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Il filosofo francese Gilbert Cesbron scrisse che “ognuno di noi ha un accompagnamento musicale interiore. E se gli altri l’ascoltano bene, si chiama personalità”, e da questo disegno di accordi interiori dai molteplici tratti e colori, un vero artista attinge per comunicare se stesso al mondo e viceversa, con un tocco unico e personale in cui ogni ascoltatore può ritrovarsi, sentendosi compreso e meno solo. Questo è ciò che ha fatto il cantautore e polistrumentista napoletano Eric Mormile, che dopo aver conquistato pubblico e critica con il manifesto sociale elettro-rock “Quanta Luce”, con il quale invitava tutti noi a far brillare il fuoco della nostra anima oltre giudizi e preconcetti, riconferma l’eclettismo della sua scrittura e la versatilità del suo repertorio con “Nun Pozzo Cchiù Guarì”, il suo nuovo singolo.

Un brano completamente differente da quelli presentati sinora dall’autore e interprete campano, che si distingue non soltanto per un abbraccio melodico modernissimo ma fortemente affine alla tradizione musicale partenopea, ma anche per una dimensione testuale per lui nuova, volutamente inesplorata, quella del sentimento d’amore, qui esaminato e discusso da un’inedita prospettiva, quella di una malattia, un disturbo che sa curare e lenire ogni sua causa.

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Celebre ai media per il suo intento di rivoluzionare e ammodernare la scena discografica partenopea mediante fusioni sonore innovative e scelte testuali atipiche e rivoluzionarie, pur mantenendo saldo il viscerale amore per la propria terra ed un forte senso di appartenenza evincibili anche dall’utilizzo del solo dialetto, Eric Mormile fa centro proponendo un brano che sì parla d’amore, ma lo fa in un modo del tutto diverso, come lui stesso spiega:

«‘’Nun Pozzo Cchiù Guarì’’ è una canzone molto atipica per quello di cui normalmente parlo: tendo a produrre pochissimi testi a sfondo sentimentale, poiché tutta la canzone napoletana ne è pervasa. Per questo motivo, trovo sia estremamente facile cadere nel cliché quando si parla di trasporto emotivo usando questa lingua. Ma l’amore fa parte di ciascuno di noi e ho quindi cercato il modo meno banale possibile per parlarne, paragonandolo ad una specie di malattia a cui nessuno di noi è vaccinato a sufficienza».

Ciò che può apparire a primo acchito in controtendenza per un anticonformista come Eric, risulta però in grado di stupire e avvalorare la sua attitude punk, inserendosi perfettamente in quella visione caleidoscopica e rivoluzionaria, quasi pionieristica, che lo caratterizzano, partendo dalla scelta del titolo, ispirato da alcune riflessioni su una delle pellicole più illustri e blasonate della filmografia italiana, “Il Postino” di Massimo Troisi:

«Stavo ragionando sulle frasi di Massimo Troisi nel film ‘’Il Postino’’, – prosegue il cantautore -, quando in una scena, afferma di ‘’non voler rimedio’’ al suo innamoramento, ma di voler ‘’restare malato’’. Da lì, mi sono chiesto: e se parlassi dell’amore come di una malattia? Quando scrivo i testi delle mie canzoni, cerco sempre di raccontare la mia esperienza, il mio vissuto; ecco quindi la mia storia di una malattia benevola!»

Dallo stupore iniziale scaturito dalla consapevolezza di provare un sentimento profondo a tal punto da farci diventare come tele su cui il destinatario del sentimento stesso può dipingere tutto quello che ha dentro di se, riversandone ogni colore, fino alla presa di coscienza che dinanzi alla potenza del cuore e dei suoi battiti nessuno è immune, l’artista ci accompagna in un viaggio che ha come unica meta il coraggio di lasciarsi andare agli itinerari del cuore, acquisendo contezza che rassegnarsi a non guarire più significa in qualche modo vivere davvero ciò che abbiamo la fortuna di provare, anche quando ci risulta difficile abbandonarci alle emozioni per timore, esperienze spiacevoli passate o diffidenza.

Sotto il punto di vista ritmico e armonico, “Nun Pozzo Cchiù Guarì” si inserisce tra le vivaci fila della World Music, ispirandosi alle composizioni di Peter Gabriel, ma soprattutto, come suggerisce la presenza del Sax Soprano Alessio Castaldi, di Sting e dei Mr. Mister, rappresentando un vero e proprio antipasto del primo album di Eric, in uscita a fine anno, frutto di un lungo percorso di ricerca e sperimentazione. A differenza di tutte le altre tracce che andranno a comporre il disco, scritte negli ultimi 4 anni, “Nun Pozzo Cchiù Guarì” è nato nel 2010, originariamente come un pezzo in lingua inglese, poi scritto ex novo in napoletano e riadattato musicalmente grazie anche alla supervisione del Maestro Salvatore Palomba (autore di “Carmela”, brano della canzone classica napoletana portato al successo da Sergio Bruni).

«Come tutte le canzoni che scrivo, – conclude Eric Mormile – ‘’Nun Pozzo Cchiù Guarì’’ è una parte di me, e come esperimento di vecchio brano che acquisisce nuova linfa vitale tramite musica e testo rinnovati, non credo sarà l’ultimo. Con la mia musica, cerco sempre di parlare del mio vissuto personale, ed è per questo che la canzone è anche il racconto di come ‘’il muro’’ della mia diffidenza sentimentale, sia stato abbattuto dalla persona che l’ha ispirata e con cui ormai sto da molto tempo. La stessa persona, Elvira, compare in siluette anche sulla copertina del singolo, curata da Diana De Luca, e nel relativo videoclip, da me ideato».

Lasciarsi andare, trasportati dalla maestosa corrente del sentimento, cercando di abbattere la propria diffidenza per rinnovare se stessi, concedendosi così la possibilità di amare e di esprimersi attraverso l’amore, immergendosi completamente nella sola “malattia” che è al contempo cura e terapia di se stessa.

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