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Il Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani ricorda con viva commozione la figura, la statura morale e l’apostolato di don Peppe Diana, sacerdote simbolo della lotta contro la camorra, personalità di altissima levatura morale e spirituale. Don Peppe venne assassinato da un sicario della camorra, Giuseppe Quadrano, nel giorno del suo onomastico, la mattina del 19 marzo del 1994, nella sacrestia della chiesa di San Nicola di Bari a Casal di Principe, come don Pino Puglisi, che venne brutalmente ucciso in occasione del suo compleanno circa sei mesi prima. Casal di Principe specchio di Brancaccio nelle dinamiche spietatamente repressive delle cosche.

Don Peppe Diana aveva una concezione profonda e totalizzante della propria missione spirituale: il suo modo di vivere il sacerdozio era rivoluzionario ed evangelico. Per lui servire il prossimo significava in primo luogo affrancarlo dall’ignoranza, dalla paura, dalla tirannia di poteri occulti finalizzati al controllo del territorio e delle coscienze. Ma don Peppe Diana era un uomo di Dio e un libero pensatore; aveva compreso che per riscattare una realtà degradata bisognava sganciarsi dal compromesso e dalla connivenza deprecabile che, a tutti i livelli, consente e facilità la diramazione delle propaggini malavitose. Egli parlava ai ragazzi e prospettava l’istruzione e lo sviluppo economico come ambizioni alternative a un futuro di degradante manovalanza per conto dei boss, che della dipendenza economica e della sudditanza psicologica hanno sempre fatto mestiere. Don Peppe era il volto della missione pura e coraggiosa; era un “visionario” perché aveva saputo immaginare opportunità e modalità operative per far crescere da ogni punto di vista la sua comunità.

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La sua lettera “Per amore del mio popolo” offre spunti di riflessione e argomentazioni lucide toccanti e ancora attuali. Don Peppe, con le armi che aveva, e cioè il suo ruolo di sacerdote, aveva cercato di sottrarsi all’accondiscendenza nei confronti dei boss, che spesso hanno strumentalizzato le funzioni religiose per creare accoliti e veder crescere il proprio carisma presso il popolino. Negare i sacramenti ai camorristi non significava respingere i peccatori ma impedire di “consacrare” in chiesa nuove affiliazioni. La sua morte venne “utilizzata” come strategia di contenimento e misura di riappropriazione del territorio da parte del clan perdente.

Ricordiamolo nelle scuole durante la Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime delle mafie, il 21 marzo, partendo dal suo documento “Per amore del mio popolo”, commentandolo insieme ai nostri studenti e diramandolo tramite i canali social (WhatsApp, Instagram, Facebook, etc.). #RondinidiDonPeppe

prof. Romano Pesavento

presidente CNDDU                                                           

 

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