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La scomparsa di Peppino Semeraro. Il politico sapiente e l’avvocato elegante. Un vero amico

 

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Pierfranco Bruni

 

 

È scomparso improvvisamente Peppino Semeraro. Il senatore. L’assessore regionale. L’uomo di una destra nobile e profondamente identitaria, innovatrice e scavata nella conoscenza tra diritti e doveri.

Senatore nella XIV legislatura, con diversi incarichi in varie commissioni. Uomo di legge, avvocato con la toga d’oro, portava nel suo pensiero sempre il rigore della conoscenza e la lealtà del confronto. Una storia nella destra storica. Quella destra nobile che partiva dai valori identitari dell’umanesimo e dalla cultura giuridica. È entrato nella politica dopo consiliature e candidatura a sindaco nella sua Martina Franca. Ha vissuto dentro il passaggio fondamentale della dialettica di Fiuggi di una destra storica in Alleanza Nazionale. Ed è qui che accanto a Pinuccio Tatarella creammo un laboratorio politico culturale, con Adriana Poli Bortone, intorno alla fine degli anni 1994 e 1995. Dalle elezioni regionali del 1995 la destra in Puglia diventa il centro di una forte comparazione tra politica, tradizione e culture dentro un processo di uno sviluppo economico.

Peppino Semeraro viene eletto consigliere regionale e nominato assessore prima ai Lavori publici e subito dopo alla cultura e programmazione della cultura del Mediterraneo. Anni importanti e ricchi di innovazioni con la Giunta Distaso. L’assessorato alla cultura regionale era diventato un polo intorno al quale l’idea portante era la progettualità. Un fatto unico, un apri pista necessario nella destra e per la destra. Con il rigore del sapere ha dato avvio a un coordinamento degli assessorati alla cultura di tutta Italia. Abbiamo vissuto (io ero vice presidente e assessore alla cultura della Provincia di Taranto) in primo piano questa “rivoluzione” che ha permesso successivamente a dare senso a quelle innovazioni politiche di cui si discute anche in questi giorni. Peppino era un riferimento. Per la sua saggezza, la sua pazienza e la sua formazione giuridica, che garantiva regole e normative.

Uomo di una destra dentro la consapevolezza del dovere di essere profondi e proprio per questo il nostro principio era quello di un “Pensiero pensante”. Poi vennero gli anni della sua presenza in Senato e del suo impegno in proposte organiche come quella riferita alla autonomia dei musei. Fu da una sua proposta presentata in commissione cultura che si cominciò a parlare di uno “sdoganamento” delle soprintendenze.

Chi ha vissuto questo impegno ha il dovere di testimoniarle. E Peppino fu il centro di un discutere legislativo su tali riferimenti. Con il suo essere erede del ragionamento, del pensare politico nel territorio guardando profeticamente alle risorse e alle vocazioni del territorio che si costruirono le basi di una idea progettuale della politica. Una forte presenza con un sorriso autentico, Peppino seppe trovare sempre un percorso ad ogni problema. Leale sempre, nobile nei suoi saperi, identitario e comparativo nelle sue proposte. Ha portato nella politica tutta la sua umanità e la preparazione giuridica nella dialettica di un linguaggio sapiente, elegante, profondo. Così come le sue arringhe precise, incisive, conoscitive  nelle sale dei tribunali anche nel suo linguaggio politico la cultura dell’umanesimo, tra il diritto e le regole, costituiva la griglia antropologica. Era nato il 16 marzo del 1947 a Martina Franca. Un vero amico.

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