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Il coraggio della verità nella Luisa Ferida di Pierfranco Bruni

 

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Intervista di Miriam Katiaka allo scrittore

 

 

Un libro molto coraggioso. Una storia vera caduta nell’oblio. In qell’oblio che svelato è fastidioso. Ancora oggi metterebbe in imbarazzo soprattutto durante una campagna elettorale con sfide ancora ideologiche. Una storia vera. Tragica. Con un omicidio commesso a guerra finita. Mi riferisco al recente romanzo di Pierfranco Bruni che ha dato voce a due protagonisti del cinema uccisi a guerra finita il 30 aprile del 1945. Mi riferisco a Luisa Ferida e Osvaldo Valenti. Raccontati con pathos tra biografia, risoescaggio di memoria e ricostruzioni storiche. Ovvero a “Luisa portava in una mano una scarpetta di lana” edito da Tabula Fati, come il precedente che è scritto sull’onda della stessa passione e ricostruzione “Quando mio padre leggeva Carolina Invernizio”, pubblicato dallo stesso editore  ovvero Marco Solfanelli. Abbiamo chiesto a Pierfranco Bruni, scrittore di una coerenza dialettica profonda, di rispondere ad alcune domande.

Dimanda: Il libro su Luisa Ferida non è il primo con il quale avvia una rilettura della storia contemporanea attraverso i personaggi che hanno segnato il fascismo e il post fascismo.  Ma il racconto di Luisa Ferida è marcatamente tragica…

Risposta: “Questo mio viaggio si intreccia tra letteratura e storia. La storia entra nella letteratura. Il primo romanzo con il quale ho percorso questo itinerario è dedicato a Claretta Petacci che ha visto tre edizioni. Un percorso continuato con un’altra attrice ma di diverso tenero è quello su Eleonora Duse e successivamente il dramma di Mata Hari. Luisa Ferida è il personaggio, credo, più tragico che mi ha coinvolto profondamente anche perché nasce da un libro precedentemente che ha dedicato a mio padre ma anche ad un’altra figura femminile: Carolina Invernizio. Certo, Luisa Ferida va oltre perché diventa un libro che si centralizza su una vicenda raccontata con menzogna e oblio”.

Domanda: Scrivere questo libro, lei dice, va oltre. Perché?

Risposta: “Perché come nel libro su Claretta a raccontarmi tutto è un io narrante che è mio padre tra metafore, immaginari e verità. Anche nel precedente la figura mio padre è il raccontatore come nel caso della questione Istriana Dalmata completamente riportata attraverso le parole di mio padre”.

Domanda: C’è differenza tra Claretta Petacci e Luisa Ferida?

Risposta: “Sono due storie di  orrore. Tutta a guerra finita.il massacro di Piazzale Loreto è a guerra finita. Come l’uccisione della Ferida e Valenti. Danno sensazioni di una orrenda crudeltà. Anche se Claretta e Luisa sono due donne diverse la tragedia è unica”.

Domanda: Lei usa il metodo letterario per raccontare una storia, non avrebbe potuto entrare direttamente nella storia?

Risposta: “Entro nella storia con la letteratura, o meglio usando il metodo del raccontare più che descrivere o lasciare sulla pagina il documento. Ma il fatto storico mi è servito per dare una base al racconto”.

Domanda: Luisa Ferida è nel libro una icona della bellezza e dell’amore…

Risposta: “Non solo. Bellezza, giovinezza e tragedia, ma ciò che mi interessa anche è la finzione sulla quale si è tentata di seppellire la verità. Ma la verità ritorna sempre anche  alcuni ambienti sono restii ancora ad affrontare la questione. Il mio libro entra nel cuore del problema”.

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