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IL PUNTO   n. 892 del 13 gennaio 2023

di MARCO ZACCHERA 

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SOMMARIO: ADDIO A PAPA BENEDETTO – MELONI DONNA DELL’ANNO ? – BRASILE: VERITA’ NASCOSTE – ERRORE GASOLIO – RINNOVATO IL SITO WEB  

 

ADDIO A PAPA BENEDETTO

C’ero anch’io in Piazza San Pietro il giorno che lo elessero Papa, quando Lui si presentò alla folla ricordando gli operai della vigna del Signore. Benedetto è stato un papa serio, severo, timido, preciso. Lo hanno attaccato in molti perché non era un “progressista” e perché diceva le cose come stavano, senza indulgere nella demagogia. Per esempio quando parlò a Ratisbona non voleva offendere nessuno, ma disse semplicemente la verità, ovvero che l’Islam può arrivare a stravolgere la libertà e quanto avviene ogni giorno – dall’ Iran all’Arabia Saudita – non fa che confermarlo.

Dopo morto improvvisamente ne parlano tutti bene, ma “prima” era diverso: Benedetto non ha mai raccolto il plauso dei media, come avviene invece con Papa Francesco ma solo quando parla di temi cari alla sinistra. Se lo stesso Francesco “stona” rispetto alla vulgata corrente, magari sulla guerra in Ucraina o il commercio delle armi, allora anche lui è di fatto tacitato, perché “disturba”.

Benedetto credeva nell’Europa con salde radici cristiane, nella dottrina della fede anche quando è dura o scomoda da accettare. Riposa in pace Papa Benedetto, resterai nei nostri cuori e prega per noi, per la nostra comunità che ne ha molto bisogno.

 

MELONI “DONNA DELL’ANNO”  ?

Se c’è una persona che in Italia l’anno scorso ha meritato il titolo di “donna dell’anno” è stata sicuramente Giorgia Meloni alla quale un anno fa nessuno avrebbe pronosticato un successo elettorale così travolgente, ma soprattutto una decisa conduzione di governo che – almeno fino ad ora –  lascia abbastanza stupiti.

Inutili le piaggerie o le critiche preconcette: piacciano o meno le sue idee, obbiettivamente la Meloni ha affrontato il “mestiere” di Premier con piglio sicuro concedendosi, ad oggi, ben poche sbavature e dimostrando una conoscenza dei problemi bel oltre il previsto, così – quando afferma di voler durare – comincia a trovare molti italiani che se lo augurano.

In effetti nessuno parla più di pericoli democratici o derive autoritarie, le polemiche nostalgiche si sono stemperate in banalità, lo staff di governo appare abbastanza coeso e l’opposizione piuttosto divisa ed incerta.

Un aspetto ancora da verificare è invece l’immagine che la Meloni ha offerto a livello internazionale e le decisioni che vorrà prendere in termini europei. Al di là dei sorrisi istituzionali la continuità con la politica di Draghi è apparsa evidente, rassicurante, in linea con una tradizione italiana molto (troppo?) ossequiente nei confronti di Bruxelles.

Certamente molti sono i condizionamenti economici e politici in un’agenda dettata dalle politiche della BCE, ma personalmente credo (e spero) che – dopo questa opportuna lezione di continuità – la Premier inizierà presto a mutare il tiro, perché altrimenti rischierà non tanto all’esterno quanto all’interno del proprio elettorato che credo sia in buona parte più critico di lei nei confronti della UE.

Un’avvisaglia, l’annunciato “no” all’obbligo sui motori elettrici per le auto dal 2035.

Stupisce anche che Giorgia Meloni si sia adeguata esattamente sulla linea UE in politica estera e per il conflitto ucraino (e quindi sulle posizioni di Washington) senza avanzare qualche riserva, ma è appunto troppo presto per capire se questa sia effettivamente la sua volontà o se questa scelta vada a porsi in una strategia più a lungo termine con distinguo progressivi che inizieranno magari sulle politiche migratorie per spostarsi man mano sulla politica estera per portare l’Italia ad essere potenzialmente uno stato-guida dei paesi mediterranei e di parte dell’est europeo.

Quello che è invece emerso dalla conferenza stampa di fine anno è la asserita volontà di mettere le mani al più presto ai progetti di riforma costituzionale.

Un tema che sarà contrastato dall’opposizione, ma la Meloni sa che troverà attenti (e consenzienti) molti elettori anche al di fuori della sua maggioranza.

C’è da sempre nel paese una volontà presidenzialista o semi-presidenzialista e grazie all’ampiezza della sua maggioranza parlamentare è forse il momento di intervenire ora perché è una riforma che può effettivamente essere utile, visto anche che questi suoi primi mesi di governo sottolineano un governo tornato “politico”, nella mani di una figura rappresentativa e “forte” e – tra l’altro – stupisce che sia stata proprio la prima donna a Palazzo Chigi ad aver dato questa impressione.

Il problema sarà coniugare un premierato più volitivo con la richiesta di autonomia che la Lega da tempo sostiene e che va canalizzata – e non sarà facile – come utile contraltare ai maggiori poteri che verrebbero assegnati al premier. Presto per parlarne, ma effettivamente il mix che ne uscirà potrebbe dare all’Italia quella nuova veste costituzionale di cui si parla da decenni, ma senza mai riuscire a concludere nulla.

D’altronde non sono ancora trascorsi neppure i tradizionali 100 giorni di “luna di miele” di ogni esecutivo e quindi è presto anche per i primi bilanci, ma se la Meloni pensa già a riforme strutturali significa che intende proseguire in velocità su un piano di riforme istituzionali che pur troveranno cento ostacoli sul loro cammino.

