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Dopo “Il cielo a sbarre”ecco “Voilà Cesarina” Un inno alla vita, perchépossiamo essere noi gli artefici della nostra felicità” Una galleria dei momenti salienti della vita della top manager che, tra alterne e drammatiche vicende, è tutt’ora considerata una protagonista in campo ambientale e la ‘regina’ dei salotti milanesi. Con la prefazione di Raffaello Tonon. Il ricavato delle vendite l’autrice lo devolve in beneficenza. 

Il nuovo volume di Cesarina Ferruzzi, “Voilà Cesarina” (Fveditori, pp 118, € 16) è una “galleria di momenti” della  vita della top manager che, tra alterne e drammatiche vicende, è tutt’ora considerata una protagonista in campo ambientale e la ‘regina’ dei salotti milanesi.

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Dichiara lei stessa nell’introduzione: “… non vuole essere un ‘selfie’ narcisistico, ma un auspicio”, quello che le “diverse personalità” di Cesarina, “come facce di un prisma”, possano “inviare luce a chi vorrà, forse, trovare uno spunto per vincere le proprie battaglie, la forza di andare controcorrente e di ricordarsi che possiamo essere noi gli artefici della nostra felicità”.

Dopo la prefazione dell’opinionista Raffaello Tonon, legato all’autrice da ‘grande amicizia’ e ampiamente citato a pagina 89, la lettura di ‘Voilà Cesarina’ scorre rapida tra racconti di viaggi avventurosi ed esperienze di lavoro tanto eccezionali da diventare pagine di storia; tra riferimenti all’arte, la cultura, la moda e puntuali riflessioni esistenziali lapidarie, che fanno emergere, come in un lampo, anche la profondità del cuore di Cesarina Ferruzzi: “La solitudine è il male oscuro dell’uomo, lo scolla dalla vitalità dell’essere. Condividere l’esistenza è invece crescita e insieme consolazione, progetto che diventa programma”. E: ”…Il soldo come un feticcio si erge indifferente e pretende sudditi senza coscienza…”

Il mix di piani diversi di racconto rende bene insomma la personalità di una donna “determinata e ironica…con una spontanea attitudine per una ferrea organizzazione eppure flessibile…Sovversiva ma rigorosa; portata ad attraversare gli estremi”.
La biografia di Cesarina Ferruzzi non conosce infatti la mediocrità.

Figlia una famiglia di imprenditori (suo papà aveva un mattatoio con allevamenti a Lugo di Romagna), laurea in chimica e tecnologie farmaceutiche con lode a Bologna e ‘master’ alla Bocconi di Milano, a 30 anni era già dirigente d’azienda. Il padre avrebbe voluto un figlio maschio. Lei è vissuta  “infaticabile condottiero”, per raggiungere i vertici nella sua carriera e il successo in ogni circostanza. Con la vocazione della pioniera “a testa bassa, su sentieri impervi, viaggiando nel mio destino”, a inizio Anni 80 diventa una celebrità nel campo dell’ambientalismo, al tempo prettamente maschile. Avvertendo già l’importanza di evitare gli sprechi, secondo quei valori che sarebbero diventati ‘di moda’ dopo il 2000, Cesarina lancia la prima raccolta differenziata su larga scala in Italia, non solo ai fini della pulizia dell’ambiente, ma anche del riciclo degli scarti: è la campagna ‘Tin Age’, venti lattine vuote della più nota bevanda, per averne una piena in omaggio. In pratica è l’evento antesignano di ‘Spiagge pulite’. Aveva acceso il motore dell’economia circolare mentre “che cosa fossero realmente i rifiuti nessuno lo sapeva e nessuno ammetteva di produrli: sembravano non esistere…”.
Fa di nuovo notizia sul finire del decennio, quando riesce a portare dal Libano sulle nostre coste una nave di  rifiuti tossici italiani, inviati abusivamente, mentre là infuriava la guerra civile dei musulmani contro i cristiani. Però, per le stesse vicende, più avanti Cesarina Ferruzzi finisce involontariamente al centro di una corrosiva inchiesta per la tv, con tanto di perquisizione della Polizia nei suoi archivi. Perché la sua vita è sempre stata una sfida.

Il suo modello è stata Marisa Bellisario, a cui si sente legata da una ‘profonda coincidenza’: la parabola del successo finita con la morte per l’una e l’improvvisa e inaspettata carcerazione, nel 2010, per l’altra. Cesarina passò 133 giorni a San Vittore, a causa di una disposizione ingiusta poi annullata, esperienza cui ha dedicato il suo volume d’esordio  ‘Il cielo a sbarre’ (Cairo Ed, € 14). “Io, regina da tutti riconosciuta per il mio ruolo professionale, di colpo sono crollata nel baratro…per colpe non mie, in un sistema di non vita”.
In prigione, la sua ‘volontà intelligente’ comunque la salva ‘dal vuoto’. “Eppure ero viva”…Non a caso una delle citazioni che aprono i capitoli di ‘Voilà Cesarina’ è questa, di Isadora Duncan: “Sei stato selvaggio un tempo. Non lasciarti addomesticare”.

