Presidente Nicola Morra sulla relazione che la Commissione parlamentare antimafia ha prodotto sul delitto Cesaroni di via Poma.
Ringraziandovi anticipatamente per il tempo che vorrete dedicare, porgo
RELAZIONE SUL
DELITTO DI SIMONETTA CESARONI “VIA POMA”
«La Commissione ha avviato l’inchiesta solo pochi mesi prima della cessazione della XVIII Legislatura, nell’ambito dei lavori del XXI Comitato in ragione della prospettazione di un possibile collegamento di tale delitto con la criminalità organizzata» – Lo afferma in una nota il Presidente della Commissione parlamentare antimafia Nicola Morra.
«Si auspica che gli elementi acquisiti possano condurre a nuovo approfondimento o dagli uffici giudiziari romani – commenta Morra – o nell’ambito di apposita commissione di inchiesta che già nella scorsa legislatura stava per essere istituita. L’elemento di collegamento con la criminalità organizzata che ha giustificato l’approfondimento della Commissione è l’elenco nominativo dei 147 titolari delle cassette di sicurezza custodite nel caveau della banca sita all’interno della città giudiziaria di Roma, il cui contenuto venne sottratto da un gruppo criminale nel luglio 1999, guidato dal noto Massimo Carminati».
«Si trattò di un’operazione criminale eclatante: non era tanto il provento di carattere economico ad interessare il criminale romano, ma probabilmente l’obiettivo di conseguire una efficace e fruttuosa capacità di ricatto nei confronti di una fitta congerie di persone dalla notevole influenza, con ruoli di prestigio e non di rado anche chiamate ad indagare o rendere giustizia, a vario titolo, su alcuni degli episodi di sangue più gravi della storia repubblicana. Peraltro, Carminati, di lì a poco, avrebbe affrontato il processo Pecorelli, per la morte del quale era sospettato quale autore materiale dell’omicidio. Delle 900 cassette di sicurezza presenti nel caveau della banca ne vennero aperte soltanto 147, a riprova dell’interesse non tanto per i valori contenuti, ma per i documenti ivi conservati».
«Una delle cassette il cui contenuto fu sottratto era intestata all’avv. Francesco Caracciolo di Sarno – spiega Morra – presidente del comitato regionale dell’AIAG. Il dato assumerebbe rilevanza perché quest’ultimo fu visto dal padre della ragazza il 13 agosto del 1990, quando si recò per la prima volta presso la sede regionale dell’AIAG. In particolare Claudio Cesaroni, giunto in Via Poma, aveva notato l’avvocato Caracciolo uscire con una sua segretaria uscire dal luogo del delitto il giorno del dissequestro, ma prima di esso, con alcuni volumi di carte asportate dall’interno 7. Lo stesso Caracciolo Di Sarno precisò di essere entrato nell’appartamento quattro o cinque giorni dopo il fatto, benchè abbia riferito di averlo fatto perché avrebbe avuto necessità di recuperare gli assegni per pagare il personale dipendente».
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