Luca Serianni. Leggere per la vita. Tra Dante Isabella di Morra Elsa Morante e la modermodernità della lingua
Pierfranco Bruni*
La grammatica italiana è il telaio che forma la lingua e la scrittura. Leggere e scrivere comportano moduli non di interpretazioni ma di conoscenza e del parlare bello. Uno degli insegnamenti di Luca Serianni. Il quale nel suo testo “Prima lezione di grammatica” ebbe a sottolineare: “La bussola che guida il percorso all’interno di morfologia e sintassi è la canonica divisione in parti del discorso […]; in italiano se ne distinguono nove, cinque variabili […] e quattro invariabili” – scrive Serianni. “La formazione storica dell’italiano, nato come lingua scritta, ha condizionato anche le vicende della lingua moderna. A differenza di francese e spagnolo, l’italiano – proprio per il suo imprinting letterario – è come una città ricca di bivi senza indicazioni stradali, in cui i cittadini nativi si orientano senza difficoltà, ma i forestieri si chiedono spesso dove andare”. Essenziale, fondamentale incardinante tale osservazione.
Luca Serianni. Linguista e studioso dei fenomeni dei linguaggi e italianista. Il suo lavoro sulla grammatica o sulle grammatiche rappresenta un vocabolario nel quale la ricerca della parola lo ha condotto ad un approfondimento speculare e speculativo intorno al legame dell’evoluzione tra parola, appunto, linguaggi e forme. Un meticoloso scavo sull’origine del passaggio tra oralità e scrittura. Spesse volte ci siamo trovati a parlare in convegni dedicati a tali temi compresi quelli di Dante e la lingua.
Proprio la parola – comunicazione nata dall’oralità ha vissuto un passaggio linguistico – antropologico sino a fissarsi come scrittura. Un percorso nel quale Luca, un amico riservato e affettuoso sempre pronto a suggerire consigli, ha creato l’eleganza della parola attraverso il fenomeno – fattore grammaticale. Ovvero una fenomenologia dello stile. Infatti il linguaggio viene vissuto come fenomenologia e non come dato soltanto empirico della vocabolarizzazione del tempo della parola – scrittura. I suo testi sono una testimonianza sicura per comprendere la tipologia delle transizioni tra grammatica e sintassi, espressione linguistica e modello progettuale della italianità come processo di conoscenza.
La lingua come conoscenza. Questo è il perno centrale intorno al quale si determina la sua visione di una lingua moderna che non deve mai perdere la tradizione strutturale delle origini della parola stessa. Un vocabolario è il trait d’unione tra la memoria del linguaggio e il linguaggio nella modernità nei nuovi saperi. In questo il suo dettaglio. Avrebbe voluto creare un museo della lingua italiana.
Tra i suoi libri che hanno dato una svolta anche sul piano filologico si inserisce la “Storia della lingua italiana. Il primo Ottocento”, del 1989. Tracciato proseguito con “Saggi di Storia linguistica italiana”, del 1989 e successivamente “Storia della lingua italiana. Il secondo Ottocento. Dall’Unità alla Prima Guerra Mondiale” del 1990. Ha curato numerosi libri quali la “Storia della lingua italiana” con Pietro Trifone, in 3 volumi, darato 1993-94. Mi è stato sempre utile il suo
“Introduzione alla lingua poetica italiana” del 200, che trovo ancora oggi di una notevole importanza, sul quale spesso proprio con lui ne discutevo.
Studioso attento delle forme poetiche dell’italiano nelle varie epoche. Rigoroso indagatore della poesia del Rinascimento, trova in Isabella di Morra un riferimento essenziale tanto da fargli scrivere: “Il sonetto in cui si rivolge al fiume, tema topico già presente nella poesia latina, è molto interessante, anche perché è legato all’assenza del padre. Alla variante del tema amoroso si aggiunge anche l’annuncio finale di un possibile suicidio nelle acque del Sinni, che scorre nella sua valle in provincia di Matera. Anche qui ci sono aspetti di innovazione rispetto alla lirica maschile media dell’epoca”. Infatti con la Morra va a scavare nel sommerso mondo del Rinascimento della poesia femminile con una tale lettura: “Una novità del Cinquecento è la comparsa delle donne tra gli autori letterari: sono aristocratiche come Vittoria Colonna o cortigiane come Gaspara Stampa. La pura imitazione del modello petrarchesco presenta qualche scarto in più nella poesia femminile. Vittoria Colonna, per esempio, ha una componente religiosa molto più forte del consueto. Per quanto riguarda l’età contemporanea, invece, è più difficile individuare uno specifico femminile”.