Ad oggi il grande vantaggio della Premier è piuttosto di parlare in molto spigliato (magari un po’ troppo romanesco) immedesimandosi facilmente con la “pancia” degli elettori che se ne sentono rassicurati ed amano quel contatto diretto. Un credito di simpatia non fa mai male, anche perché il lavoro e le difficoltà non mancheranno.

 

ERRORE GASOLIO

Credo sia stato un grave errore da parte del governo non prorogare lo sconto sulle accise dei carburanti, mantenendole – eventualmente man mano a scalare – almeno per il gasolio, tenuto conto di quanto i trasporti pesanti incidano sull’inflazione e in generale sull’economia.

Ma, soprattutto, credo servano iniziative ancora più incisive di quelle annunciate di controllo sugli abusi e le speculazioni sui prezzi da parte delle compagnie petrolifere (oltre di quelle energetiche, bancarie e farmaceutiche) che in pratica operano in condizioni di “cartello”. E’ un problema grave che tocca diversi settori dove la libertà dei prezzi viene aggirata con accordi di oligopolio e questo non è né giusto né tollerabile: costi bancari, energetici, autostradali, medicine di base: il governo tenga dritta la schiena,denunci con forza gli speculatori e non si pieghi a questi veri e propri ricatti da parte delle grandi strutture finanziarie.

 

Approfondimento: BRASILE, LE COSE CHE SI NASCONDONO

Da domenica tutte le fonti di stampa denunciano l’assalto ai palazzi del potere di Brasilia paragonato – ovviamente – a quello di Capitol Hill,  ma pochi raccontano altri particolari che sono invece importanti nel panorama politico brasiliano, prendendo atto che al momento in cui scrivo queste note su Rai News ci sono 35 commenti alla crisi brasiliana TUTTI con una sola versione e NESSUNA che dia spazio ai “Borsonaristi”, ovvero (almeno) al 48% dei brasiliani che hanno votato per l’ex presidente, decine di milioni di persone  la gran parte assolutamente non violente, ma di cui nessuno sembra interessato a conoscere il parere.

Premesso che per me la condanna di ogni violenza deve essere inappellabile e sincera, i fatti di Brasilia si inquadrano però in una situazione torbida perché se Lula ha vinto (ma ad oggi non si è ancora espressa la Commissione di vigilanza sulla regolarità dei risultati) è altrettanto vero che la maggioranza dei deputati e degli Stati gli è contraria e il risultato delle elezioni per il Parlamento brasiliano ha sancito che la maggioranza dei seggi è tuttora nelle mani del PL (quello di Bolsonaro).

Eppure la vittoria di Lula, contestata e comunque risicata nei voti, è stata proclamata immediatamente, senza neppure aspettare la proclamazione ufficiale. Attore della scelta (contestatissima, ma da noi nessuno lo dice) Alexandre De Moraes, ministro del Tribunale Supremo del Brasile (TSB), la persona più potente, politicamente, dell’intero Paese, Lo stesso che ieri ha subito chiesto l’arresto dell’ex ministro della giustizia, del capo della polizia ecc.ecc. De Morales ha sempre favorito il PT di Lula anche con decisioni apertamente discutibili. Attenti quindi perché prendendo per scusa alcune centinaia di violenti facinorosi (questi sì che vanno arrestati) ci si è subito accaniti contro decine di migliaia di dimostranti che in pace chiedevano in tutto il paese correttezza nelle elezioni.

Il rischio è che si voglia sfruttare l’episodio per forzare le cose in una specie di “contro-golpe preventivo” che rischia di spaccare ancora di più il paese pur di bloccare l’opposizione a Lula che ha la maggioranza in parlamento.

Anche perché – per esempio – il neo-presidente non è quel santo che si vuol fare apparire: non è stato assolutamente prosciolto dalle accuse di corruzione, ma alla fine le condanne sono state annullate solo perché si è sostenuto che la corte competente fosse Brasilia e non Curitiba… Ma chi sa queste cose in Occidente?   Attenzione anche perché se Lula ha vinto, tutti gli stati brasiliani “produttivi” del centro e del sud (il Brasile è una Federazione, ricordiamocelo) gli hanno comunque votato contro e – se esistesse un controllo sul “voto di scambio” – non ci potrebbero essere dubbi che Lula ha vinto proprio in questo modo, dopo aver distribuito per anni decine di milioni di “pacchi dono” ai poveri sia per alleviare la loro spaventosa crisi economica, ma anche per riceverne poi i voti, mentre il deficit statale saliva alle stelle.

Per questo la situazione brasiliana sta diventando caotica ed è a rischio di una escalation di violenze inarrestabili che possono portare ad una disintegrazione dello Stato, con una divisione profonda del paese che si allarga sempre di più.

 

ULTRAS E RESPOSABILITA’ OGGETTIVA

C’è un solo modo concreto e convincente per spegnere la violenza degli ultrà violenti come nel caso di domenica scorsa sull’Autostrada del Sole ad Arezzo: condanne penali – sollecite e severe – per i diretti responsabili e immediate penalizzazioni in classifica con multe salate alle società di cui questi “tifosi” sono gli esagitati e violenti supporter.

State tranquilli che a quel punto proprio le stesse società sarebbero le prime a denunciarli, cosa che purtroppo non avviene, isolandoli ed impedendo loro di frequentare gli stadi. Provare per credere, intanto a poche ore dagli arresti tutti sono già tornati in libertà, pronti a ricominciare.

 

 

Il mio sito web: wwwmarcozacchera.it è stato recentemente rinnovato, dategli un’occhiata !

 

 

Buona settimana a tutti!

                                                                                                  MARCO ZACCHERA

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