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Brogna (neurochirurgo): I m edici italiani hanno empatia e umanità uniche
“Tornato dopo 10 anni all’estero per mettere conoscenze a servizio paese”

 

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Roma – Roma, San Paolo, Montpellier, Vienna, Instabul, Londra e poi di nuovo Roma. Christian Brogna, esperto internazionale nella chirurgia avanzata dei tumori cerebrali e del midollo spinale, ha lavorato per 10 anni all’estero, di cui 7 nel prestigioso King’s College Hospital di Londra. “Quando sono stato soddisfatto del bagaglio di esperienze e conoscenze acquisite, ho deciso di tornare in Italia sentendo quasi il dovere di mettere questo bagaglio al servizio del mio paese, un paese che ha contribuito moltissimo alla mia formazione”, racconta il neurochirurgo. Ogni esperienza internazionale è stata una tappa fondamentale del percorso che oggi lo ha portato a essere un punto di riferimento nella chirurgia dei tumori complessi e nella neurochirurgia da sveglio (awake surgery). Tra i suoi ultimi interventi si ricorda quello eseguito a metà ottobre, presso il Paidea International Hospital di Roma, su un ragazzo di 35 anni operato per un tumore cerebrale da sveglio mentre suona il sassofono.

“A San Paolo del Brasile, grazie al professor Evandro De Oliveira e al professor Guilherme Ribas, ho approfondito lo studio dell’anatomia del sistema nervoso centrale e, in particolare, delle fibre bianche di connessione del cervello- ricorda Brogna- a Montpellier, sotto la guida del professor Hugue Duffau, ho potuto approfondire le tecniche di awake surgery e mappaggio cerebrale nella chirurgia dei tumori cerebrali. Al Millesi Center di Vienna ho approfondito la conoscenza della chirurgia del sistema nervoso periferico e a Istanbul, sotto la guida del professor Ugur Ture e del professor Gazi Yasargil, pioniere della microneurochirurgia, ho acquisito le tecniche di microneurochirurgia oncologica e vascolare”. Oggi, a due anni dal suo ritorno in Italia, Brogna si dice soddisfatto della scelta: “Mi piacciono la cultura e l’umanità italiane, aspetti che traspaiono in medicina e contribuiscono al computo totale della cura del paziente a 360 gradi”.

“Non bisogna guardare all’estero come se fosse un luogo di approdo migliore- spiega il neurochirurgo- io vedo un mondo senza confini in cui ci sono luoghi dove si può andare per aumentare il proprio bagaglio culturale e la propria conoscenza, a seconda di quella che è la strada che si vuole seguire. Mi sono sempre chiesto, e tuttora mi chiedo: c’è qualcuno nel mondo che potrebbe fare questa cosa meglio di me? Se la risposta è sì vado a vedere come e perché. Non ci sono mondi migliori ma mondi diversi a cui è giusto attingere per imparare quanto più possibile. Nella nostra professione c’è una ricerca personale continua di come migliorarsi e non esiste mai un punto di arrivo”.

Per questo secondo l’esperto “in un mondo globalizzato come quello attuale è inesatto parlare di ‘cervelli in fuga’ o di ‘rientro dei cervelli’, perché siamo tutti ‘cervelli in viaggio’- dice- Andare fuori dall’Italia non significa necessariamente andare via da qualcosa ma significa, piuttosto, aumentare il
proprio bagaglio di conoscenze per poi, nel momento più consono della propria vita, tornare e metterlo al servizio del proprio paese. Io penso che questo desiderio ci sia in tutti gli italiani nel mondo”. Per questo “ai giovani colleghi che mi chiedono cosa fare dico semplicemente di cercare il percorso più consono alla propria personalità perché le vie di formazione sono totalmente personali, ognuno deve trovare la propria strada, il proprio percorso, la propria specificità, avere una prospettiva chiara di chi si vuole essere. Come ogni paziente è unico, così lo è il percorso di ogni medico. C’è una base comune molto forte data dalla specializzazione ma sulla quale poi ogni medico costruisce la sua specialità”.

Un consiglio però Brogna lo dà: “Non mi trovo d’accordo con I giovani che vogliono conseguire la specializzazione fuori dall’Italia- dice- questa secondo me è una tappa importante da fare nel proprio paese perché qui ci sono ottime scuole di specializzazione e soprattutto è importante conoscere la propria popolazione, ossia quella che si andrà a servire”. Tra le cose importanti che Brogna sottolinea di aver imparato all’estero, infatti, “c’è che non esiste un sistema sanitario migliore degli altri- dice- ognuno, però, riflette la popolazione che serve. Il sistema inglese a molti italiani non piace perché è strutturato secondo canoni anglosassoni che non sono quelli latini. Il sistema italiano è strutturato per gli italiani e i nostri medici hanno una grande particolarità: l’empatia. I medici italiani riescono ad avere quel lato umanistico che non è presente nella medicina anglosassone e che gli consente di riuscire a guardare le persone nel loro complesso. I medici italiani- dice ancora Brogna- hanno la capacità di avvolgere nelle cure il pazienze come in nessun’ altra parte del mondo. Il medico non è un ‘service provider’, la parte umanistica è importantissima ed è alla base del rapporto medico-paziente, in questo gli italiani fanno la differenza”.

In questo rapporto, per Brogna, è il nodo da sciogliere anche per affrontare le carenze che possono esserci nel sistema sanitario. “Quello che i pazienti chiedono è tranquillità e fiducia. Per ascoltare le loro necessità, però, è necessario che il medico sia messo nelle condizioni di poterlo fare, ossia avere tempo da dedicargli, strutture organizzate in modo da consentirglielo, retribuzioni adeguate. Tutta la struttura organizzativa, e quindi le decisioni politico-istituzionali dovrebbero avere al centro proprio il rapporto medico paziente”, conclude il neurochirurgo.

 

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