Sulla storia della lingua e sui condizionamenti provenienti da altri modelli si è soffermato con molta attrazione. Condizionamenti, comparazioni e contaminazioni. Tre aspetti che hanno, in fondo, dettato il progetto di ricerca. Scavare in testi quali: “Viaggiatori, musicisti, poeti. Saggi di storia della lingua italiana” del 2002, “Italiani scritti” del 2003 (che ha visto più edizioni), “Un treno di sintomi. I medici e le parole: percorsi linguistici nel passato e nel presente”, 2005, significa creare delle comparazioni che vanno oltre la linguistica perché si crea, all’interno stesso di questo comparto un legame con diversi particolari che toccano lo scibile culturale complessivo.
Gli ultimi lavori, con il testo su Dante, sono un portato ben articolato all’interno della letteratura e della lingua del vocabolario letterario: “Il sentimento della lingua”. Conversazione con Giuseppe Antonelli, del 2019, “Il verso giusto. 100 poesie italiane”, del 2020, “Le mille lingue di Roma” del 2021, “Parola di Dante” del 2021. Sono una sintesi storica nella umanità delle totalità delle conoscenze dei nuovi approcci linguistici.
La grandezza degli studi di Serianni sta anche nel fatto che ha interagito tra età medievale, rinascimentale e novecento fino a tracciare l’evoluzione della lingua nelle diverse fasi epocali fino ad affrontare la Morante e Fabbrotta. Si queste dirà: “Mi è sempre piaciuto Il mondo salvato dai ragazzini, anche se so che viene spesso deprezzato: tra l’altro il tema dell’infanzia incolpevole e soccombente è anche al centro de La Storia. Riconosco che in questo caso è scattato, più che altrove, un meccanismo di gusto personale, come per Biancamaria Frabotta, di cui ho apprezzato il motivo dell’amore coniugale, che ha certo dei precedenti in Monti e in Saba, ma compare qui con accenti ironici e autoironici”.
Su quest’ultimo libro, in cui il linguaggio di Dante, ovvero la parola di Dante , è il vocabolario – laboratorio di una eredita linguistica che diventa a sua volta identità, ci soffermammo a discutere sul ruolo della parola – metafora – comunicazione dal Duecento di Dante a D’Annunzio anche in occasione dei miei tre testi su Dante apparsi tra il 2020 e 2022. La parola di Dante per Luca Serianni è il tessuto che attraversiamo ancora nel tempo contemporaneo. Dante nel cuore della civiltà della lingua italiana.
Una valenza antropologica nella italianità della comunicazione, appunto, che è immaginario e archetipo di un rapporto tra il tempo della parola e la storia della lingua. Serianni ha seminato conoscenza della storicità del viaggio nelle parole trasmettendo non solo un vocabolario tradizionale nel rinnovamento ma lasciandoci un patrimonio di fedeltà allo stile dei generi letterari. La lingua è spazio, mi ha detto in un incontro a Roma. Lo studio della lingua come manifestazione dei saperi e delle eredità delle parole è il testamento scientifico della sua ricerca. Una lingua. Un uomo.
Era nato a Roma il 30 ottobre del 1947 dove è morto il 21 aprile del 2022. Resta importante il suo invito ai maturandi: “IMPARATE PAROLE NON PER LO SCRITTO MA PER LA VITA”. Resta la centralità della Commedia. Quella della Divina, della dei personaggi, quella dei linguaggi perché come ha insegnato Luca “…ogni epoca ritrova tra questi versi, (quelli della Commedia) significati nuovi”.
*Vice Presidente Nazionale Sindacato Libero Scrittori