Si faccia del Museo nazionale archeologico di Taranto un Museo diffuso tra antropologia ed etnografia
Pierfranco Bruni
Problemi e innovazioni dei beni culturali. Riconsideriamo i nuovi saperi intorno al patrimonio nazionale delle culture. Si trasformi il Museo archeologico nazionale di Taranto in Museo diffuso, ovvero con competenze trasversali e interattive tra archeologia, antropologia ed etnografia. La questione si apre soprattutto nel momento in cui la direttrice ha dichiarato di lasciare l’incarico di uno dei musei archeologici più prestigiosi della Magna Grecia. Infatti.
La direttrice del MarTa ha deciso di lasciare la direzione del Museo. Avrà avuto le sue buone ragioni. Non bisogna esprimere alcun giudizio e meditare la e sulla questione. Ci saranno delle motivazioni e ci sono delle precise scelte da rispettare. È un’ottima dirigente e un un ottimo direttore che ha permesso al Museo di diventare reale luogo di cultura ed ha dato alla città e alla Puglia un ruolo sui beni culturali notevole. Un ruolo che nessuno mai aveva dato in un tempo completamente mutato rispetto a decenni fa. Ma non occorre andare oltre nel cercare responsabilità.
Ci sono nuove discipline che avanzano proprio nella ricerca dei beni culturali. Ogni tempo ha la sua epoca ed ha la sua età. Bisogna, invece, subito pensare a cosa potrà accadere dopo le elezioni politiche anche in campo culturale. Il problema è qui. In un contesto di dialettica sul patrimonio culturale gestitito dalla Stato, quindi del Mic, occorre rivedere la funzione, dopo la delusione culturale e istituzionale della Soprintendenza del mare, a Taranto, dalla quale si aspettava tanto o molto di più, che dovranno avere i beni culturali in terra ionica. Il Museo archeologico, in una società in transizione come quella attuale, dovrà confrontarsi con le altre discipline: dalla antropologia alla etno-demologia, dalle arti alle tradizioni popolari partendo chiaramente dalla vastità archeologica.
Le comparazioni sono fondamentali. Ormai non si discute più o non si fa ricerca guardando soltanto ad uno dei campi del sapere. Archeologia e antropologia interagiscono direttamente e non per compartimenti separati. Un Museo archeologico è anche antropologico. (Per antropologie non si intende più tradizioni popolari, attenzione). Non siamo più a trent’anni fa. Il Museo nazionale non è detto che deve restare solo archeologico. Ormai l’archeologia è una disciplina comparata ed è bene ed è necessario che si creino dei legami soprattutto con l’antropologia delle civiltà (la Magna Grecia prima di essere archeologia è stata ed è antropologia) e la etnografia in una visione geo-storica molto più articolata e complessa con conoscenze eterogenee e approfondimenti che interessano le culture del territorio in un mosaico di aspetti. Da archeologico soltanto a Museo nazionale diffuso sul patrimonio identitario comparato proprio tra archeologia, antropologia ed etnografia.
Il discorso è scientifico e pedagogico tra pre-storia, archeologia e storia. Basta che il nuovo Governo e soprattutto il Mic facciano una Legge o un Decreto. Bisogna saper guardare ai beni culturali con competenze, qualità e didattica tra i vari comparti citati. Non sarebbe un fatto rivoluzionario. Ma semplicemente ragionato sulla base di uno scibile, che sappia confrontarsi e possa confrontarsi con una nuova tipologia di valorizzazione e fruizione in una dialettica della fruibilità. D’altronde l’autonomia dei Musei nasceva da questa lettura: creare dei laboratori importanti sul territorio in grado di valorizzare e far fruire i saperi dei popoli. Anche per questo si è creata la separazione dalle soprintendenze. La storia dei popoli ormai è identità espressiva delle civiltà intorno ad una geo-politica dei luoghi. Archeologia, antropologia ed etnografia sono saperi inseparabili che devono poter convivere.
Il Museo diffuso dei Saperi è un principio portante della concezione moderna delle culture come bene culturale. Le recenti scoperte archeologiche in Polonia riferite alla “donna vampira” aprono nuovamente un capitolo di strette correlazioni tra i diversi saperi. Non dimentichiamo che la Magna Grecia non è solo archeologia. È un luogo delle civiltà nel quale i popoli sono diventati civiltà ed hanno dato una identità antropologica alle società. Oggi l’archeologia si legge con una ricerca comparata tra antropologia e storia. Partiamo da questo riferimento per fare del Museo nazionale di Taranto un Museo diffuso in cui archeologia e antropologia restino al centro delle conoscenze tra storia e civiltà.
Pierfranco Bruni