Nella sua vita poi c’è l’arte che “scuote dall’anima la polvere accumulata nella vita di tutti i giorni”, citando Picasso: Cesarina l’ama, la frequenta (parla dell’amicizia con il pittore Guido Coletti), se ne circonda, la sostiene attraverso l’associazione milanese OFF, che si occupa di promuovere artisti e organizzare visite e mostre.

Vive il suo stesso corpo come un’opera d’arte, praticando sport  con un “dinamismo spesso spericolato”. Mantiene ancora un fisico da adolescente: “il mio attuale personal trainer Alessandro Meloni mi definisce una guerriera del fitness”. D’altronde “l’età è un falso ideologico”.

Il suo look per alcuni è “ too much”, ma lei ne va fiera, tra maculati, paillettes, colori accesi, in specie il rosa, che sceglie anche per la carta igienica!, tessuti pregiati. In Libano, sotto le bombe, sbarcò “immancabilmente ‘vestita fashion in una splendida tuta verde con zip, con la cintura rosa come i mocassini” tra lo sbalordimento di tutte le istituzioni italiane; “in quel girone dantesco” in breve conquistò quelle musulmane e portò a termine felicemente un’ impresa ritenuta impossibile. E divenne per sempre “Madame Déchets”, la signora dei rifiuti.

Cesarina Ferruzzi ora resta “attenta all’evoluzione dei tempi”, ma memore che “Cosi remiamo barche controcorrente risospinti senza sosta nel passato” (citazione di Francis S. Fitzgerald, a pag 47)

“Il primo libro è stato facile scriverlo, è storia vissuta e raccontarla è stata una catarsi. Il secondo è nato durante il lockdown: sentivo il bisogno, dopo le mie traversie, di confrontarmi con la gente. – spiega lei stessa -. Un libro in fondo è sempre anche uno strumento di dialogo. Volevo scrivere un testo ironico, leggero, ma di contenuti: la società come ci appare e come potrebbe essere. Mi piacerebbe avere un riscontro dai lettori…Inoltre, ‘ Voilà Cesarina’ è  finalizzato a fare del bene: dare denaro è troppo facile. Ogni volta che lo presento, devolvo interamente le vendite a chi ha bisogno. L’ultimo evento ha portato 316 euro alla Caritas diocesana di Ascoli Piceno. Così esprimo una parte di me che prima del carcere non si vedeva. L’umanità. Dietro le sbarre c’è solo quella, per il resto siamo tutti uguali. I giovani dovrebbero provare il carcere per capire l’importanza della libertà. E come certe persone possono non avere niente. Non le ho dimenticate quelle donne disperate e continuo a far arrivare loro aiuti, vestiti…fuori non hanno nessuno. Prima ero fossilizzata nel mondo lavorativo, lavoravo da mattina a sera, sabato e domenica. Ho conquistato un impero, ma con conseguenze penose.
Non sono pentita della mia vita, mi chiamano ancora ‘la regina’, in campo ambientale ho un ruolo riconosciuto.
Tuttavia, volevo crearmi qualcosa di diverso dal lavoro:oggi mi viene da aver paura di come ero, una Enola Gay per la concorrenza.
Appena uscita da San Vittore, ho avuto pure un terribile incidente, ho perso gli anulari delle due mani rimanendo impigliata in un cancello. Strappati via. Il male ti arriva per farti espiare, perché tiriamo fuori qualcosa di buono. Io dagli inferi sono uscita a testa alta e ho ritrovato una parte di me che avevo occultato e ora la sto proponendo per dare e ricevere amicizia”.

Non solo. In carcere Cesarina Ferruzzi ha ritrovato Dio.

“La mattina vado in chiesa e accendo una candela. Prego per gli altri, mai per me. Penso di cavarmela da sola. Mi sento collaboratrice di Dio e so che Lui mi aiuta, mi sostiene. Ho superato tante prove, a cominciare da quando appena nata, sono stata ricoverata. Nel 2019, quando credevo di essermi assestata, mi sono rotta il femore, da sola, in casa. Ogni quattro o cinque anni mi capitano guai. Ho le spalle forti. Non so più piangere davanti a cose grandi, ma per il mio nipotino piango di gioia e mi commuovo al cimitero, davanti alla tomba dei miei genitori…Bisogna essere forti per accettare di essere perdenti: nei momenti brutti perdi la battaglia, non la guerra”.

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