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NELLA FRAZIONE DI UNO SPARO

Morire adolescente, morire giovane adulto, morire quando la vita neppure è iniziata. Un ragazzino, sulla scalinata, un agguato, un colpo sparato in fronte. Bersaglio individuato, obiettivo errato, giovanissimo nel posto sbagliato nel momento sbagliato, bullo, delinquente o più semplicemente una vittima innocente. Tante ipotesi, tante parole al vento, tesi e antitesi in ginocchio, la sintesi sta distesa a terra dove un ragazzo non è più in vita. C’è un dispendio inusitato di accuse : io lo avevo detto, questi sono accadimenti annunciati, tante e troppe risse, bande contrapposte per controllare il territorio, per spacciare, per fare della propria libertà quello che voglio, tutto e subito. Forse sarà anche così, ma fino all’attimo prima, alla frazione di quello sparo, ognuno e ciascuno dove stavamo, dove rimanevamo a guardare, se davvero così palese è ben conosciuta la narrazione degli antefatti, dei fatti, dei pugni e delle offese. Un giovanissimo è stato cancellato dal mondo, gli sono stati negati i timbri sul passaporto delle passioni, delle esperienze, dell’amore. Così giovane da non riuscire a accettare la possibilità che fosse il vero l’obiettivo, colpevole di chissà quali misfatti imperdonabili, così giovane da pensare che imperdonabile ci sta soltanto questa morte inconfessabile, inaccettabile, incomprensibile. E’ indubbio che ci sia una sottocultura imperante del bicipite, la scoperta dello strumento della violenza che stoltamente consegna l’idea del grimaldello che rende tutto più raggiungibile. C’è la fascinazione del male, il protagonista negativo con la medaglietta appuntata sul petto quale esempio da imitare, idolatrare. Un fenomeno pericoloso quanto l’indifferenza che ci sta intorno, indifferenza di quanti s’accorgono di questa asocialità  tribale a dir poco aberrante. Quel ragazzo sta al macero, ci sta da innocente o da colpevole, rimane una vita che non avrà più passi da contare, e peggio, sarà percepita come una sequenza di un film, immagini sbiadite di una serie televisiva, dove violenza e disvalore la fanno da padrone, risultando nella quotidianita’ comportamenti incredibilmente  “normali “ al punto da imitarli con una certa irresponsabile disinvoltura. Davanti a questa ennesima assenza così disperatamente dirompente, il mondo adulto, genitoriale, professorale, sarà bene che trovi tempo e impegno per mettersi davvero a mezzo, di traverso, là, dove le nozioni sono importanti, ma il racconto della verità inchioda alle proprie responsabilità. 

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