LA FRAGILITA’
C’è un ritornello che impazza da un po’ di tempo a questa parte, incentrato sulla fragilità dei giovani in un’epoca di continui cambiamenti. Quando accade qualcosa di spiacevole, di incomprensibile, di tragico, che vede protagonista un giovane, la consuetudine è stigmatizzare il tutto con una certa instabilità esistenziale in cui camminano in ginocchio tanti adolescenti. Come a dire nuovamente oggi se già non lo si è fatto a sufficienza ieri, che i ragazzi sono e resteranno i veri ultimi di questa nostra bella società. Nel frattempo imperversano le didascalie delle cause di questo franare irrefrenabile, escludendo la povertà, quella c’era ieri, eppure a pensarci bene viviamo in un paese dove gli indigenti stanno diventando numericamente ingestibili. Oppure a scarnificare la carne c’è l’abuso dell’agio, dove non c’è limite alla pretesa e all’ottenimento della medaglietta appuntata sul petto. Ragazzotti fragili come grissini, a cui releghiamo l’angolo dei mille esempi da seguire, forse davvero troppi, al punto che alla fine della fiera neppure uno ne rimane a destare la coscienza. Ogni volta che la montagna ci viene addosso per il male perpetrato da questo o da quello, non ci rendiamo conto del bene che invece vorrebbero fare i più giovani. Mi convinco sempre di più che la mancanza di consapevolezza e idee chiare nei ragazzi, permane la cattiva lezione del mondo adulto, genitoriale, della collettività social, che ogni cosa divora e vomita fuori al primo intoppo esistenziale. Per cui quella tanto decantata e mal interpretata libertà responsabile diventa immediatamente una libertà prostituta, che si può comprare, picchiare, offendere, umiliare, vendere-svendere alla bisogna, infine pure annientare. I riflettori stanno perennemente puntati sulle scazzottate, le violenze di gruppo, i coltelli e fin’anche le pistole, per ogni incomprensibile interrogativo, migliaia le risposte, i toccasana, i salva vita che accorrono a frotte. Ma sono santoni e mendicanti delle parole, del tik tok de borgata, dello smanettamento ossessivo compulsivo. I salva vita non sono le filippiche nazional popolari, bensì il rispetto delle regole, quelle regole che vanno rispettate anche quando appaiono noiose, ingiuste, urticanti, perché le regole salvano, tutelano, proteggono la vita e anche il futuro di ognuno e di ciascuno, soprattutto dei più fragili. La fragilità e il non rispetto delle regole, un connubio che ha come primo attore colui che mai vediamo alla sbarra del colpevole, che scorda il proprio ruolo e furbescamente consegna al proprio piccolo campione la possibilità di scegliere senza averne capacità e esperienza come somma degli errori.
C’è un ritornello che impazza da un po’ di tempo a questa parte, incentrato sulla fragilità dei giovani in un’epoca di continui cambiamenti. Quando accade qualcosa di spiacevole, di incomprensibile, di tragico, che vede protagonista un giovane, la consuetudine è stigmatizzare il tutto con una certa instabilità esistenziale in cui camminano in ginocchio tanti adolescenti. Come a dire nuovamente oggi se già non lo si è fatto a sufficienza ieri, che i ragazzi sono e resteranno i veri ultimi di questa nostra bella società. Nel frattempo imperversano le didascalie delle cause di questo franare irrefrenabile, escludendo la povertà, quella c’era ieri, eppure a pensarci bene viviamo in un paese dove gli indigenti stanno diventando numericamente ingestibili. Oppure a scarnificare la carne c’è l’abuso dell’agio, dove non c’è limite alla pretesa e all’ottenimento della medaglietta appuntata sul petto. Ragazzotti fragili come grissini, a cui releghiamo l’angolo dei mille esempi da seguire, forse davvero troppi, al punto che alla fine della fiera neppure uno ne rimane a destare la coscienza. Ogni volta che la montagna ci viene addosso per il male perpetrato da questo o da quello, non ci rendiamo conto del bene che invece vorrebbero fare i più giovani. Mi convinco sempre di più che la mancanza di consapevolezza e idee chiare nei ragazzi, permane la cattiva lezione del mondo adulto, genitoriale, della collettività social, che ogni cosa divora e vomita fuori al primo intoppo esistenziale. Per cui quella tanto decantata e mal interpretata libertà responsabile diventa immediatamente una libertà prostituta, che si può comprare, picchiare, offendere, umiliare, vendere-svendere alla bisogna, infine pure annientare. I riflettori stanno perennemente puntati sulle scazzottate, le violenze di gruppo, i coltelli e fin’anche le pistole, per ogni incomprensibile interrogativo, migliaia le risposte, i toccasana, i salva vita che accorrono a frotte. Ma sono santoni e mendicanti delle parole, del tik tok de borgata, dello smanettamento ossessivo compulsivo. I salva vita non sono le filippiche nazional popolari, bensì il rispetto delle regole, quelle regole che vanno rispettate anche quando appaiono noiose, ingiuste, urticanti, perché le regole salvano, tutelano, proteggono la vita e anche il futuro di ognuno e di ciascuno, soprattutto dei più fragili. La fragilità e il non rispetto delle regole, un connubio che ha come primo attore colui che mai vediamo alla sbarra del colpevole, che scorda il proprio ruolo e furbescamente consegna al proprio piccolo campione la possibilità di scegliere senza averne capacità e esperienza come somma degli errori.