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A rubare la scena alla notizia della nomina del nuovo vescovo di Verona, Domenico Pompili, è stato il licenziamento del Prof. di religione don Marco Campedelli dal liceo Maffei da parte del vescovo uscente Mons. Giuseppe Zenti. Discussione intestina alla Curia scaligera giunta in seguito ad un “consiglio elettorale” inviato da Zenti ai sacerdoti veronesi durante la campagna per le amministrative, con il quale li invitata a premiare il candidato che non veicolasse fantascientifiche teorie gender. Missiva a cui replicò piccato Don Campedelli con una lettera aperta pubblicata sui media locali in cui invocava valori liberali e libertà espressive laiche che poco avevano da spartire con i principi della bimillenaria tradizione cattolica. Plauso dunque a Mons. Zenti che forse per la prima volta della sua lunga carriera ha osato sfidare la massima “bergogliana”: “chi sono io per giudicare – nella fattispecie – un gender. La problematica del “libertinaggio” clericale, è ormai prassi consolidata. Se un prete in odor di eresia (categoria assai copiosa tra le mura vaticane) dalle ampie vedute mette in bocca a Gesù espressioni tipo: “ero gay e non avete riconosciuto il mio amore per il mio simile; sono andato a letto maschio, mi sono svegliato donna al mattino e avete insistito a chiamarmi Ugo; ero malato cronico o terminale e non mi avete donato l’eutanasia; ero gravida in un momento sbagliato e non mi avete permesso di abortire; mi sono sposato con la donna sbagliata e non mi avete concesso di risposarmi; ero sterile e non mi avete autorizzato a riprodurmi in vitro; ero depresso e non mi avete allungato una siringa con un buon tiramisù sintetico”, gli applausi e i consensi del mondo, sono assicurati. La speranza è che il monito di Zenti rimanga tale, la certezza è che il “miracolo” della riconciliazione, dei tarallucci e vino, e della relativa reintegrazione, si scruta già sull’orizzonte.

Gianni Toffali

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