ma anche questo è ingenuo alla luce della storica propensione di Teheran per la sfida e la provocazione.

L’ultimo rapporto dell’AIEA e la potenziale censura non dovrebbero solo convincere i politici della necessità di controbilanciare i loro impulsi conciliatori. Dovrebbero convincerli ad abbandonare quegli impulsi una volta per tutte. Né il JCPOA né qualsiasi altro atto di avvicinamento al regime clericale si è dimostrato valido a lungo termine. I critici hanno persino bollato molti di quegli atti come “condiscendenza”, nella misura in cui hanno concesso sgravi alle sanzioni iraniane o altre grandi ricompense, in cambio di ben poco.

Varrebbe sicuramente la pena di chiedere l’immediata collaborazione dell’Iran con l’AIEA al termine delle riunioni del Consiglio dei governatori di questa settimana. Ma sarebbe molto più utile l’effettiva imposizione di tale collaborazione, con sanzioni molto maggiori e isolamento diplomatico. Le sei risoluzioni delle Nazioni Unite che sono state sospese con l’attuazione del JCPOA dovrebbero essere ripristinate al più presto e il Consiglio di Sicurezza dovrebbe riprendere ancora una volta il dossier del programma nucleare iraniano e stabilire una nuova politica assertiva per costringere il regime a conformarsi alle esigenze internazionali.

 

Comitato Italiano Parlamentari per un Iran Libero

Presidente:  On. Antonio Tasso

Copresidente: On. Stefania Pezzopane

Coordinatore : dott. Antonio Stango

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