“Non vi è nulla di celato che non divenga manifesto e di nascosto che non sarà svelato”.
Sembra che in questa massima antica dal sapore religioso vi sia quasi una ripetizione fra ciò che è celato e diviene manifesto e ciò che è nascosto e sarà svelato, ma non è così.
Ci sono delle sottigliezze che per trasmettere il loro messaggio abbisognano di precisazioni e di proposizioni ripetute.
La ripetizione nel tentare di trasmettere un qualcosa che non ha senso se non per l’intuito è un espediente necessario. Nel taoismo spesso i concetti vengono ripetuti modificando appena i loro significati in modo da colpire più intimamente l’ascoltatore ed immettere un seme nel suo cuore.
La differenza fra le scuole di pensiero, come il Confucianesimo, basate sull’etica, e il Taoismo è che il vivere consapevole nel Tao è ben più di un vivere semplicemente morale. L’etica e la morale limitano e vincolano.
La morale non è creativa e si esaurisce nel tentativo di contenersi nei suoi stessi limiti, tentando di rispettare le sue regole.
La morale resta circoscritta ai concetti di bene e male, giusto ed ingiusto, virtuoso e vizioso e non può andare oltre, poiché se va oltre non è più se stessa. La morale cammina fianco a fianco con la ragione ed il senso del giudizio.
La vita nel Tao, al contrario, non è legata ad alcun criterio di genere è libera come un uccello che vola, un pesce che nuota od un fiore che sboccia. Essa spontaneamente resta integra in se stessa, perciò è una vita sempre autonoma.
Il Tao non giudica, prende le cose come sono. Il saggio taoista sa riconoscere in ogni mattino un buon mattino, non importa quanto tempestoso.
Il fluire nel Tao ci rende liberi e creativi Questo però non è del tutto esatto perché il Tao discrimina, non ignora i sensi e neppure l’intelletto. Ciò che è bello è bello, ciò che è buono è buono e ciò che è vero è vero.
Il saggio taoista è capace di vedere le cose comunemente come esse si presentano, con un qualcosa in più: la comprensione che tutto si muove nella sua propria direzione.
Paolo D’Arpini